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Violenza sessuale e rapina, le accuse a Intrepido: l’uomo che entrava per un massaggio e poi legava e violentava la massaggiatrice

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Per due volte, il 21 agosto e il 13 settembre 2018, e’ entrato in casa di una donna cinese con la scusa di un massaggio pubblicizzato online e l’ha picchiata, legata, violentata e rapinata prima di 400 euro e poi di 140, la seconda volta sotto la minaccia di un coltello “usato per aprire i panini”, come ha poi raccontato l’uomo, di Trepuzzi (Lecce) ma residente a Noci e arrestato a Ostuni, confessando gli episodi al Gip di Brindisi. La vicenda è riportata dalla Gazzetta del Mezzogiorno. “Ho preso il coltello, ma per intimorirla, le ho detto di stare ferma altrimenti l’avrei ammazzata, ma non le avrei mai fatto del male”, ha sostenuto Salvatore Intrepido, che davanti al magistrato ha anche chiesto “scusa” giustificandosi, sostenendo che stava “attraversando un periodo particolare”. L’accusa e’ di violenza sessuale e rapina con le aggravanti dell’uso di un’arma, dell’aggressione in casa e dell’aver immobilizzato la persona violentata. Dopo la confessione la difesa ha pero’ chiesto almeno che la pena sia da scontare agli arresti domiciliari.

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Tentato omicidio a bottigliate, Cassazione annulla e rinvia

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La Cassazione ha annullato la condanna per tentato omicidio inflitta in primo e secondo grado a due dei quattro fratelli che per una banale lite condominiale, in un parco di edilizia popolare a Casoria, in provincia di Napoli, aggredirono, ferendola alla testa con una bottiglia, una donna di 61 anni, con problemi cardiaci.

Gli ermellini hanno rinviato la decisione su questo capo d’accusa contestato a Ciro e Valerio Uccello (difesi dagli avvocati Sergio Pisani e Giovanni Rendina) ad un’altra sezione della Corte di Appello di Napoli. I due fratelli che si sono visti annullare la condanna sono detenuti da quattro anni per tentato omicidio.

I quattro fratelli di 27, 29, 21 e 22 anni presidenti a Casoria vennero arrestati dai carabinieri per i reati di tentato omicidio, lesioni personali aggravate, violazione di domicilio e danneggiamento. I quattro, tra l’altro, avevano occupato insieme ai genitori un alloggio di edilizia popolare in via Giovanni Pascoli ad Arpino, frazione del Comune di Casoria, ma per questo capo d’accusa sono stati assolti. Confemata invece la decisione per lesioni e danneggiamento.

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Conto alla rovescia per il recupero del Bayesian

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L’Hebo lift 2, uno delle due navi gru olandesi che partecipa alle operazioni di recupero del veliero Bayesian, è ferma a circa 600 metri dall’ingresso del porto di Porticello. Sulla banchina alcune transenne metalliche dovrebbero bloccare l’accesso alle persone nell’area dove stazionano anche le motovedette della capitaneria di porto. Il mare calmo e il sole sollevano una foschia che rende tutto grigio. Un tender fa la spola tra la grande imbarcazione e la terra portando scatoloni di rifiuti e approvvigionamenti. C’è attesa nel borgo marinaro di Porticello, frazione di Santa Flavia, per l’inizio del recupero del veliero di 56 metri colato a picco durante una tempesta la notte tra il 18 e il 19 agosto 2024, provocando la morte del magnate Mike Lynch della figlia Hannah, di Jonathan Bloomer, della moglie Judy, di Chris Morvillo e della moglie Neda, e di Thomas Recaldo.

Altre 15 persone sono sopravvissute. La prima operazione dei tecnici, della Hebo e della Smit international, sotto la supervisione della Tmc Marine (società di consulenza marittima della Gran Bretagna), sarà segare l’albero di 75 metri, il più alto al mondo, e riportarlo in superficie. Poi con l’arrivo della Hebo lift 10 (che per ora è a Termini Imerese), con la sua enorme gru, sarà portato in superficie lo scafo e trasportato nel porto di Termini Imerese. la cittadina dove ha sede la Procura che indaga sul naufragio. A Porticello si vedono qualche giornalista di tv straniere e un paio di fotografi, mentre le troupe televisive hanno affittato il tetto-terrazza di un ristorante per sistemare le proprie postazioni. Sul lungomare siedono invece i vecchi pescatori e il recupero del veliero è uno degli argomenti principali delle loro chiacchierate.

