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Cronache

Vice brigadiere ucciso, la difesa di Elder: “vogliamo risposte”

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“Troppe lacune, vogliamo le risposte”. I consulenti americani della difesa di Finnegan Lee Elder, il giovane californiano accusato di aver accoltellato il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega sollevano dubbi sulle indagini e invocano chiarezza sui puzzle mancanti nella vicenda dell’omicidio del carabiniere a Roma. A scendere in campo sul caso, in queste ore, e’ anche il team legale della famiglia, giunto nella Capitale in questi giorni dalla California, che suggerisce le sue perplessita’ ai legali del ragazzo, il quale nei giorni scorsi, dopo avere confessato, aveva scelo’to il silenzio davanti al gip.

Mario Rega Cerciello. Il vicebrigadiere ucciso che vede indagati i due americani

Per Craig Peters, consulente di Ethan Elder, padre di Finnegan – che ha rilasciato un’intervista alla testata americana ABC7 News – non sono state ancora date “risposte ad alcune domande che purtroppo riteniamo non vengano poste in questo momento su questa indagine”. In queste ore gli avvocati stanno mettendo a punto la strategia difensiva puntando sugli elementi che ancora non emergono o – viene spiegato – non sono ancora stati messi a disposizione. “In mancanza di una reiterazione della confessione di Finnegan di fronte al Gip, e’ azzardato dare per scontata la sua piena colpevolezza”, spiega il team legale, che parla di esiti “troppo frammentari” in merito ai risultati dell’autopsia sul corpo di Cerciello. Cio’ che lascia anche perplessi i legali statunitensi e’ anche la mancanza delle immagini dell’accoltellamento sul luogo dell’omicidio del vicebrigadiere, che impedirebbe di fornire al momento un’esatta dinamica su quanto e’ accaduto: “Elder e Hjorth sono stati ripresi da diversi video di sorveglianza in strada, ma la telecamera sul luogo dell’omicidio (in via Pietro Cossa, nel quartiere Prati – ndr) non funzionava”, spiegano. Lo stesso Peters si dice “convinto a questo punto che ci siano buone possibilita’ che chi indaga non sappia cosa e’ successo”.

E sulla foto circolata nelle ultime ore, dove si vede Finnegan in un locale con un coltello in stile marine, simile a quello utilizzato per l’omicidio, Peters commenta specificando che le foto sono state scattate a San Francisco prima del viaggio del giovane in Italia: “Il ragazzo aveva un coltello. Almeno a San Francisco certamente, in America, non e’ una cosa super sorprendente. La gente lo porta per protezione” e “questo non ci aiuta davvero a capire cosa e’ successo” a Roma, ha aggiunto Peters, che in questi giorni si e’ intrattenuto per molto tempo nell’ambasciata statunitense assieme al padre di Finnegan Elder, suo amico. I genitori del giovane – ha aggiunto – “hanno trascorso qui a Roma la luna di miele ed hanno un grande amore per l’Italia. Si sentono devastati su quanto sia ora accaduto qui”.

Ethan Elder e’ tornato per la seconda volta a Regina Coeli, dove ha avuto un secondo colloquio con il figlio in carcere a distanza di un giorno, cosi’ come il papa’ del secondo giovane californiano coinvolto, Christian Gabriel Natale Hjorthl, protagonista della foto che lo ritrae bendato nella caserma dei carabinieri dopo l’arresto, un’immagine che e’ arrivata oltreoceano. Christian Gabriel nei giorni scorsi aveva gia’ spiegato al padre di “non sapere” che il suo amico avesse con se’ un coltello, quell’arma in stile marines portata dagli Usa con la quale Finnegan ha ucciso Cerciello sferrando 11 fendenti. Prosegue nel silenzio, invece, il dolore dei familiari del vicebrigadiere, che nelle ultime ore sono stati ricevuti al Quirinale dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, accompagnati dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Nistri. L’amministrazione comunale di Somma Vesuviana (Napoli), citta’ dove era nato Cerciello, si e’ detta pronta ad intitolare una strada al carabiniere.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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La Chiesa alla ricerca di un pacificatore: si apre il pre-Conclave

Nel pre-Conclave dopo la morte di Papa Francesco, i cardinali cercano un candidato pacificatore per superare le divisioni interne. Il nuovo Papa dovrà unire e guidare una Chiesa divisa.

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C’è un cartello immaginario, ma chiarissimo, all’ingresso delle Congregazioni pre-Conclave e della Cappella Sistina: «Cercasi un pacificatore». Dopo la grande partecipazione popolare ai funerali di Papa Francesco, la Chiesa si ritrova ora a dover voltare pagina, raccogliendo l’eredità di Jorge Mario Bergoglio e affrontando divisioni dottrinali e geopolitiche mai sopite.

