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Zelensky al fronte a Bakhmut, raid ucraino in Russia

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“Voglio dirvi che qui, in Donbass, state difendendo tutta l’Ucraina”. Il presidente Volodomyr Zelensky è andato in visita a Bakhmut, nell’est del Paese, la zona più calda del fronte ucraino. E’ la città del Donetsk che le forze russe stanno cercando di conquistare da mesi scontrandosi con il muro della resistenza di Kiev. E Zelensky ha ringraziato le truppe, consegnato riconoscimenti, chiesto un minuto di silenzio per chi non c’è più. Gli ucraini sono tornati a colpire anche in Russia, nella regione confinante di Belgorod. Una colonna di fumo si è alzata stamattina sulla città di Shebekino, dove “l’alimentazione elettrica è stata interrotta a causa dei bombardamenti e un terzo dei residenti è rimasto senza elettricità. Granate hanno colpito la zona industriale, c’è almeno una vittima”, hanno fatto sapere le autorità locali puntando il dito contro Kiev. Un’esplosione ha invece squarciato il gasdotto Urengoi-Pomary-Uzhhorod, che dalla Russia attraversa l’Ucraina: dalle prime ricostruzioni risulta provocata da una fuga di gas. Il bilancio è di tre morti e un ferito e i sospetti russi, di nuovo, sono diretti verso Kiev. Sono di questo tipo le complicazioni che emergono da settimane nel conflitto fra Mosca e Kiev e per questo forse il presidente russo in persona, Vladimir Putin, ha riconosciuto che non tutto va bene.

“La situazione nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia”, ovvero nei territori annessi dai russi, “è estremamente difficile”, ha ammesso lo zar parlando ai suoi servizi di sicurezza e sollecitando un’intensificazione della sorveglianza della società russa e delle frontiere del Paese per contrastare quello che considera “l’emergere di nuove minacce” dall’estero. Dopo queste parole e per queste indicazioni, così precise, cresce l’attesa per un altro intervento del leader russo, quello che terrà nel corso di una riunione del Consiglio di Difesa nelle prossime ore e in cui fisserà gli obiettivi dell’esercito per il 2023, stando agli annunci del Cremlino. Lo zar farà il punto nella riunione allargata del ministero della Difesa russo in cui verranno “riassunti i risultati delle attività delle forze armate russe nel 2022” e “definiti i compiti per il prossimo anno”. Il timore diffuso è che Mosca possa lanciare un’altra grande offensiva su larga scala in pieno inverno, ma secondo Washington il governo russo su questo è diviso, ha riferito un alto funzionario Usa in forma anonima citato dalla France Presse. “Penso che siamo in presenza di punti di vista divergenti”, ha sottolineato.

“Chiaramente, ci sono alcuni che credo stiano sostenendo la continuazione dell’offensiva in Ucraina. Altri che hanno seri dubbi sulla capacità della Russia di farlo”, ha detto ancora la fonte, affermando inoltre che gli Stati Uniti “adeguerebbero e adatterebbero rapidamente” i propri obiettivi se venisse deciso un attacco importante. “Quello che stiamo facendo, quello che continuiamo a fare, è garantire che gli ucraini abbiano i mezzi per difendersi efficacemente dall’aggressione russa”, ha proseguito l’esponente dell’amministrazione Biden. Quel che è certo è che “non sarà la Russia a dettare il tipo di supporto che forniamo all’Ucraina”, ha assicurato da parte sua il portavoce del Consiglio di sicurezza della Casa Bianca John Kirby rispondendo ad una domanda sulle minacce di Mosca nel caso di invio di Patriot. Il Guardian intanto rivela la frustrazione e le paure dei militari russi al fronte. Sono le telefonate – spesso non autorizzate – fra i soldati e i loro cari, intercettate dalle forze ucraine e a cui il giornale ha avuto accesso.

