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Von der Leyen-Biden, nuovo patto in chiave anti-cinese

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L’Ue e gli Usa provano a superare le tensioni provocate dal maxi piano di incentivi varato da Joe Biden per attrarre investimenti negli Stati Uniti rinnovando l’alleanza contro la Russia e trovando un nuovo avversario comune: la Cina. Nella sua prima visita alla Casa Bianca dal novembre 2021, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha portato al presidente americano la buona volontà dell’Europa di collaborare con Washington per ridurre la dipendenza da Pechino e limitare l’export di prodotti tech. Biden da parte sua ha promesso alla leader dell’Ue che le aziende europee usufruiranno dei suoi incentivi. Con la guerra in Ucraina che continua a infuriare, per l’amministrazione americana la visita di Von der Leyen è stata l’occasione per placare nei partner europei l’irritazione causata dall’Inflation reduction act, la misura da oltre 375 miliardi di dollari che prevede mega sussidi alle aziende americane impegnate nella transizione energetica. E stando alle dichiarazioni seguite all’incontro nello Studio Ovale la tensione transatlantica sembra diminuita. La presidente della commissione europea ha elogiato il provvedimento sottolineando che un “investimento così massiccio” nelle tecnologie verdi è un bene per tutti.

Per questo, ha spiegato, sulla scia dell’Ira Bruxelles ha varato il suo piano per il green tech. Ora, tra gli incentivi europei e quelli americani dovrà tuttavia essere trovato un punto d’incontro perche’ “se non si allineano si annulleranno a vicenda”, ha spiegato un funzionario della Casa Bianca. Per fare in modo che anche le imprese europee possano beneficiare dei sussidi Usa, il presidente americano e von der Leyen hanno iniziato a lavorare ad un accordo commerciale sui minerali critici, indispensabili per la produzione delle batterie dei veicoli elettrici. Se si trovasse un’intesa, Washington e Bruxelles otterrebbero anche l’effetto collaterale di ridurre la dipendenza dalla Cina, ricca di questi elementi. I due leader si sono anche impegnati a raggiungere un accordo sull’acciaio e l’alluminio sostenibile entro l’ottobre 2023. La Cina non viene nominata direttamente nel colloquio tra Biden e von der Leyen ma è presente tra le righe del comunicato congiunto, in particolare quando si parla della necessità di rafforzare la “sicurezza economica e nazionale”. A dimostrazione che anche l’Ue vuole progressivamente svincolarsi dal Dragone, la presidente ha portato nello Studio Ovale la decisione dell’Olanda, subito dopo quella del Giappone, di bloccare l’export verso Pechino di tecnologie per la produzione di microchip.

Una vittoria per Biden che da mesi stava cercando di convincere gli alleati a compiere questo passo decisivo e che, secondo l’agenzia Bloomberg, si appresta il mese prossimo a un’ulteriore stretta sulle esportazioni di semiconduttori alla Cina. Ma per Washington Pechino non rappresenta una minaccia per l’Occidente solo da un punto di vista economico. A quanto si apprende, il presidente americano è pronto a condividere con Bruxelles informazioni di intelligence che dimostrano come la Cina sia pronta a fornire armi alla Russia nella sua guerra contro l’Ucraina. Von der Leyen e Biden hanno ribadito la forza dell’unità transatlantica di fronte all’aggressione di Vladimir Putin, (“la Russia pagherà per le atrocità commesse in Russia”, ha sottolineato la leader Ue), e espresso l’intenzione di varare nuove sanzioni non solo contro Mosca ma anche contro “Paesi terzi”, espressione con la quale l’amministrazione americana si riferisce di solito a Pechino. Usa e Ue stanno, inoltre, lavorando “per limitare ulteriormente le entrate russe, garantendo al contempo la continuità delle forniture energetiche ai mercati emergenti e ai Paesi in via di sviluppo attraverso il tetto massimo dei prezzi fissato dal G7 per il greggio e i prodotti petroliferi di origine russa trasportati via mare”. Sul fronte energetico la presidente della Commissione europea ha ringraziato Biden per le forniture di gas che hanno permesso all’Europa di superare la crisi causata da Vladimir Putin. Gli Stati Uniti “ci hanno aiutato enormemente quando volevamo liberarci della dipendenza dalle energia russa”, ha sottolineato von der Leyen.

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Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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