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Economia

Unicredit, il cda del semestre e l’incognita ops su Bpm

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Unicredit si prepara ad alzare il velo sui conti del semestre mentre è ai titoli di coda l’offerta pubblica di scambio su Banco Bpm. Un’offerta che tra ‘stop & go’, ricorsi al Tar, e distanze tra Bruxelles e l’Italia sul golden power non è mai partita veramente. Il risultato che le adesioni sono pari ad un marginale 0,49%, con il termine fissato per mercoledì.

La lente è sul cda delle prossime ore chiamato soprattutto a sciogliere i nodi sull’ops. L’ipotesi che circola con più insistenza è che chiusa l’operazione senza aver raggiunto gli obiettivi, Unicredit ripresenti in tempi stretti una nuova offerta. Gli analisti di Mediobanca Research ribadiscono che il gruppo di Piazza Gae Aulenti avrebbe bisogno “di due mesi per consentire ai processi in corso, tra Tar e Commissione Ue sulla legittimità del golden power, di arrivare ad una conclusione”, limitando al stesso tempo i margini a “disposizione del Credit Agricole per costruire una partecipazione in Banco Bpm sopra il 20%”.

Con una nuova offerta, però, ripartirebbe tutto l’iter autorizzativo. Un lasso di tempo sufficiente per la Banque Verte, unico ‘salvavita’ per Piazza Meda, per ottenere l’ok della Bce a consolidare la propria posizione creando così una quota “di blocco”. Si tratta di uno “scenario che non è ideale”, scrivono gli analisti, ma lascia comunque lo spazio “a fare chiarezza sul golden power”. Se sull’ops restano le incognite, i 15 broker che seguono il titolo stimano, invece, ancora risultati di livello con un utile nel secondo trimestre sopra i 2,5 miliardi dopo i 2,8 del primo trimestre.

Mentre sull’anno l’indicazione è di 9,7 miliardi, sopra i 9,3 miliardi previsti dal gruppo che, comunque, potrebbe migliorare la guidance. A spostare l’asticella la volatilità del contesto macro ma anche le partite in cui Unicredit è impegnata. Oltre che sul Banco, Unicredit deve fare i conti con il muro eretto dalla Germania per il 20% (che può diventare 29%) detenuto in Commerzbank.

C’è, invece, un clima disteso in Grecia, dove la banca di Orcel sta crescendo in Alpha Bank con rapporti ottimali con il governo e le istituzioni locali. Certo è che, sebbene in alcuni casi più complicato, il consolidamento in atto “rimodellerà” il settore bancario italiano con istituti – scrive S&P nel suo ultimo report – “probabilmente più forti”. Lo sa bene Mps che rimessasi in sesto, punta Mediobanca mentre l’a.d di Siena, Luigi Lovaglio, dopo Londra, è a New York per convincere gli investitori ad aderire all’ops su Piazzetta Cuccia. Mentre Bper sale al 63,8% della Popolare di Sondrio nel primo giorno della riapertura dell’offerta che si chiude venerdì.

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Polonia, scoperto grande giacimento petrolio nel Baltico

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La società Central european petroleum (Cep) ha annunciato la scoperta del più grande giacimento di petrolio convenzionale mai individuato in Polonia. Il giacimento è situato sotto il Mar Baltico, a circa sei chilometri dalla costa di Świnoujście, nei pressi dell’isola di Wolin, nel nord-ovest della Polonia. Lo riporta Euronews. Secondo le stime fornite dalla Cep, il giacimento “Wolin East” conterrebbe fino a 22 milioni di tonnellate di petrolio, oltre a cinque miliardi di metri cubi di gas naturale. Secondo l’azineda, si tratta non solo del più grande giacimento convenzionale mai trovato in Polonia, ma anche di uno dei più rilevanti scoperti in Europa nell’ultimo decennio.

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Economia

Stellantis in crisi: crollano ricavi e produzione, pesano dazi e addio all’idrogeno

Stellantis chiude il semestre in rosso con 2,3 miliardi di perdita. A picco vendite, Maserati in crisi, tagli alla produzione e stabilimenti quasi fermi in Italia.

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Il primo semestre 2025 è stato drammatico per Stellantis. Il gruppo ha registrato una perdita netta di 2,3 miliardi di euro, a fronte di un utile di 6,5 miliardi nello stesso periodo del 2024. I ricavi sono scesi del 12%, attestandosi a 74,3 miliardi, e le consegne globali di veicoli sono diminuite del 6%, fermandosi a 1,4 milioni di unità.

Il colpo più duro arriva dal Nord America, da sempre motore dei profitti del gruppo, dove le vendite sono crollate del 25%, con una perdita di circa 109 mila unità.

Trump, mini-dollaro e addio all’idrogeno pesano sul bilancio

A pesare sui conti ci sono soprattutto i nuovi dazi imposti da Donald Trump: il 25% sulle importazioni di auto e componenti ha comportato un aggravio di 300 milioni di euro già nel primo semestre, cifra destinata a raddoppiare nella seconda metà dell’anno. Inoltre, la svalutazione del dollaro e della lira turca è costata a Stellantis quasi un miliardo.

