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Zverev e il diabete: non ho mai lasciato che mi fermasse

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“Avere una vita normale per chi ha il diabete è possibile. Ed è possibile anche diventare dei campioni sportivi. È importante che genitori e bambini sappiano che non ci sono limiti. Non ho mai lasciato che il diabete mi fermasse. Se riuscirò a ispirare altre persone nella mia condizione a continuare a inseguire i propri sogni e a realizzare tutto ciò di cui sono capaci, avrò fatto una piccola differenza”. A raccontarlo è il campione di tennis Alexander Zverev, intervenuto durante l’evento ‘Ridurre il peso del diabete e semplificarne la gestione attraverso la tecnologia’, promosso da Medtronic a Roma. Sul palco insieme al campione c’è Davide, bimbo di 8 anni che vive a Torino e condivide con il suo beniamino la passione per il tennis e la malattia, accompagnato dal papà Gianni.

Sacha, nato ad Amburgo nel 1997, ha ricevuto a soli quattro anni la diagnosi di diabete di tipo 1, malattia autoimmune in cui il sistema immunitario distrugge le cellule del pancreas che producono insulina, causando una carenza di questo ormone fondamentale per il metabolismo dello zucchero.

“Quando mi è stato diagnosticato, circa venti anni fa era diversa e praticare uno sport come il tennis era considerato impossibile – spiega il numero due del ranking Atp, in questi giorni a Roma per partecipare agli Internazionali 2025 -. La tecnologia e i farmaci hanno fatto enormi passi avanti. Quindi io sto vivendo il mio sogno ma non sono l’unico esempio di atleta con diabete. E oggi non c’è motivo per cui bambini e adulti con diabete non possano vivere al meglio la propria vita”.

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Champions, Lautaro: vogliamo la Champions da finale persa

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“Già all’andata abbiamo sofferto tanto ma abbiamo fatto una partita fantastica come squadra. Questa squadra non molla mai. Dal primo giorno vogliamo vincere la Champions, da quando abbiamo perso la finale col City. Ora dobbiamo recuperare tante energie. Abbiamo un’occasione e un’opportunita da cogliere”. Lautaro Martinez celebra la vittoria “di squadra” contro il Barcellona. “Ero in difficoltà perché non riuscivo ad alzare bene la gamba ma ho fatto fisio e sono riuscito a scendere in campo. Avevo promesso che oggi sarei sceso in campo. Era tutti preoccupati in famiglia perché volevo giocare. Non ho risposto a mia madre che mi chiamava tutta la mattina. Non sto bene. non ho finito bene. Ora lavorerò con lo staff perché abbiamo ancora tante partite davanti”, conclude il capitano dell’Inter.

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4-3 al Barcellona, l’Inter va in finale di Champions

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L’Inter vince 4-3 contro il Barcellona ai supplementari e vola in finale di Champions League. Quello di San Siro è stato un match incredibile, ancor più del 3-3 in Catalogna: i nerazzurri sono andati in vantaggio di due reti, poi la rimonta e il sorpasso dei catalani, infine la rete di Acerbi che ha portato la gara ai supplementari, decisiva la rete di Frattesi che fa esplondere la festa interista. Settima finale della storia per l’Inter – la seconda sotto la gestione Inzaghi in tre anni – che il 31 maggio a Monaco di Baviera sfiderà la vincente tra Paris Saint-Germain e Arsenal, attese domani a gara-2 di semifinale (1-0 a Londra per i francesi all’andata). Simone Inzaghi ha mandato in campo Lautaro dal primo minuto, l’argentino è tornato a disposizione dopo l’elongazione ai flessori della coscia sinistra, infortunio accusato all’andata. Solito 3-5-2 per il tecnico piacentino, Flick ha risposto con una sorta di 4-2-3-1: scelto ancora Ferran Torres come falso nueve, Lewandowski è invece partito dalla panchina dopo i problemi fisici che lo hanno tenuto lontano dal campo nelle ultime settimane. Possesso palla Barcellona e aggressività da parte dei nerazzurri: il primo tempo di San Siro ha ricalcato quanto visto a Montjuic una settimana fa, gli azulgrana si sono affidati alle fiammate di Yamal, marcato a vista da Dimarco.

L’esterno nerazzurro, al 21′, ha innescato il primo gol recuperando palla sulla trequarti e imbeccando Dumfries, che anziché calciare ha servito Lautaro, il numero 10 ha appoggiato il pallone in rete praticamente a porta vuota. Il capitano nerazzurro a termine dei primi 45 minuti si è conquistato il rigore del 2-0, l’intervento di Cubarsì è stato prima giudicato non falloso da Marciniak, poi il direttore di gara è stato richiamato all’on field review: dal dischetto ci ha pensato Calhanoglu a siglare il raddoppio spiazzando Szczesny. In pieno recupero c’è stato un lungo battibecco tra Inigo Martinez e Acerbi, il difensore dell’Inter è stato allontanato dai compagni per evitare sanzioni disciplinari. Nella ripresa l’intensità da parte degli uomini di Inzaghi è calata, gli ospiti ne hanno approfittato al 9′ quando Eric Garcia, su assist di Gerard Martin, ha dimezzato lo svantaggio. Qualche minuto più tardi l’ex Manchester City, sugli sviluppi di un contropiede, si è divorato il gol del 2-2, decisivo l’intervento di Sommer. Il pareggio è arrivato al quarto d’ora, ancora Martin ha pescato Dani Olmo, lo spagnolo in tuffo ha avuto tutto il tempo di deviare il pallone in rete.

