L’ordinanza che i sindaci dell’isola d’Ischia avrebbero voluto varare per impedire lo sbarco di cittadini provenienti dalle aree focolaio di infezione da Coronavirus era un atto amministrativo che rispondeva ad una esigenza: salvaguardare la salute degli isolani e degli ospiti rispetto alla propagazione del coronavirus. Chi ha letto in questa ordinanza, annullata dal prefetto di Napoli, motivazioni discriminatorie o razziste di cinque sindaci di una isola che è simbolo di accoglienza nel Mediterraneo o è in malafede o ha altri interessi poco chiari da assecondare.
I sindaci dell’isola d’Ischia con il sindaco Metropolitano Luigi de Magistris. Da sinistra verso destra Giovan Battista Castagna (Casamicciola), Enzo Ferrandino (Ischia), Luigi de Magistris (città metropolitana di Napoli), Francesco del Deo (Forio), Dionigi Gaudioso (Barano), Rosario Caruso (Serrara Fontana)
Il sindaco di Ischia, Vincenzo Ferrandino, anche a nome dei suoi colleghi primi cittadini (Dionogi Gaudioso, Barano; Francesco Del Deo, Forio; Giovan Battista Castagna, Casamicciola; Rosario Caruso, Serrara Fontana) ha spiegato in tutte le salse che l’unica motivazione era ed è quella di evitare contagi sull’isola che in inverno ha dei servizi sanitari ridotti al minimo, un ospedale sotto organico, malamente attrezzato e certamente non capace di fronteggiare eventuali emergenze epidemiche. L’ordinanza oggi sarebbe anche meno utile stante la quarantena imposta dal Governo a tutti i cittadini dell’area focolaio di infezione. Ma quando i sindaci isolani vararono l’ordinanza che imponeva limitazioni agli sbarchi dei cittadini veneti e lombardi dell’area del contagio non c’era alcun cordone sanitario steso intorno a Codogno, Casal Pusterlengo e gli altri centri del Lombardo-Veneto che stanno affrontando questa emergenza. Diciamo che per una volta alcuni sindaci hanno agito con troppa celerità. Il razzismo o qualunque intento discriminatorio è davvero una accusa senza capo né coda. Purtroppo nella gestione di questa crisi troppe cose non hanno funzionato e come capita in ogni crisi seria, non mancano episodi a dir poco imbarazzanti. Il video che potete vedere qui sotto è stato girato sul porto di Ischia da una persona un po’ su di giri. Potremmo usare per la protagonista di questo video imbarazzante qualunque epiteto. Ma siamo persone che con serenità riusciamo solo a consigliere alla protagonista della sceneggiata una bella settimana di benessere psicologico. Quello fa bene, a prescindere. I sindaci di Ischia potrebbero invece provare a capire chi è per denunciarla per molestie, violenza privata ed altri reati seri e per i danni di immagine che queste escandescenze possono arrecare alle collettività. Certo, nulla aggiungeremmo all’imbarazzo che questo soggetto procura con questa sua sceneggiata pittoresca.
Qui sotto invece c’è un messaggio video di Federico Benassati, consigliere del Consiglio di Municipio 1 Centro Storico Milano. C’è poco da spiegare. Guardatelo, ascoltatelo. Quest’uomo, milanese, è innamorato di Ischia. Non a chiacchiere, con i fatti. E siccome lui ha capito che certe accuse di razzismo ad Ischia sono tanto squallide quanto interessate ed ha anche ben compreso che qualche malato di mente non rappresenta un’isola intera, lancia al sindaco di Ischia (e per lui immaginiamo a tutti i sindaci dell’isola) una bella proposta: vediamoci, parliamoci, vogliamoci bene, facciamo conoscere il vero volto dell’isola. L’idea di Benassati è quella di fare un incontro a Ischia con il sindaco di Milano, Beppe Sala, per far capire anche a qualche giornale e a qualche giornalista che frettolosamente ha liquidato l’ordinanza come una misura discriminatoria che Ischia è ospitale. Ischia ha sempre mostrato affetto ed amore per i cittadini lombardi, veneti, liguri, tutti gli italiani che da sempre la scelgono come luogo di relax, vacanza.
