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Cronache

Venti forti e mare agitato, allerta maltempo fino al 25 luglio lungo le coste della Campania

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La Protezione Civile della Regione Campania ha emanato un avviso di allerta meteo per vento forte e mare agitato sull’intero territorio regionale. Si prevedono infatti a partire dalle 20 di oggi 25 luglio fino alle 20 di domani 26 luglio, venti localmente forti dai quadranti occidentali. Mare localmente agitato, soprattutto lungo le coste esposte ai venti.
Il settore costiero è quello maggiormente esposto al fenomeni: prestare attenzione a ombrelloni,  gazebo e strutture temporanee.
Si raccomanda ai Sindaci e alle autorità competenti di attivare sui rispettivi territori tutte le misure atte a prevenire, mitigare e contrastare i fenomeni attesi:  massima prudenza per le imbarcazioni e le persone presenti, anche nelle ore notturne, nelle zone portuali e nei litorali esposti ad ovest.
Si richiama inoltre l’attenzione sul rischio propagazione incendi dovuto al forte vento che può rappresentare una concausa di diffusione. Si segnala in particolare un forte rischio incendi nelle zone costiere impervie.
Analoghi fenomeni potrebbero verificarsi nelle pinete esposte ad ovest e vicino al mare.
Si raccomanda dunque di monitorare la corretta tenuta del verde pubblico e delle strutture (anche temporanee o mobili) esposte alle sollecitazioni dei venti e del moto ondoso (incluse le attrezzature per la balneazione, le impalcature, la cartellonistica stradale, impianti etc…) ma anche di monitorare il territorio per la prevenzione del rischio incendi.

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La casa di Maria, l’ultima dimora di Francesco

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Dagli onori e dai potenti della Basilica di San Pietro al tributo più intimo nella casa mariana sull’Esquilino, quella Santa Maria Maggiore (foto Imagoeconomica) dove Francesco veniva a ringraziare e omaggiare la Vergine nell’Icona della Salus populi romani ogni volta che rientrava da un viaggio, da una missione, e dove era venuto già, nella sorpresa generale, all’indomani dell’elezione. Qui si compie il cammino terreno di Bergoglio, tra i suoi amici più umili, poveri, trans, migranti, e le rose bianche di Santa Teresina, il fiore che lui amava. A Santa Maria Maggiore, fondata nel V secolo, tappa persino di una celebrazione del fondatore stesso della Compagnia di Gesù, Sant’Ignazio di Loyola, Francesco sarà in compagnia di sette altri Papi. Il primo Papa sepolto nella basilica dell’Esquilino fu il francescano Niccolò IV.

Altro sepolcro noto è quello del primo Papa dominicano, Pio V e ora la basilica ospiterà anche la tomba del primo Papa gesuita. Nel momento in cui la bara ha fatto il suo ingresso in processione nella navata centrale, le telecamere esterne si sono spente. Solo successivamente è stato diffuso un breve video che dà prova degli ultimi riti legati alla sepoltura. L’aspersione del sepolcro, l’impressione dei sigilli, la deposizione nel sepolcro. Rito che si è svolto secondo le prescrizioni dell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, presieduto dal cardinale camerlengo, Kevin Pharrell, a cui hanno preso parte anche altri porporati, come lo stesso arciprete coadiutore della basilica, il cardinale lituano, Rolandas Makrickas, proprio l’uomo cui Francesco si è affidato per tutto quanto ha riguardato la realizzazione del sepolcro che si staglia tra la Cappella paolina, ‘casa’ della Salus, e la Cappella Sforza, in una nicchia accessibile anche dal lato sinistro della navata.

Erano presenti alla tumulazione anche altri cardinali come il Decano del Collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re e i cardinali più alti nell’ordine dei cardinali vescovi, come Pietro Parolin. C’erano poi vescovi, canonici e penitenzieri previsti nella Notificazione dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche e dei familiari del Papa defunto. A suggellare la solennità del tutto anche un drappello di Guardie svizzere. Ora la sua bara dimora nella nuda “terra” come aveva richiesto, coperta da una lapide di pietra ligure, terra di alcuni suoi avi. L’iscrizione è estremamente semplice, Franciscus, in latino. In alto, in bassorilievo, una riproduzione in pietra della sua croce pettorale proprio quella con cui si distinse immediatamente, non appena si mostrò al mondo dal Loggione di San Pietro in seguito all’elezione. Non una croce d’oro, come quella di tanti confratelli, che aveva rifiutato al momento di indossare la veste bianca da Papa. Ma una croce di ferro, quella che già aveva da vescovo, uno dei primissimi simboli da cui il popolo dei fedeli intuì che grandi cambiamenti erano in arrivo.

