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Cronache

Desireè Mariottini, arrestati due senegalesi e un nigeriano con le accuse di violenza sessuale di gruppo e omicidio. Caccia ad altri complici

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Gli arresti sono stati eseguiti all’alba dalla polizia di Stato. Mamadou Gara, 26 anni e Brian Minteh, 43, sono indagati in concorso con altri uomini ancora da identificare per l’omicidio di Desireè Mariottini. Una terza persona è stata rintracciata e sottoposta in stato di fermo, si tratta di un nigeriano di 40 anni. Gli investigatori stanno ora cercando il quarto complice coinvolto nella morte della ragazza. In Questura a Roma ieri erano  stati sentiti sei testimoni e quattro sospettati e prima delle 23 non avevano ancora concluso le deposizioni davanti al procuratore aggiunto Maria Monteleone e al pm Stefano Pizza.

Erano tutte persone che frequentavano il palazzo dove Desireè è stata trovata morta. A mettere gli investigatori sulle tracce degli assassini, ad aiutare a ricostruire un minimo di dinamica di quanto accaduto, è stato un ragazzo senegalese. “Quella notte ero nel palazzo. Ho visto Desiree stare male.  Era per terra e aveva attorno 7-8 persone. Le davano dell’acqua per farla riprendere”.
Per i tre fermati le accuse sono di violenza sessuale di gruppo, cessione di stupefacenti e omicidio volontario. Sono due cittadini senegalesi e un nigeriano irregolari.
Il fermo è stato eseguito dalla Squadra mobile di Roma e dagli uomini  commissariato San Lorenzo. Ora occorre capire perché Desirée Mariottini, la 16enne di Cisterna di Latina trovata senza vita nella notte fra giovedì e venerdì scorsi in un cantiere abbandonato di via dei Lucani, era in quel palazzo. Chi l’aveva attirata in quel luogo, abituale residenza di spacciatori e sbandati di ogni risma. In queste ore i primi due arrestati nel corso dell’interrogatorio potrebbero aiutare gli inquirenti a chiarire meglio la dinamica dell’omicidio e magari consentire di individuare chi altri si trovava in quel palazzo ed ha partecipato alle violenze e all’omicidio. La polizia sta ascoltando anche altri testimoni che il giorno della morte di Desirée e nei giorni precedenti hanno frequentato quello stabile abbandonato di via dei Lucani. Si cerca di ricostruire dunque con chi la sedicenne abbia trascorso le ultime ore di vita. Ma le indagini si concentrano su sei persone, due delle quali sono i cittadini senegalesi arrestati. Il terzo arresto è un nigeriano. C’è un quarto fermo da eseguire, per ora ancora irreperibile.
Dalle risultanze dell’autopsia emergerebbero l’assunzione di droga e tracce di uno o più rapporti sessuali. Eventualità che dai segni di violenza sessuale sembra improbabile si sia verificato in coscienza della ragazzina appena 16enne. Desirée potrebbe dunque essere stata abusata da una o più persone quando non era più cosciente per assunzione di stupefacenti. Gli investigatori della Squadra Mobile di Roma, diretti da Luigi Silipo, sono perciò a lavoro per dare un volto e un nome a chi quel giorno era nell’edificio abbandonato frequentato da sbandati e da pusher. Un luogo desolato che sembrerebbe Desirèe conoscesse bene e che abbia frequentato negli ultimi giorni. A quanto ricostruito dagli inquirenti la ragazza orbitava nel palazzo già da un paio di giorni prima della morte. L’ultima telefonata di Desirée prima di morire risale proprio a due giorni prima del ritrovamento. «Ho perso l’autobus, resto a Roma da un’amica», avrebbe detto la ragazza alla nonna materna contattandola il 17 ottobre. Una telefonata arrivata da un’utenza privata che insospettì la famiglia che il giorno dopo sporse denuncia per scomparsa. E un ragazzo, che ha preferito l’anonimato ma ha parlato con la trasmissione Storie italiane, racconta che a Desiree era stato rubato il telefonino: “La lasciai alle 4 di mattina davanti a quello stabile dove entrò, forse cercava il telefonino”. Da quell’edificio Desiree è uscita morta. Ma sono troppi i buchi neri in questo racconto. Troppe le cose strane nella vita di una ragazzina di 16 anni che da Cisterna di Latina se ne sta a Roma e bazzica nei pressi o dentro un palazzo dove c’è tutto quello da cui deve tenersi lontano chiunque: drogati, sbandati, pusher, ubriachi, vagabondi.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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