Ma che cosa risponde il sindaco di Ischia Enzo Ferrandino a questo messaggio così bello, così civile, così intelligente di questo consigliere di municipalità milanese innamorato di Ischia? “Ho visto il messaggio e devo dire che mi ha commosso per la pacatezza, per la semplicità e la onestà intellettuale di questo consigliere. Federico Benassati – spiega Ferrandino – ha compreso che non c’è mai stato alcun intento discriminatorio verso chicchessìa ma solo una esigenza di tutela della salute della comunità isolana che amministriamo. Sono sicuro, come lo è il consigliere Benassati, che questa emergenza passerà e che Ischia era e sarà sempre meta privilegiata dei nostri amici del Nord Italia e di tutti quelli che amano Ischia come luogo di relax, salute e vacanza. Nei prossimi giorni, quando la situazione sarà più tranquilla, certamente mi metterò in contatto con Benassati e con il sindaco Beppe Sala, persona che stimo e ammiro, per creare una occasione di incontro tra Ischia e Milano” ha spiegato Ferrandino, certo di interpretare anche i suoi colleghi primi cittadini. Luigi de Magistris, sindaco metropolitano e amico caro di Beppe Sala e amante dell’isola d’Ischia non solo per ragioni istituzionali ma anche per frequentazioni sin da bambino, si renderà parte attiva per organizzare questo incontro, probabilmente nel mese di luglio. Quando, si spera, questa emergenza sarà alle spalle.
Dalle prime ore di questa mattina, a Napoli, la Polizia di Stato e la Polizia Penitenziaria, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, stanno eseguendo 2 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di complessivi 30 destinatari, a vario titolo gravemente indiziati di associazione di tipo mafioso, estorsioni, traffico di stupefacenti, detenzione di armi da fuoco ed accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.
Un giorno di sospensione delle lezioni per permettere agli alunni musulmani di festeggiare il Ramadan ha diviso la popolazione di Pioltello, un comune connotato da una forte presenza islamica alle porte di Milano, dopo la decisione del consiglio scolastico dell’Istituto comprensivo Iqbal Masih di chiudere la scuola il prossimo 10 aprile, giorno in cui si festeggia la conclusione della ricorrenza islamica. Nel mirino è finito il dirigente scolastico Alessandro Fantoni, a cui sono arrivate minacce e insulti, e che oggi “ha paura”. A sollevare il polverone è stata l’eurodeputata Silvia Sardone (Lega), che ha definito la decisione “preoccupante”, mentre per la sindaca di Pioltello Ivonne Cosciotti (Pd) si tratta di “un atto di civiltà”.
A porre fine alla polemica sarà una verifica decisa dal ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara, il quale oggi ha invitato tutti a “una maggiore serenità”, definendo “scomposte le dichiarazioni di alcuni esponenti del Pd” e spiegando che “l’ufficio scolastico regionale valuterà se le decisioni prese dall’istituto siano coerenti o meno con la legge”. Non è tardata la risposta della senatrice dem Simona Malpezzi: “da tre giorni la destra sta minando la serenità di una scuola, Valditara trova il tempo di fare il bullo con l’opposizione?”. A Pioltello la vicenda dell’istituto Iqbal Masiq, un complesso con tre sedi distaccate da 1300 studenti a maggioranza islamica, intitolato al dodicenne pakistano ucciso nel 1995 per il suo impegno contro lo sfruttamento del lavoro minorile, è al centro della discussione, con opinioni nettamente contrapposte a prescindere dal credo religioso.
“Sono contenta della decisione – afferma una nonna, italiana e cattolica – i musulmani rispettano i nostri 15 giorni di festa a Natale, non vedo perché noi non possiamo rispettare la loro per un giorno”. “È una bravissima persona, siamo contenti della decisione”, hanno commentato alcune mamme musulmane, a sostegno del dirigente scolastico. Di diverso avviso è un’altra mamma, anche lei musulmana: “Non sono assolutamente d’accordo, i figli devono andare a scuola. Se vuoi che tuo figlio faccia il Ramadan, lo lasci a casa e stai a casa tu. Chiudere la scuola per gli altri bambini non è giusto”.