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Cronache

I ragazzi di Francesco, per lui la piazza più giovane

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Le facce pulite, segnate dalle poche ore di sonno, lo zaino in spalla, usato spesso come sgabello, jeans d’ordinanza, entusiasti, partecipi e soprattutto con le idee chiare. Sono i ragazzi di Francesco, quelli che avevano programmato il viaggio a Roma per incontrare il Papa in occasione del Giubileo degli Adolescenti e si sono ritrovati in piazza a piangerlo. Erano in tanti in piazza San Pietro ed ancora di più in via della Conciliazione, che quasi per intero hanno pacificamente ‘occupato’. Chiedono con forza la pace, sognano un mondo dove nessuno venga escluso, dove la terra e l’aria vengano rispettate, coltivano la speranza di un futuro migliore e anche quella che dopo Francesco ci sia un Papa che segua le sue orme e non abbandoni la strada da lui tracciata. Sono arrivati da tanti Paesi – Argentina, Brasile, Usa, Germania, Francia, Albania, Romania, Polonia Perù, Sud Africa, Timor Est solo per citarne alcuni – e da ogni angolo dell’Italia, da nord a sud isole comprese.

La maggior parte di loro in gruppi organizzati (Comunione Liberazione, parrocchie, scout, associazioni), altri, gli italiani e i romani, accompagnati dai genitori. Hanno preso posto all’alba, qualche gruppo ha preferito non dormire e rimanere per tutta la notte in zona. Nell’attesa dell’avvio della cerimonia funebre hanno giocato a carte, tirato fuori dalla carta argentata sfilatini a doppio strato, altri si sono sdraiati sul marciapiede di via della Conciliazione per riposare. Ma quando è iniziata la celebrazione della messa, anche se in tanti erano lontanissimi dal feretro e costretti ad assieparsi vicino ai maxischermi, hanno seguito il rito con attenzione, c’è chi ha recitato il Padre Nostro con le mani rivolte al cielo e chi si è inginocchiato a terra durante la comunione. Ma tutto con grande semplicità senza ostentazione e in silenzio. Con la stessa semplicità con un cui un volontario degli Alpini per tre ore, con gentilezza e un sorriso, ha ripetuto a chi camminava: ‘Attenzione c’è un gradino’. Nelle prime file in piazza San Pietro c’erano i giovani più vicini al Pontefice quelli di Scholas, il progetto educativo fondato da Papa Francesco nel 2001. “Adios padre, maestro y poeta”, addio Padre, maestro e poeta hanno scritto su un grande striscione. Ma sono decine le testimonianze di fede, ammirazione e rispetto di questi ragazzi.

Per Antonino, 16 anni, arrivato da Marsala “Papa Francesco è stato una guida per raggiungere la pace”. Secondo Giorgio 20 anni, scout di Pescara: “La grande cosa che ha fatto Papa Francesco è affrontato problematiche che non venivano sfiorate dalla Chiesa, di averla rinnovata, resa ‘mainstream’ e più vicina a noi giovani. Se pensiamo alle benedizioni per le coppie divorziate e per le coppie gay”. Gli fa eco Nicol, romana di 20 anni: “La storia si cambia a pezzettini e lui l’ha cambiata. E’ stato molto coraggioso sulla Palestina”. In piazza anche ragazzi che hanno scelto “di essere parte di un momento storico” e non per fede. Ma sembravano essere una minoranza insieme a famiglie con i figli piccoli, adulti e anziani. In piazza San Pietro c’era la signora Carmela, fu lei a portare un mazzo di fiori gialli al Gemelli e ad essere saluta dal Papa dal balconcino del Policlinico. Per Gianni, anche lui ventenne, Papa Francesco “è stato unico: ha capito che la Chiesa aveva bisogno di riconnettersi con i fedeli”. Si è ravvicinato alla fede Nacho, uno studente di Buenos Aires, proprio grazie a Papa Francesco. Alla fine tutti hanno tributato un lunghissimo applauso a quella bara lasciava che lasciava la piazza. Sono riapparsi i cartelli con “Grazie Francesco”, chi lo ha gridato e chi lo ha salutato con la mano. Così, semplicemente, come si fa con un amico.