Il bisogno di superare le contrapposizioni

Tra le fila dei cardinali c’è consapevolezza che riproporre schemi vecchi, come il conflitto tra “bergogliani” e “ratzingeriani”, sarebbe miope. Il nuovo Conclave si svolgerà in un contesto mondiale mutato, segnato dalle tensioni internazionali e dalla crisi dello schema pacifista di Francesco dopo la guerra in Ucraina. Il rischio è che ogni divisione interna colpisca ora direttamente il Collegio cardinalizio, senza più la figura del Papa a fungere da parafulmine.

Verso un candidato di compromesso

I 133 cardinali chiamati al voto, riuniti nelle Congregazioni generali, sembrano ormai consapevoli che difficilmente emergerà un candidato “forte” espressione di una sola corrente. Per evitare uno scontro estenuante, sarà necessario convergere su una figura di equilibrio, capace di pacificare e non di dividere ulteriormente. Anche la vicenda del cardinale Giovanni Angelo Becciu, condannato in primo grado ma il cui diritto al voto non è ancora chiarito, rappresenta un’ulteriore incognita.

L’immagine simbolo della riconciliazione

Emblematica è stata ieri, dentro la Basilica di San Pietro, l’immagine di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno parlato seduti uno di fronte all’altro. Un gesto di distensione tra due protagonisti di scontri aspri. Segno che, forse, anche nella Chiesa si può sperare in un Conclave capace di indicare al mondo una strada di unità e di riconciliazione. Papa Francesco, tanto amato quanto criticato, con la sua morte sembra aver lasciato non solo un’eredità da gestire, ma anche una lezione di pace.

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Napoli omaggia Papa Francesco: murale, statua e una piazza a suo nome

Napoli rende omaggio a Papa Francesco con un murale a Largo Maradona, una statua dello scultore Domenico Sepe e la proposta di intitolare uno slargo a Capodimonte. Un legame profondo tra il Papa argentino e la città partenopea.

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Da Sud a Sud. Napoli si mobilita per onorare la memoria di Papa Francesco, il “Papa del Sud del mondo”, con una serie di iniziative che uniscono istituzioni, artisti e cittadini in un abbraccio simbolico alla figura del pontefice argentino. Una celebrazione che sottolinea il legame speciale tra la città partenopea e il Papa venuto dalla fine del mondo.

Il murale a Largo Maradona: Francesco e Maradona uniti in un abbraccio

Nel cuore dei Quartieri Spagnoli, a Largo Maradona, sta per nascere un murale che ritrae Papa Francesco e Diego Armando Maradona abbracciati, ispirato a una celebre fotografia. L’iniziativa è promossa da La Bodega de Dios, associazione che cura il sito simbolo del culto popolare dedicato al Pibe de Oro.
A realizzare l’opera sarà lo street artist argentino Juan Pablo Gimenez, già autore di numerosi ritratti di Diego. «Sarà un omaggio al Papa argentino nella città di Maradona – racconta Gimenez –. Conto di completarlo entro due settimane». Un segno tangibile dell’unione tra il sacro e il profano, tra la fede e la passione popolare che animano Napoli.

Una statua in bronzo per raccontare la speranza

Anche l’arte scultorea si mobilita. L’artista Domenico Sepe sta lavorando a una statua a grandezza naturale dedicata a Papa Francesco. «Sarà un’opera in bronzo che racconterà il tema della speranza – spiega Sepe –. Mi piacerebbe che fosse ospitata nel Duomo di Napoli o in un’altra chiesa cittadina». La scultura, nata da un’idea personale dell’artista, sarà completata subito dopo l’estate e rappresenterà un ulteriore ponte tra Napoli e il suo Papa.

In consiglio comunale la proposta di intitolare uno slargo

Anche il Consiglio comunale di Napoli si muove per rendere omaggio a Bergoglio. È pronta infatti una proposta per intitolare a Papa Francesco lo slargo davanti alla Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte, nota anche come la “piccola San Pietro” per la sua somiglianza con la basilica vaticana.
Il documento, firmato dal consigliere Gennaro Demetrio Paipais del gruppo “Manfredi sindaco”, impegna il sindaco e la giunta ad avviare subito l’iter per la deroga alla norma che richiederebbe dieci anni dalla scomparsa per un’intitolazione. «Il rapporto tra Papa Francesco e Napoli è stato profondo e ricco di significati», si legge nella proposta, che potrebbe essere votata già nelle prossime ore con il consenso unanime dell’assemblea.

Un legame profondo tra Napoli e Papa Francesco

Le due visite pastorali di Francesco a Napoli hanno lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva, soprattutto tra i più fragili. Ora, in una città dove il sacro e il popolare si intrecciano senza confini, l’omaggio al Papa argentino assume un significato ancora più intenso, rendendo visibile la gratitudine di Napoli a chi ha incarnato la speranza dei popoli del Sud.

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