“Nessuno ci dà da mangiare, mamma. I nostri mezzi fanno schifo, sinceramente. Prendiamo l’acqua dalle pozzanghere, poi la filtriamo e la beviamo”. Il soldato Andrey, contravvenendo agli ordini, l’8 novembre scorso chiamava la madre dalla città di Lyman, nell’est dell’Ucraina. Andrey aveva telefonato alla mamma anche due giorni prima, le diceva che le armi promesse non erano mai arrivate. “Dove sono i missili di cui Putin tanto parla? C’è un palazzo davanti a noi e non possiamo colpirlo. Ci sarebbe solo bisogno di un Caliber”. Poi le rassicurazioni: “Prego sempre, mamma. Tutte le mattine”. Già il 26 ottobre un soldato confidava alla moglie che stava contemplando la possibilità di arrendersi: “Sono in un sacco a pelo, tutto bagnato, con la tosse, messo male. Siamo tutti mandati consapevolmente al massacro”.

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Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti

Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.

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Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).

Il cordoglio della città e della comunità filippina

La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.

Le drammatiche immagini dell’incidente

Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.

Il dolore delle autorità

Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.

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Trump spinge per il cessate il fuoco in Ucraina: “Ora Putin deve aprire ai colloqui diretti”

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Donald Trump ha deciso di accelerare i tempi. Dopo mesi di logoramento sul fronte, ora il presidente americano punta a ottenere da Vladimir Putin un’apertura concreta ai colloqui diretti, oltre a una tregua immediata e “senza condizioni” che apra la strada ai negoziati di pace. A dirlo chiaramente è stato lo stesso Trump, mentre da Mosca il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che la Russia è pronta a negoziare.

Il piano di Trump e la controproposta di Kiev

Mentre la Russia rivendica la completa riconquista della regione di Kursk, l’Ucraina propone come contromossa uno schieramento internazionale che impedisca futuri attacchi russi. Una misura di garanzia per evitare che la tregua si trasformi in una nuova aggressione. Nonostante le difficoltà militari, Volodymyr Zelensky sembra disposto a valutare un compromesso “dignitoso” per salvaguardare l’indipendenza ucraina dopo tre anni di guerra.

Il compromesso proposto da Kiev prevede:

  • La difesa della sovranità nazionale senza limitazioni sull’esercito.

  • L’utilizzo degli asset russi congelati in Occidente per il risarcimento dei danni di guerra.

L’ombra della resa dei conti e la pressione di Trump su Putin

Trump, incontrando Zelensky a Roma all’ombra della Cupola di San Pietro, ha fatto capire che il tempo stringe. Ammette apertamente il sospetto che Putin voglia “continuare la guerra” per logorare la situazione e far perdere tempo agli Stati Uniti. Una strategia che Trump non intende subire, rilanciando l’obiettivo di concludere la guerra nei primi 100 giorni della sua presidenza.

L’annuncio della riconquista russa della regione di Kursk, accompagnato dal primo riconoscimento ufficiale dell’uso di truppe nordcoreane da parte di Mosca, alimenta le preoccupazioni. Ma allo stesso tempo, la Russia continua a mostrare difficoltà economiche profonde nonostante il regime autarchico tenti di nascondere la crisi.

Il difficile equilibrio: salvare l’onore per tutti

Per Trump, per Putin e per Zelensky l’obiettivo è quello di poter dichiarare una vittoria:

  • Trump vuole essere il presidente che ha portato la pace.

  • Putin vuole presentarsi come il difensore della “Madre Russia” contro l’Occidente.

  • Zelensky vuole salvaguardare la sovranità e l’onore nazionale.

Il 9 maggio, data simbolica della vittoria sovietica sul nazismo, si avvicina. Putin punta a presentarsi come vincitore, ma senza un vero accordo, la guerra rischia di continuare nel logoramento reciproco.

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Trump e Zelensky si parlano, prove di pace a San Pietro

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I primi spiragli per la pace in Ucraina, tanto invocati da papa Francesco, potrebbero essersi aperti proprio nel giorno dell’ultimo saluto al pontefice, a San Pietro. Donald Trump e Volodymyr Zelensky, due mesi dopo il burrascoso incontro allo studio ovale, si sono ritrovati faccia a faccia tra le navate della basilica, poco prima dell’inizio dei funerali di Bergoglio: un colloquio di 15 minuti, definito “costruttivo” da entrambe le parti, immortalato da una foto che ha fatto il giro del mondo. In Vaticano il leader ucraino è stato protagonista di un altro scatto simbolico, insieme a Trump, Emmanuel Macron e Keir Starmer, poi ha incontrato anche Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen, per provare a ricompattare l’alleanza transatlantica al fianco di Kiev. E qualcosa sembra effettivamente muoversi.

