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Cronache

Zaki è libero: ora voglio una vita normale a Bologna

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‘Patrick Zaki libero’ era uno slogan, ora è diventata realtà. Libero di volare verso la sua Bologna appena concluse le pratiche burocratiche di cui spera di sbarazzarsi nei prossimi due giorni. Per effetto della grazia concessa dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, il neolaureato dell’ateneo Alma Mater ha potuto lasciare stamattina l’edificio della polizia di Nuova Mansura dove era stato trattenuto da martedì, dopo la condanna a tre anni di carcere per diffusione di notizie false attraverso un articolo. “Ora sono libero, voglio tornare in Italia il prima possibile”, sono state le prime parole dopo aver oltrepassato le transenne della direzione di sicurezza del governatorato di Dakahlia, sulla costa del delta del Nilo, dove ha passato due giorni, peraltro non in cella ma in un alloggio per ufficiali.

“Il processo finalmente è finito – ha detto Patrick – e sento che ho il diritto di tornare a vedere i miei colleghi, di ritirare la laurea, di condurre una vita normale a Bologna. Sto programmando di essere lì sabato mattina arrivando a Milano” con un volo di linea: ci rimarrà però solo per un paio di settimane, per poi tornare in Egitto per sposarsi con la fidanzata Reny Iskander, come ha annunciato lui stesso. “Devo fare alcune cose qui – ha spiegato -, sarò a Bologna due settimane per incontrare i miei amici, i miei professori, tutte le persone che mi mancano. Dopo il matrimonio in Egitto sicuramente tornerò in Italia per riprendere i miei studi e la mia vita a Bologna”. Roma e Il Cairo comunque stanno gestendo insieme una serie di incombenze di natura burocratica per consentire al giovane di partire, in leggero ritardo rispetto alle previsioni che lo davano in Italia già oggi. Pratiche che comunque vengono svolte da Patrick a cuor leggero, dato che il buio è alle spalle. “Il momento più difficile” del suo caso giudiziario durato tre anni e che ha incluso 22 mesi di custodia cautelare in carcere passati dormendo per terra è stata la condanna di martedì “perché non mi aspettavo una sentenza così pesante”, ha raccontato il ricercatore.

“Sentivo che sarei tornato di nuovo” alla spirale di “carcere e attesa, e che il mio futuro era bloccato” da altra “prigione” e poi dal “divieto di viaggiare”. Invece è stato rilasciato e come prima cosa ha abbracciato a lungo la madre Hala, poi la fidanzata, la sorella Marise e il padre George che lo attendevano davanti all’edificio della polizia di Nuova Mansura. Un tripudio di emozioni ma anche un fatto politico internazionale. “L’uso da parte del presidente” Sisi della sua autorità costituzionale per concedere la grazia presidenziale è un apprezzamento personale per la profondità e la forza delle relazioni italo-egiziane; e la rapidità della grazia ne è la migliore prova, in particolare poiché è avvenuto meno di 24 ore dopo l’emissione della sentenza definitiva”, ha dichiarato l’ambasciatore egiziano a Roma, Bassam Rady. “Un gesto di grande importanza che è stato molto apprezzato in Italia”, ha ribadito in serata la premier Giorgia Meloni ringraziando Sisi in una telefonata durante la quale i due hanno espresso l’auspicio di incontrarsi “presto”.

La grazia a Patrick e all’avvocato per i diritti umani Mohamed El-Baqer rappresenta “uno sviluppo positivo” per le relazioni tra Egitto ed Unione europea che “continuerà a collaborare” col Cairo “per promuovere il buon governo e i diritti umani, anche attraverso la nostra cooperazione bilaterale”, ha dichiarato il portavoce del Servizio di Azione Esterna dell’Ue. Anche i rettori delle Università italiane “applaudono l’epilogo atteso da anni per Patrick Zaki”, ma auspicano “risultati analoghi per il caso di Giulio Regeni, ancora in attesa di una risposta chiarificatrice” sulla sua prolungata tortura a morte. Per la grazia a Patrick, ha assicurato da parte sua il ministro degli Esteri Antonio Tajani, non c’è stato “nessun baratto, nessuna trattativa sottobanco”. Solo un lungo, e alla fine efficace, sforzo diplomatico. “Ringrazio il governo italiano e l’ambasciatore in Egitto” Michele Quaroni “per il grande impegno profuso per me”, ha detto Zaki.

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Muore la terza vittima ferita nella sparatoria a Monreale

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Salgono a tre le vittime della sparatoria della scorsa notte a Monreale (Palermo). E’ morto in ospedale uno dei tre feriti: si tratta di Andrea Miceli, 26 anni, era ricoverato al Civico di Palermo. Gli altri due deceduti sono Salvatore Turdo, 23 anni, e Massimo Pirozzo, 26 anni.

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Cronache

Giovane incensurato ferito ad Ercolano

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Questa notte i carabinieri della locale tenenza di Ercolano sono intervenuti in corso Resina per un 26enne ferito. Il giovane, incensurato, sarebbe stato colpito da alcuni proiettili all’addome e a una gamba. E’ stato portato al pronto soccorso dell’ospedale Maresca di Torre del Greco, non in pericolo di vita. Indagini in corso per ricostruire dinamica e matrice dell’evento. Rilievi a cura del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata.

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Sparatoria in piazza a Monreale, una carneficina: due morti e tre feriti, tutti giovanissimi

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E’ di due morti e tre feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta in nottata nella centrale piazza Duomo a Monreale (Palermo). Le vittime hanno 25 anni e 23 anni; i feriti 26 anni, 33 anni e 16 anni. La sparatoria è avvenuta in una piazza affollata, davanti ad almeno un centinaio di testimoni. Secondo una prima ricostruzione tutto sarebbe nato in seguito a una rissa per futili motivi davanti ad una pizzeria. Poi i due gruppi di giovani si sono affrontati in piazza. Uno dei protagonisti dell’aggressione, armato di pistola, ha iniziato a sparare. I feriti sono in gravissime condizioni. Le indagini sono condotte dai carabinieri.

Le vittime della sparatoria sono Salvatore Turdo di 23 anni e Massimo Pirozzo di 26. Sono morti subito dopo essere stati trasportati negli ospedali Ingrassia e Civico del capoluogo. Anche uno dei feriti sarebbe in gravissime condizioni. Davanti agli ospedali si sono presentati numerosi familiari e amici delle vittime, con grida e scene di disperazione.

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