I padroni di casa hanno fatto fatica a creare azioni pericolose, a due minuti dal termine Raphinha, dopo una respinta dello stesso Sommer, ha trovato il diagonale vincente. In pieno recupero, Acerbi – che si era spinto in avanti per tentare il tutto per tutto – ha riaperto nuovamente la partita segnando la rete del 3-3 che ha portato il match ai supplementari. Di mezzo il palo di Yamal, il giovane talento blaugrana ha sprecato in due occasioni il pallone del 4-3. Nell’extra-time il Barcellona ha provato a gestire il possesso, ma al 9′ del primo tempo supplementare Frattesi, su sponda di Taremi, ha siglato il gol del nuovo vantaggio, un piazzato col sinistro sul palo lontano che ha beffato Szczesny. Sotto il duluvio l’Inter stringe i denti, il Barça ha ormai dato tutto e per i campioni d’Italia si aprono le porte della finale di Champions.

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Sinner, cresce l’attesa, coach ‘lo stop non è vantaggio’

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Jannik Sinner e Carlos Alcaraz sono di nuovo insieme, anche se per vederli l’uno contro l’altro servirà la finale degli Internazionali, ma nel frattempo il tennis mondiale riacquista, seppur a distanza, la sua rivalità. E se il n.1 del mondo si allena allo stadio dei Marmi dedicato a Mennea con Lorenzo Sonego, lo spagnolo è a pochi metri da lui, nel suo primo allenamento da quando è a Roma. A fargli da sparring partner è il tennista romano, Flavio Cobolli, sul campo sette; ma la maggior parte dei curiosi è alla SuperTennis Arena per Jannik. Cresce, infatti, l’attesa intorno al rientro in campo dell’altoatesino, con il debutto agli Internazionali in programma per sabato 10 maggio. Nelle prossime ore, invece, scoprirà chi sarà il suo avversario, se la giovane promessa azzurra Federico Cinà o l’argentino Mariano Navone.

Nel frattempo restano le domande su come Sinner potrà rientrare dopo i tre mesi di stop forzato, ma il suo coach, Simone Vagnozzi, assicura: “La pausa non è stata un vantaggio”. Poi prosegue: “Ho sentito addirittura che può beneficiarne, ma se fosse così perché nessuno si è mai fermato così tanto? Poi come tutte le cose proviamo a prendere gli aspetti migliori, ma sappiamo di arrivare qui senza partite. Negli ultimi 5 mesi abbiamo giocato appena due tornei, non è un vantaggio questo”. L’obiettivo, poi, è lo stesso dichiarato anche da Jannik: “Giocare più incontri possibili, per riprendere il ritmo partite e arrivare al meglio a Parigi”. Intanto Sinner, in questi primi due giorni a Roma, sta anche riacquistando le giuste sensazioni con il pubblico e con i diversi campi del Foro Italico: ieri il Centrale contro Lehecka, poi la SuperTennis Arena con l’amico e compagno di Davis, Sonego.

“Gli fa bene per riacquistare feeling”, spiega Vagnozzi che non vede un giocatore emozionato per il ritorno in campo. “Gestire il rientro è una passeggiata rispetto a quello che ha passato nell’ultimo anno – le parole ancora dell’allenatore -. Aveva un peso enorme sulle spalle, ma finalmente ora è tutto archiviato”. Un caso destinato a fare giurisprudenza visto che la stessa WADA è già al lavoro per modificare un regolamento molto rigido anche nel caso delle contaminazioni. “Sono cose che possono succedere – dice Vagnozzi -. E sono difficili da controllare, è stato ingiusto fermare Jannik per un qualcosa di involontario”.

Ma Sinner ora non vuole più pensarci, la testa è tutta sull’esordio e si gusta ogni scambio in allenamento, accompagnato da cori e applausi, e le passeggiate per il Foro Italico, sempre scortato dalla security dell’evento. Come quando dopo l’allenamento con Sonego si ferma a firmare autografi e scattare selfie con i fan accorsi in massa a vederlo. Nessuno, però, può toccarlo. Lui non si nega a nessuno, andando incontro alle centinaia di richieste che gli arrivano, ma la ‘scorta’ che lo segue allontana braccia e mani di chi prova ad abbracciarlo per una pacca sulla spalla o semplicemente per scattare un selfie migliore. Un tentativo per contenere la ‘Sinner-mania’ di questi giorni che troverà sfogo sabato nel giorno del debutto. Il countdown di tutti, e di Jannik soprattutto, è già cominciato.

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