Gli ucraini sul piatto hanno messo una controproposta al piano della Casa Bianca, per ottenere garanzie di sicurezza a guerra finita, ricevendo delle aperture da Washington. Quanto alla Russia, il Cremlino ha annunciato di aver ripreso il completo controllo della regione di Kursk, ed alla luce di questa svolta si è detto pronto a riprendere i colloqui con gli ucraini “senza precondizioni”. I capi di stato e di governo arrivati a Roma per i funerali del Papa, pur nel rispetto della solennità dell’evento, hanno avuto l’occasione per brevi scambi di vedute su alcune delle principali crisi ancora aperte.

Zelensky, dopo aver messo in forse fino all’ultimo la sua presenza, è riuscito a raggiungere la capitale per onorare il pontefice e per ritrovare i partner occidentali, soprattutto Trump. L’immagine è quella di due leader seduti uno di fronte all’altro, vicinissimi, che discutono animatamente con espressione seria. Al termine, entrambe le parti si sono dette comunque soddisfatte. “Molto produttivo”, è stato il commento della Casa Bianca. “Un incontro simbolico che potrebbe diventare storico se si raggiungessero i risultati sui punti discussi”, ha sottolineato Zelensky. Se non altro, c’è stato un riavvicinamento dopo quel drammatico 28 febbraio, quando il presidente ucraino era stato cacciato dalla Casa Bianca.

Rispetto ai nodi sul tavolo il New York Times ha fatto filtrare la posizione ucraina, che punta a mitigare la proposta americana, considerata troppo favorevole a Mosca. Kiev in particolare chiede di non limitare le dimensioni del proprio esercito e che in territorio ucraino venga schierato un contingente di sicurezza europeo sostenuto dagli Usa, per scoraggiare future aggressioni russe. In quest’ottica l’adesione a breve alla Nato non sembra più una priorità: lo stesso Zelensky ha ammesso che in questa fase bisogna essere “pragmatici”.

E la risposta di Washington sulle garanzie di sicurezza sarebbe stata positiva. Sempre secondo fonti giornalistiche, gli Usa si sono offerti di fornire intelligence e supporto logistico ad un contingente europeo di peacekeeper. Andando incontro alle richieste di Londra e Parigi, che di questa missione militare sarebbero capofila nell’ambito della coalizione dei volenterosi.

Riguardo alla Russia, invece, Trump ha inviato segnali contrastanti. Da una parte ha accolto con favore gli esiti dell’ultimo incontro a Mosca tra Steve Witkoff e Vladimir Putin, sostenendo che l’accordo tra le due parti in conflitto sarebbe ad un passo. Poi però ha insinuato che Putin lo stia “prendendo in giro”, tergiversando sulla tregua, ed è tornato a minacciarlo di nuove sanzioni. A complicare le cose c’è anche la questione dei territori. Perché gli americani sarebbero disposti a lasciare tutto alla Russia, dalla Crimea alle altre quattro regioni ucraine occupate.

Mentre Kiev, almeno sulla carta, non è disposta a concessioni. Zelensky, prima di qualunque negoziato, chiede innanzitutto un cessate il fuoco completo. E su questo punto ha ottenuto la sponda degli alleati europei nei colloqui a Roma a margine dei funerali del Papa. “Mosca dimostri concretamente che vuole la pace”, sono state le parole della premier Meloni dopo l’incontro con il leader ucraino.

“Ora tocca al presidente Putin”, le ha fatto eco il presidente francese Macron, riferendo che è stato avviato “un lavoro di convergenza” tra i volenterosi, Kiev e Washington per arrivare ad “una tregua solida”. L’Ue, infine, ha ribadito il “sostegno” all’Ucraina “al tavolo delle trattative”, ha assicurato a Kiev la presidente della Commissione von der Leyen.

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