(la foto in evidenza è di Imagoeconomica)

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“Ponti e non muri”, omelia ricorda il Papa della pace

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Gli applausi dei 250 mila che assistono alla messa delle esequie di papa Francesco in Piazza San Pietro punteggiano più volte l’omelia del cardinale Giovanni Battista Re. Ma scrosciano con ancora più forza e insistenza quando il decano del Sacro Collegio, in uno dei passi significativi, ricorda davanti ai grandi della terra l’impegno del Pontefice per la pace: “Di fronte all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni, Papa Francesco ha incessantemente elevato la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra – diceva – è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole”.

“La guerra lascia sempre, è una sua espressione, il mondo peggiore di come era precedentemente: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”, prosegue Re aggiungendo: “‘Costruire ponti e non muri’ è un’esortazione che egli ha più volte ripetuto e il servizio di fede come successore dell’apostolo Pietro è stato sempre congiunto al servizio dell’uomo in tutte le sue dimensioni”. Il novantunenne porporato bresciano, che nel sovraintendere da cardinale decano a questa sede vacante sta confermando la sua tempra di ferro, rievoca nell’omelia i tanti aspetti e contenuti del pontificato di Francesco. “Il plebiscito di manifestazioni di affetto e di partecipazione che abbiamo visto in questi giorni dopo il suo passaggio da questa terra all’eternità, ci dice quanto l’intenso pontificato di Papa Francesco abbia toccato le menti ed i cuori”. E “nonostante la sua finale fragilità e sofferenza, ha scelto di percorrere questa via di donazione fino all’ultimo giorno della sua vita terrena”.

Secondo Re, quando l’ex cardinale di Buenos Aires fu eletto Papa, “la decisione di prendere il nome Francesco apparve subito come la scelta di un programma e di uno stile su cui egli voleva impostare il suo Pontificato, cercando di ispirarsi allo spirito di San Francesco d’Assisi”. E “diede subito l’impronta della sua forte personalità nel governo della Chiesa”, “con spiccata attenzione alle persone in difficoltà, spendendosi senza misura, in particolare per gli ultimi della terra, gli emarginati”. Per il cardinale decano, Francesco “ha realmente condiviso le ansie, le sofferenze e le speranze del nostro tempo della globalizzazione, e si è donato nel confortare e incoraggiare con un messaggio capace di raggiungere il cuore delle persone in modo diretto e immediato”.

La “guida del suo pontificato” è stato “il primato dell’evangelizzazione”. E “filo conduttore della sua missione è stata anche la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte”: quella Chiesa “ospedale da campo” “capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite”. Ecco quindi “i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi”, come pure “l’insistenza nell’operare a favore dei poveri”. Tra i momenti-chiave dei 47 viaggi apostolici, il cardinale Re ricorda le tappe a Lampedusa, a Lesbo, la messa al confine tra Messico e Stati Uniti, l’ultimo viaggio in Asia e Oceania, verso “la periferia più periferica del mondo”. “Il tema della fraternità ha attraversato tutto il suo pontificato con toni vibranti”, ricorda ancora Re citando l’enciclica Fratelli tutti e il documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune” firmato nel 2019 ad Abu Dhabi col grande imam di Al-Azhar, “richiamando la comune paternità di Dio”.

La conclusione è poi di quelle che strappano la commozione: “Papa Francesco soleva concludere i suoi discorsi ed i suoi incontri personali dicendo: ‘Non dimenticatevi di pregare per me’. Ora, caro Papa Francesco, chiediamo a te di pregare per noi e ti chiediamo che dal cielo tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero”: proprio “come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa Basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza”. E sono ancora applausi della folla, emozionati e sinceri.

(la foto in evidenza è di Imagoeconomica)

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