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Video shock della soldatessa rapita, ‘morta in un raid’

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Un momento di esitazione mentre pronuncia il nome dei suoi genitori davanti alla telecamera, poi prosegue a leggere il testo: “Mi trovo a Gaza, tutta Gaza è bombardata, sono qui già da quattro giorni e ci sono altri ostaggi. Potremmo morire a causa dei missili, per favore fermatevi. Le esplosioni sono vicine a noi”. L’11 ottobre probabilmente Noa, soldatessa israeliana di 19 anni rapita da Hamas trentanove giorni fa, era consapevole di scandire la sua stessa condanna a morte. E infatti nel video al volto smarrito con la bandiera delle brigate di al-Qassam alle spalle seguono le immagini del suo cadavere disteso su un telo insanguinato. Hamas ha sostenuto che la giovane soldatessa è stata uccisa in un attacco aereo giovedì scorso ma l’esercito israeliano, che ne ha confermato la morte, ha aperto un’indagine sulle cause, definendo filmati come questo “forme inumane di terrorismo psicologico”. Anche stavolta peraltro il video non è stato trasmesso dai media del Paese. Noa Marciano, vedetta dell’esercito in una base vicino al kibbutz Nahal Oz, è stata ripresa dai terroristi durante la prigionia quattro giorni dopo essere stata portata via il 7 ottobre: un filmato girato poche ore prima del suo compleanno, il 12 di quello stesso mese.

Era di Modin, una città a 35 chilometri a sud di Tel Aviv, e prestava servizio nel corpo di raccolta di informazioni di combattimento del 414/o reggimento. Da oltre un mese il suo viso, che in tanti ricordavano senza neppure conoscerla, era presente ovunque per le strade di Israele, sui manifesti, assieme a quelli degli altri ostaggi: una ragazza con gli occhialoni rotondi, che svela il suo apparecchio dentale in un grosso sorriso. Nel filmato, invece, ci sono le ultime immagini di lei con i capelli raccolti e un vestito verde, probabilmente ciò che indossava il giorno del suo rapimento. Non è il primo filmato girato dai terroristi in questa nuova guerra. Pochi giorni fa la Jihad islamica aveva diffuso il video di altri due ostaggi che chiedevano al governo israeliano di fermare i bombardamenti su Gaza, con un messaggio letto dai rapiti in cui si addossava la responsabilità di quanto sta accadendo al premier Benyamin Netanyahu. Nelle clip comparivano Hanna Katzir, di settantasette anni, sulla sedia a rotelle, e Yagil Yaacov, di tredici, entrambi rapiti nel kibbutz di Nir Oz durante lo stesso attacco e trascinati a Gaza. Per Yaacov, che soffre di un’allergia alle arachidi potenzialmente letale, erano stati lanciati diversi appelli affinché venisse visitato urgentemente da rappresentanti della Croce Rossa per la somministrazione di epinefrina iniettabile.

Ma al momento, nonostante gli annunci dei miliziani, il rilascio per “ragioni umanitarie e mediche” non è ancora avvenuto. In queste ore, invece, è arrivato il messaggio della giovane soldatessa Noa che non lascia speranze: l’esercito ne ha verificato il decesso “sulla base di informazioni di intelligence”. Sua madre, Adi, le aveva parlato per l’ultima volta poco prima che venisse rapita: “Mi aveva detto che si trovava in un luogo protetto e che c’era stata un’infiltrazione. Poi aveva dovuto riagganciare. Non avevo sentito spari o urla. Mezz’ora dopo le avevo mandato un messaggio, ma lei non ha più risposto”, aveva raccontato in un’intervista. In uno dei suoi ultimi appelli lanciati all’inizio di novembre diceva: “Potrebbe essere senza occhiali. Temo che potrebbero farle del male. Ha solo diciannove anni, cos’è successo? Come madre, sento che è viva ma chiede aiuto”. Oggi gli agenti dell’Idf, che hanno raggiunto la famiglia di Noa, hanno comunicato ufficialmente la morte.

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Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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