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Cronache

Georgiana discriminata e umiliata nel suo Paese e “cacciata” anche dall’Italia chiede la protezione internazionale

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Lei è Nino Tsukhishvili, Georgiana,  35 anni, nata a Tblisi e residente oggi a Torre del Greco. È una badante. Si è rivolta per il tramite del suo legale, Angelo Pisani, al Tribunale di Salerno per ricorrere contro il mancato riconoscimento dello status di rifugiato da parte della   Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Salerno.

La Tsukhishvili è giunta in Italia il 9 agosto 2017, dove ha sempre rispettato le leggi ed ha lavorato prima come badante e poi come collaboratrice domestica nel comune di Torre del Greco, quindi è stata assistente in un ristorante. Sempre con regolare contratto, come è documentato. La Tsukhishvili, di religione Cristiana Ortodossa, ha studiato per undici anni e ha lavorato come maestra nelle scuole della sua città. Da dove,  per causa di forza maggiore, ha deciso di  fuggire dal proprio Paese di origine a causa del suo orientamento sessuale e dei maltrattamenti e delle pericolose conseguenze dovuti alle gravi discriminazioni subite. Lei, infatti, sostiene che quando era in Georgia aveva conosciuto una ragazza, Eteri, con cui, nonostante tutti i divieti e pericoli, per amore, ha avuto una relazione per circa 10 anni. Una relazione mai resa pubblica. Tuttavia, dopo la decisione di  presentare questa donna ai familiari, questi non accettando di buon grado la situazione, avrebbero iniziavato a maltrattarla e picchiarla oltre che ad offenderla. Non solo. Quando si è saputo della sua relazione con un’altra donna, sostiene sempre la Tsukhishvili, ha subito discriminazioni  dai colleghi di lavoro proprio a causa del suo orientamento sessuale e per il rapporto sentimentale omosessuale. Così, dopo offese, umiliazioni, percosse, al fine di  evitare pericoli e danni anche alla sua amata, dice di aver lasciato il suo lavoro di maestra e di far perdere le proprie tracce per poter vivere liberamente. 

Angelo Pisani. Il legale di Nino Tsukhishvili

Prima di arrivare in Italia,  la Tsukhishvili ha prima soggiornato in Siria e poi in Libia. Poi è arrivata  in Italia nel mese di agosto 2017. Qui, in Italia, in un paese democratico e tollerante, la Tsukhishvili ritenta di poter vivere libera e tranquilla. E qui in Italia ha presentato richiesta per il riconoscimento della protezione internazionale.

“Purtroppo, nonostante l’evidenza dei fatti e la facile soluzione del caso – spiega l’avvocato Angelo Pisani che rappresenta la Tsukhishvili – con un tardivo provvedimento la Commissione territoriale di Salerno, con una formula senza un minimo di tolleranza ed umanità, decideva di non riconoscere la protezione internazionale, né alcun tipo di tutela e aiuto umanitario, rigettando la richiesta di cui sopra e cancellando le speranze riposte in quell’istanza presentata nel mese di ottobre 2018 per il riconoscimento e rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo” accusa Pisani. 

“È bene sottolineare – spiega sempre Pisani –  la totale integrazione della Tsukhishvili in Italia, come si evince, oltre che dall’esperienza come badante in una famiglia  a Torre del Greco dove risiedeva regolarmente, anche da ulteriore contratto di locazione sottoscritto dalla stessa a seguito di nuova esperienza lavorativa con contratto di assunzione a tempo determinato in un ristorante”. Ed in effetti la Tsukhishvili dal mese di maggio 2018 e fino al mese di novembre 2018 ha regolarmente lavorato presso un ristorante di Ischia, e soltanto a causa della scadenza del permesso di soggiorno, il datore di lavoro, suo malgrado e con gran rammarico per le doti umane e capacità lavorativa dell’istante,  non ha potuto rinnovare il contratto”. “A tutto ciò, si aggiunga che i motivi per cui la Tsukhishvili chiedeva e chiede il riconoscimento dello status di rifugiata in Italia – centinua Piani – anche e soprattutto alla luce delle persecuzioni subite in Georgia in ragione del suo orientamento sessuale, dunque in aperta violenza della Convenzione di Ginevra”. Discriminazioni che peraltro la stessa Commissione espressamente riconosce nel documento ufficiale di diniego dello status di rifugiato. Infatti, scrive la Commissione di Salerno, “atteso, per quanto concerne il trattamento delle persone LGBTI, sebbene in Georgia l’omosessualità non sia illegale, le fonti internazionali consultate segnalano le frequenti aggressioni, discriminazioni e stigma sociali nei confronti delle persone omosessuali” . Ovvero esattamente quello che ha denunciato la Tsukhishvili, motivi peraltro che l’hanno costretta a scappare di casa, lasciare il suo paese. In effetti, si segnalano tantissimi eventi discriminatori per le persone LGBTI in Georgia, come dichiarato in un articolo pubblicato da United Nations Human Rights, in data 21 settembre 2018, il quale  segnala la visita di un esperto delle Nazioni Unite a Tbilisi,                       al fine di effettuare un’attenta valutazione sui casi di protezione                                                     dalla violenza e dalle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. È palese, dunque, che in Georgia, le persone LGBTI continuano ad essere vittime di violenza fisica e abusi psicologici, estorsioni e discriminazioni in molti aspetti della loro vita quotidiana, a causa del loro orientamento sessuale ed identità di genere. “E l’Italia, culla del diritto e della civiltà, del rispetto di tutti a prescindere dalla propria razza, religione, orientamento sessuale, non può non tenere conto della richiesta della Tsukhishvili che nel suo Paese è discriminata ed umiliata e rischia anche fisicamente” accusa ancora l’avvocato Angelo Pisani.

“Non si capisce – conclude Pisani – quali ulteriori requisiti richiede ancora la Commissione per concedere la protezione internazionale oltre all’accertamento del pericolo di condurre una vita degradante nel paese dell’esponente. Un pericolo che, illustrato dal ricorrente, non è stato  minimamente tenuto in considerazione nelle motivazioni della Commissione”. L’omosessualità in Georgia non è illegale, nonostante ciò sono frequentissime le discriminazioni per le persone LGBTI, e pertanto non è dato comprendere il rigetto della domanda della ricorrente da parte della Commissione soprattutto dopo le dichiarazioni rese dalla ricorrente in sede di audizione. Infatti egli ha riferito di essere stato rinnegato e maltrattato dai propri genitori in diverse occasioni tali da costringerlo a lasciare il proprio lavoro di maestra. Ed è per questo e tanti altri motivi citati dall’avvocato Pisani, che è stato presentato ricordo al Tribunale di Salerno  per chiedere in primis l’immediata “sospensione dell’efficacia del provvedimento di diniego emesso dalla Commissione Territoriale di Salerno, per i gravi pericoli ampiamente illustrati in premessa cui incorrerebbe il ricorrente nel caso di rimpatrio” e poi per  fissare con decreto l’udienza di comparizione delle parti per rivedere e riformare la decisione che espone la Tsukhishvili a seri pericoli per la sua vita.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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