Piuttosto arrabbiato anche un nonno: “io non ce l’ho con i musulmani ma con gli italiani e cattolici che si sono permessi di prendere questa decisione, perché penalizzare gli altri bambini?”. Lontano dal complesso scolastico, nelle vie del centro dove negozi etnici e macellerie islamiche proiettano nel cuore del sentire musulmano, sono invece pochi a voler parlare. Tra questi Nasser, originario del Bangladesh, contento della decisione della scuola. “Noi qui siamo il 50% della popolazione – ha spiegato – ho cresciuto i miei figli nel rispetto di tutte le religioni, siamo in Italia e dobbiamo rispettare regole e tradizioni, ma cosa può causare un giorno di chiusura per la nostra festa?” Sono diversi studenti della scuola secondaria di primo grado, senza alcuna distinzione, giovanissimi italiani e stranieri, islamici e non, ad avere invece le idee molto chiare: “è solo un giorno, non capiamo che problema ci sia, solo perché lo dice Salvini?”.
Otto anni di reclusione. Li ha chiesti la Procura di Roma nei confronti dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini, imputato assieme alla compagna Elisabetta Tulliani, per l’opaca operazione di compravendita, che risale al 2008, di un appartamento a Montecarlo, lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale. I pm Barbara Sargenti e Maria Teresa Gerace hanno sollecitato una pena a 9 anni per la compagna dell’ex segretario di An, e a 10 anni per il fratello Giancarlo Tulliani. Chiesti 5 anni per il padre Sergio.
Nel processo si contesta il solo reato di riciclaggio dopo che nell’udienza del 29 febbraio scorso i giudici della quarta sezione collegiale avevano dichiarata prescritta l’accusa di associazione a delinquere, fattispecie contestata ad altri imputati ma non a Fini. La decisione dei giudici è legata alla esclusione dell’aggravante della transnazionalità. In aula, durante la requisitoria, era presente l’ex presidente della Camera. “Era scontato che la pubblica accusa chiedesse la condanna – ha commentato – continuo ad avere fiducia nella giustizia e ciò in ragione della mia completa estraneità rispetto a quanto addebitatomi”.
Poco prima dell’intervento della Procura ha chiesto di rilasciare una breve dichiarazione Elisabetta Tulliani. Parole con le quali ha sostanzialmente ‘scaricato’ il fratello. “Ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza di quel denaro, che ero convinta fosse di mio fratello – ha affermato visibilmente commossa la donna -. Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita. Spero di avere dato con questa dichiarazione un elemento per arrivare alla verità”.
L’Avvocatura dello Stato ha chiesto, dal canto suo, l’assoluzione per Fini. Inizialmente il procedimento vedeva coinvolte anche altre persone, tra cui il ‘re delle Slot’ Francesco Corallo e il parlamentare Amedeo Laboccetta. Per loro la decisione dei giudici del 29 febbraio ha fatto scattare la prescrizione delle accuse. Secondo l’iniziale impianto accusatorio dei pm della Dda capitolina gli appartenenti all’associazione a delinquere mettevano in atto, evadendo le tasse, il riciclaggio di centinaia di milioni di euro. Quel fiume di denaro, una volta ripulito, è stato utilizzato da Corallo per attività economiche e finanziarie ma anche, è la convinzione degli inquirenti, in operazioni immobiliari che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.
Gli accertamenti della Procura hanno riguardato, quindi, anche l’appartamento di Boulevard Principesse Charlotte, finito poi nella disponibilità Giancarlo Tulliani che attualmente vive a Dubai. L’appartamento monegasco, secondo quanto accertato, sarebbe stato acquistato da Tulliani junior grazie ai soldi di Corallo attraverso due societa’ (Printemps e Timara) costituite ad hoc. Il coinvolgimento di Fini nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo. Un rapporto, per la procura, che sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani.
Quest’ultimi, in base a quanto accertato dagli inquirenti, avrebbero ricevuto su propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore in Italia, Olanda, Antille Olandesi e Principato di Monaco. ”Questa vicenda – affermò Fini nell’udienza del marzo del 2023 – è stata la più dolorosa per me: sono stato ingannato da Giancarlo Tulliani e dalla sorella Elisabetta. Solo anni dopo ho scoperto che il proprietario della casa era Tulliani e ho interrotto i rapporti con lui. Anche il comportamento di Elisabetta mi ha ferito: ho scoperto solo dagli atti del processo che lei era comproprietaria dell’appartamento e poi appresi anche che il fratello le bonificò una parte di quanto ricavato dalla vendita. Tutti fatti che prima non conoscevo”. La sentenza è attesa per il prossimo 18 aprile.