Per Nino, uno di loro, i tre indagati per naufragio colposo – il comandante James Cutfield, l’ufficiale di macchina Tim Parker Eaton e il marinaio inglese Matthew Griffiths – , non abbiano responsabilità: “L’altro veliero, il Sir Robert Baden Powell – dice – che era accanto al Bayesian ha resistito perché evidentemente l’equipaggio era sveglio e ha messo la prua contro le onde. Quelli del Bayesian non hanno fatto in tempo, erano posizionati di lato: il vento e le onde hanno fatto inclinare il veliero col suo lungo albero che ha imbarcato acqua ed è colato a picco. Non esistono barche inaffondabili”. C’è anche chi si prepara per il prossimo giro d’affari per portare in barca curiosi e i giornalisti ai margini dell’area off limits: a circa 650 metri dal punto di affondamento dello yatch a vela. La procura ha fissato una riunione operativa con tutte le parti interessate alle operazioni di recupero nella sede della Capitaneria di porto di Porticello, il prossimo 7 maggio. Un appuntamento che darà il via alle operazioni per riportare il Bayesian in superficie e dare modo ai consulenti dei pm di analizzare lo scafo e tentare di dare risposte alle tante domande dell’inchiesta.

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Ucciso a colpi pistola e bruciato, scomparso a aprile: inchiesta della Dda per l’efferato delitto di Francesco Diviesti

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L’indagine per omicidio aggravato dal metodo mafioso con cui la Dda sta cercando di far luce sulla scomparsa del 26enne Francesco Diviesti, di cui si sono perse le tracce a Barletta il 25 aprile, sono avallate da un nuovo elemento: sul corpo semicarbonizzato trovato lo scorso 29 aprile in un rudere delle campagne nel nord Barese, e che apparterrebbe al giovane parrucchiere scomparso, ci sono segni di colpi di pistola. Diversi bossoli riconducibili a due armi di calibro differente sono stati trovati vicino al cadavere. A quanto si apprende, la vittima sarebbe stata raggiunta da alcuni colpi di arma da fuoco prima che il suo corpo venisse dato alle fiamme. Ora si attende l’esito degli esami autoptici condotti da Sara Sablone, dell’istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari, per stabilire se l’uomo sia stato ucciso e poi bruciato o se le fiamme lo abbiano avvolto mentre era ancora vivo. E per accertare se quello ritrovato sia o meno il corpo del 26enne.

La sua famiglia spera che l’esame dia esito negativo e che Francesco, padre di un bambino di nove anni, possa tornare a casa. Anche se nei giorni scorsi i suoi genitori hanno riconosciuto un braccialetto e una collanina trovati sul cadavere, identici a quelli che indossava Francesco. Il 26enne, incensurato, la sera del 25 aprile è uscito di casa alle 20.30 e poi, verso mezzanotte, è entrato nel locale in cui lavorava con il padre, nel centro di Barletta, per posare il suo monopattino. Sono questi gli ultimi attimi in cui le telecamere di videosorveglianza lo hanno immortalato. Poi di lui non si è saputo più nulla.

Al momento sono indagate cinque persone di età compresa tra i 25 e i 57 anni. Si tratta di tre uomini di Barletta, di un uomo di Minervino (proprietario della villa non lontana dal rudere in cui è stato trovato il cadavere e finita sotto sequestro), e di un cittadino di nazionalità albanese. All’attenzione degli investigatori c’è anche una rissa in cui il 26enne sarebbe stato coinvolto poche ore prima si sparire, e alla quale avrebbero partecipato anche due dei barlettani indagati, già noti alle forze dell’ordine. La vicenda di Diviesti riporta alla mente quella del 24enne Michele Cilli, anche lui scomparso da Barletta, nel 2022: il suo corpo non è mai stato ritrovato.

Secondo le indagini quello di Cilli è un caso che rientra nel controllo dello spaccio di sostanze stupefacenti. E al momento non esiste alcun legame con la scomparsa del 26enne. La famiglia di Diviesti ha spiegato che i due, forse, erano solo “conoscenti”. Lo si evincerebbe anche da una foto in cui sono ritratti insieme, anni fa, in una pizzeria.

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