Il gruppo ha anche deciso di abbandonare lo sviluppo dei motori a idrogeno, registrando una perdita di 700 milioni, mentre altri 200 milioni sono stati spesi per far fronte al caso degli airbag Takata.

Maserati in caduta libera, commerciali in sofferenza

La crisi ha colpito anche Maserati, con un calo delle consegne del 22% nel secondo trimestre (dopo il -48% del primo). La svalutazione delle piattaforme su cui si basano alcuni modelli ha inciso pesantemente, così come il rallentamento delle vendite dei veicoli commerciali, da sempre una delle aree più redditizie.

Italia in sofferenza: Mirafiori, Melfi e Modena quasi fermi

Nel primo semestre 2025, Stellantis ha prodotto in Italia poco più di 220 mila veicoli, in calo di oltre il 27% rispetto allo stesso periodo del 2024. A Modena, dallo stabilimento sono uscite solo 45 Maserati, contro le 160 dell’anno scorso. Lo stabilimento ha lavorato appena undici giorni, tenuto in vita da contratti di solidarietà.

Mirafiori, con i suoi tre milioni di metri cubi, ha prodotto 15 mila veicoli (-22%), mentre a Melfi, lo stabilimento strategico voluto da Marchionne, si attende la realizzazione di sette nuovi modelli nei prossimi anni. L’unica eccezione positiva resta Pomigliano d’Arco, che continua a produrre Fiat Panda, Alfa Romeo Tonale e il Dodge Hornet.

Verso una nuova era con Antonio Filosa

La pubblicazione anticipata dei risultati, prevista inizialmente per il 29 luglio, ha l’obiettivo di «colmare la differenza tra le previsioni degli analisti e la performance effettiva». In quella data il nuovo CEO Antonio Filosa presenterà il piano industriale e le previsioni annuali. «C’è ancora molto da fare», ha ammesso il CFO Doug Ostermann, che però si dice fiducioso per un miglioramento nel secondo semestre.

In Borsa, il titolo ha chiuso in rialzo dell’1,5%, nonostante l’apertura in rosso. Ma la fotografia che resta è quella di un colosso in difficoltà, alla ricerca di una nuova rotta.

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La Consulta estende il congedo obbligatorio anche alla madre intenzionale nelle coppie lesbiche

Storica sentenza della Corte costituzionale: il congedo di paternità obbligatorio spetta anche alla seconda mamma nelle coppie omogenitoriali.

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Il congedo obbligatorio di dieci giorni previsto alla nascita di un figlio non sarà più solo “di paternità”. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 115 del 2024, ha dichiarato illegittimo l’articolo 27-bis del decreto legislativo 151/2001 nella parte in cui riconosce il diritto esclusivamente al padre.

Riconosciuta la parità nelle coppie di madri

La decisione estende il congedo retribuito del 100% anche alla madre intenzionale, ovvero la seconda mamma nelle coppie lesbiche. Da ora in poi Inps e datori di lavoro non potranno più negare questo diritto, che viene così equiparato a quello delle coppie eterosessuali.

La sentenza è il frutto di un ricorso collettivo promosso da Rete Lenford – Avvocatura per i diritti Lgbt+, sostenuto dalla Cgil e patrocinato dall’avvocato Alberto Guariso. La Corte d’appello di Brescia aveva sollevato la questione dopo una prima sentenza favorevole emessa dal Tribunale di Bergamo.

L’Inps dovrà aggiornare i propri sistemi

L’Inps sarà costretta a rivedere il portale per le richieste di congedi parentali, che fino ad oggi impediva a due genitori dello stesso sesso di presentare correttamente domanda. L’infrastruttura informatica dovrà riconoscere anche le madri intenzionali, evitando che l’iter si blocchi al momento dell’inserimento del codice fiscale.

La Consulta: genitorialità non legata all’orientamento sessuale

Nella motivazione, i giudici costituzionali evidenziano che le madri condividono un progetto di genitorialità come qualsiasi coppia eterosessuale. L’orientamento sessuale non incide sulla capacità genitoriale, e la madre intenzionale è pienamente coinvolta nell’impegno di cura verso il figlio.

Viene inoltre stabilito che nelle coppie omogenitoriali femminili esiste una figura equiparabile a quella paterna, che condivide diritti e doveri.

Le reazioni politiche

Immediata la reazione della politica. Fratelli d’Italia critica la decisione: «La Corte costituzionale ancora una volta va contro la scienza e la biologia», ha dichiarato Maddalena Morgante, responsabile Famiglia.

Pro Vita & Famiglia parla invece di «follie gender».

Esulta l’opposizione. Alessandro Zan (Pd) applaude: «È un riconoscimento dei diritti fondamentali delle famiglie omogenitoriali». Per Alessandra Maiorino (M5S): «Si smonta finalmente l’ipocrisia di un modello unico di famiglia».

Una sentenza destinata a fare storia.

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