Non un palazzo del centro ma una fabbrica dismessa e invasa di fiori, non modelle e modelli ma 66 persone prese dalla strada, ognuna con la sua fisicita’ e individualita’ per il romanticismo radicale di Valentino, che sfila per la prima volta a Milano anziche’ a Parigi. Una scelta dettata dal Covid ma che per Pierpaolo Piccioli ha significato anche “l’opportunita’ per far vedere Valentino da una prospettiva diversa”. Se Valentino e’ un marchio noto nell’immaginario collettivo, come “un paesaggio collettivo che tutti conoscono”, “il mio lavoro come designer – riflette Piccioli – e’ mostrarlo dal mio punto di vista, mantenere i suoi codici dando loro un nuovo significato”. E per farlo, il creativo ha voluto “lavorare con persone che rappresentano il mondo”, scelte attraverso uno street casting, per raccontare “cosa significa il romanticismo oggi”.
E non si parla tanto di estetica, quanto di “individualita’ e liberta’ di espressione, di un approccio alla vita emozionale e non oggettivo”. Un nuovo romanticismo libero e personale che si appropria dei codici espressivi della maison per proporli in modo nuovo, adatto all’oggi: cosi’ il pizzo macrame’ passa dalla sera al giorno, per T-shirt e ciclista, per lui e per lei, o su giacche over portate su camicie altrettanto ampie che sono uguali, persino nella taglia, per uomo e donna, che indossano anche gli stessi shorts. Per capire il lavoro di ‘risignificazione’ – parola che torna piu’ volte sulla bocca di Piccioli – basta pensare alla prima uscita della sfilata: il classico little black dress che diventa un super mini short dress, con gli short attaccati come una mini tutina. E poi i fiori: il lavoro e’ partito dall’indimenticabile abito giallo di Anjelica Huston ed e’ arrivato ai vestiti da sera ampi e leggerissimi e alle bluse portate con il jeans 5 tasche, un modello Levis fuori produzione che Piccioli ha voluto riproporre per lui e per lei. Sempre con il classico pantalone denim sono portate le nuove Stud dalle borchie ingrandite e le camicie con ruches e volant da alta moda, proposte in toni che vanno dall’avorio all’ebano, per abbinarsi a qualsiasi colore della pelle. “Volevo raccontare un Valentino nuovo e piu’ inclusivo, – chiosa Piccioli – che abbraccia un’idea di liberta’ senza frontiere di genere, sesso e razza perche’ questo e’ il mondo oggi e io lo voglio raccontare”. Per questo, a chi gli chiede chi siano le persone scelte tra Parigi, Londra e Milano, Piccioli risponde che le loro sono “storie personali, come le nostre, non volevo caselle da riempire, inclusivita’ e’ trattare le persone come persone e non come piccole caste”.
E per farlo, serve “empatia”, l’unica chiave per “approcciare gli altri in maniera emozionale e autentica”. Un principio valido oggi piu’ che mai, in un momento in cui tutti hanno capito che “mostrarsi vulnerabili e’ un atto di forza, che si puo’ essere romantici e assertivi”. Un concetto rappresentato dai fiori che invadono la location e la collezione, “non come decoro ma come segno di forza”. Cosi’ anche per gli abiti quasi onirici del finale, veli di chiffon colorato, con volants, ruches e strascichi che al loro passaggio alzano la polvere depositata dal tempo nell’ex fonderia Macchi, alla Bovisa, periferia nord di Milano, mentre Labrinth, artista techno britannico, con la sua voce accompagna in modo struggente la foto di una generazione stretta tra forza e fragilita’. Se Milano “e’ stata l’opportunita’ di valorizzare questo cambio di prospettiva”, per il futuro “non so cosa faremo, non ci interessa pianificare ma reagire a modo nostro e in maniera autentica a cio’ che succede, forse l’unico modo – conclude Piccioli – per affrontare questi momenti”.