Praga, Bratislava, ma soprattutto Ankara. Il colloquio con il presidente turco Erdogan è l’ultima tappa del nuovo tour internazionale di Volodymyr Zelensky, che alla vigilia del vertice Nato di Vilnius del 12 luglio lancia l’assalto finale ai dubbi sull’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza e prova a incassare nuovi aiuti militari. Mentre a quasi 500 giorni dall’inizio della guerra la controffensiva di Kiev non è veloce come sperato. L’indecisione della Nato sull’ammissione di Svezia e Ucraina è una “minaccia” alla sicurezza globale, ha ammonito dalla Slovacchia il leader ucraino, che dal summit in Lituania vuole “non solo promesse, ma scadenze precise” sull’arrivo di Kiev tra i membri Nato. Ma per il momento, dall’Alleanza non ci sono aperture: a Vilnius “mi aspetto che i leader ribadiscano che Kiev entrerà nella Nato”, è la debole rassicurazione del segretario generale Jens Stoltenberg.
Accompagnata comunque dalla promessa che dal summit verrà fuori un Paese “ancora più forte, con assistenza pluriennale militare”, ed “aumenteranno i nostri legami politici con il lancio del Consiglio Nato-Ucraina”. Citando la Svezia, Zelensky ha voluto lanciare un segnale anche a Erdogan, che dallo scorso anno blocca l’ingresso di Stoccolma nell’Alleanza accusandola di una presunta clemenza nei confronti dei militanti curdi rifugiati sul suo suolo. Prima di dare il suo consenso, gli svedesi “rispettino le promesse fatte” sul dossier, ha detto il leader turco, che a Vilnius – ha assicurato – “prenderà la decisione migliore”. Occhi puntati su Ankara quindi, anche quelli del Cremlino, pronto a “seguire attentamente” il colloquio turco-ucraino, senza escludere un incontro di persona con Erdogan del presidente russo Vladimir Putin. “Onestà tra i legami” e “coraggio”, sono le richieste alla Nato di Zelensky. Se quello dell’ingresso nell’Alleanza resta il nodo più difficile delle trattative in vista di Vilnius, relativamente più facile è il tema dell’invio delle armi a Kiev. In particolare, “senza armi a lungo raggio è difficile non solo svolgere missioni offensive ma anche, a dire il vero, operazioni difensive”, ha detto da Praga il leader ucraino. Ricevendo segnali incoraggianti: si attende l’annuncio ufficiale dell’ok alla Casa Bianca a un nuovo pacchetto di aiuti militari che conterrebbe anche le controverse munizioni a grappolo, mentre l’Unione europea ha raggiunto l’accordo politico sul piano per aumentare la produzione di munizioni a un milione di pezzi l’anno.
I numeri intanto parlano chiaro: nel 2023 il Canada e gli alleati europei della Nato hanno aumentato le spese militari dell’8,3%, secondo un documento dell’Alleanza con le stime per l’anno in corso: “Sono aumenti che non si vedevano da decenni”, ha commentato Stoltenberg, aggiungendo che i negoziati fra gli alleati per arrivare ad un’intesa sulla necessità di spendere almeno il 2% del Pil in difesa dal 2024 in poi sono “a buon punto”. Intanto, con la pace che resta lontana, il sangue continua a scorrere in Ucraina, mentre Kiev rivendica progressi nella controffensiva: in 24 ore “siamo avanzati più di un chilometro” sui fianchi settentrionali e meridionali della città di Bakhmut, dove sono stati “riconquistati territori precedentemente occupati”. E’ salito poi il bilancio delle vittime nell’attacco di giovedì a Leopoli: 9 persone sono morte, 42 i feriti di cui 3 bambini, nell’ennesima strage di una guerra che secondo i calcoli dell’Onu, dal 24 febbraio 2022 ha ucciso oltre 9.000 civili ucraini, di cui 500 bambini. Nel frattempo resta alta l’attenzione sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, sulla quale il capo dell’Aiea Rafael Grossi ha in ogni caso parlato di “progressi” in merito all’ispezione di diverse aree dell’impianto, dove l’Ucraina sostiene che i russi abbiano collocato possibili ordigni esplosivi.