Si alza ogni giorno di più il muro tra politica e magistratura. Dopo le critiche mosse dalla maggioranza, prima contro il Tribunale di Roma che convalida il trasferimento dei migranti in Albania, poi contro i magistrati bolognesi che chiedono lumi in Europa sui Paesi considerati sicuri per gli eventuali rimpatri, è ora l’Anm a far sentire la propria voce. E a parlare di “continui attacchi” anche “personali” nei confronti di tutte le toghe che “non assecondano la volontà del governo”. Una protesta che viene bollata come “il solito comizio” dalla Lega che invita i Pm ad andare “a lavorare”. Mentre il Pd concorda: “Ormai siamo all’intimidazione quotidiana”, così “si delegittima” l’ordine giudiziario. La Giunta esecutiva centrale dell’Associazione Nazionale dei Magistrati (Nella foto in evidenza Giuseppe Santalucia, presidente ANM) si riunisce per fare il punto della situazione e in una nota osserva: “Si respira un’aria pesante”. Quindi, alza il tiro parlando di “ferite” inferte alle “istituzioni” e di un centrodestra che non accetta “l’autonomia e l’indipendenza” dei magistrati e che “non tollera che i giudici si esprimano senza assecondarli”.
Ma le toghe puntano il dito anche contro i giornali di destra che “rastrellano informazioni” per colpire chi è considerato “di parte e ostile”. Quello che se non si allinea viene considerato una “toga rossa”, come denuncia anche il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia che lunedì sarà a Bologna “per una assemblea straordinaria che testimonia il clima di inquietudine” creato da “questo modo di fare della politica” che “priva di serenità il lavoro dei magistrati”. Ed è proprio Santalucia a criticare il modo “fazioso e antitaliano” usato dal ministro Matteo Salvini “per rappresentare la magistratura”, osservando come il compito dei giudici non sia quello di “completare il lavoro del Governo”, ma di “far rispettare i diritti delle persone”. A lui ribatte Maurizio Gasparri (FI) invitando il Csm, “al quale si appellano” gli “amici di Santalucia” che “boicottano il Parlamento”, a “cacciarli via dall’ordine giudiziario”. Ma non sono solo gli “attacchi”, anche “mediatici”, a preoccupare le toghe. Il ‘j’accuse’ riguarda anche “le riforme peggiorative” della Costituzione “il cui percorso parlamentare non a caso viene ora accelerato” per “impaurire i magistrati”.
E tra queste riforme, oltre alla separazione delle carriere – che il Governo vorrebbe veder approvata entro dicembre almeno in un ramo del Parlamento – i giudici guardano con timore a quella che il governo vuole tirar fuori dal cassetto, come spiega il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto (Fi), “subito dopo la Manovra” e “l’approvazione di progetti di legge” caldi “come quelli che riguardano il tetto di 45 giorni alle intercettazioni, la modifica della prescrizione e la nuova disciplina per il sequestro di Pc e smartphon”. Si tratta di un altro ddl firmato dal senatore di FI Pierantonio Zanettin che punta a indicare per legge i criteri di priorità dell’azione penale. “E’ un testo – spiega Zanettin – necessario per dare esecuzione alla riforma Cartabia che prevedeva che queste priorità venissero elencate per legge”. Ma fatta ora e con “queste modalità”, incalza la capogruppo M5S in Commissione Giustizia del Senato Ada Lopreiato, è “un nuovo attacco alla Magistratura che rischia di compromettere il principio di uguaglianza di fronte alla legge e di indebolire la fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario”.
Non può essere “la politica – osserva – a dover decidere quali reati perseguire e quali no”. “Di fatto governo e maggioranza – commenta la vicepresidente della Commissione Ilaria Cucchi (Avs) – hanno messo i carrarmati davanti alla magistratura” e sono pronti a far fuoco. “Prima fanno leggi sbagliate, impossibili da applicare e poi scaricano sui giudici questa impossibilità di applicazione”, osserva Cucchi che definisce “incostituzionale il ddl Zanettin. Altro nodo è quello dei Giudici della Consulta per il quale si è deciso di rinviare a dicembre. Così la trattativa sarà su 4 nomi e non su uno solo. E l’ipotesi è che la maggioranza insisterà sul costituzionalista Francesco Saverio Marini e su Sisto. Mentre in quota opposizione si parla di Stefano Ceccanti oltre ad un tecnico non di area per il quarto nome.
Angelina Mango, Donald Trump e Israele. Ma anche l’addio a Sandra Milo, Totò Schillaci e Alain Delon, la ginnastica artistica, i giochi paralimpici e il significato delle parole dissing, intersessuale e stop al genocidio. Sono questi alcuni termini o persone che nel corso del 2024, in Italia, hanno fatto registrare il maggiore incremento di ricerche. Tra i personaggi, tanti del mondo dello spettacolo. Al primo posto c’è Angelina Mango vincitrice di Sanremo 2024 (prima anche tra i cantanti), a seguire la principessa del Galles Kate Middleton che ha emozionato dopo la diagnosi di cancro e il ritorno alla vita pubblica; poi Jasmine Paolini prima tennista italiana a raggiungere la finale di Wimbledon. Nella classifica compaiono anche Donald Trump che ha vinto le elezioni americane e la pugile algerina intersessuale Imane Khelif.
Un anno di ricerche di Google evidenzia anche l’interesse degli internauti italiani per i personaggi celebri che ci hanno lasciato (tra questi Sandra Milo, Totò Schillaci, Gigi Riva, Alain Delon, Luca Giurato, Franco di Mare, Liam Payne). E per alcuni temi di attualità. Perché l’Iran attacca Israele, le proteste degli agricoltori o Israele che attacca il Libano sono i più chiesti al motore di ricerca. Mentre tra i ‘cosa significa…?’ al primo posto c’è All eyes on Rafah, lo slogan filo palestinese popolare sui social; intersessuale; Stop al genocidio e dissing, lo scambio di battute nel rap alla ribalta dopo quello tra Fedez e Tony Effe. In ambito emergenza climatica, il maggiore incremento di ricerche si è registrato su allerta temporale o caldo eccessivo. Tra i film più cercati del 2024 c’è Inside Out 2, Baby Reindeer per le serie tv. Tra le curiosità, gli utenti hanno chiesto come vestirsi nelle grotte di Frasassi e cosa fare a Durazzo, mentre la ricetta più cercata è il Crumbl cookies e tra i ‘come fare’ la maionese fatta in casa.
Un evento sconcertante ha scosso l’Archivio di Stato di Napoli, uno dei luoghi di maggiore rilevanza culturale della città. Lo scorso 7 dicembre, i preziosi saloni dell’Archivio sono stati teatro di una festa di matrimonio con 300 invitati, completa di tavole imbandite, musica ad alto volume, champagne e fumo di sigarette, persino tra antichi documenti e affreschi di inestimabile valore storico.
L’episodio, documentato sui social dal deputato Francesco Emilio Borrelli e denunciato dai sindacati, ha sollevato un’ondata di indignazione, spingendo il direttore generale degli Archivi del Ministero della Cultura, Antonio Tarasco, a richiedere “urgenti chiarimenti” alla direttrice dell’Archivio, Candida Carrino (la signora con occhiali scuri nella foto sotto).
Uso inappropriato degli spazi e rischi per il patrimonio
Secondo le denunce dei sindacati Cgil, Cisl, Uil e Confsal, il chiostro del Platano, luogo storico dell’Archivio, è stato utilizzato per accogliere un numero eccessivo di invitati. “Gli spazi sono risultati insufficienti, mettendo a repentaglio il ciclo pittorico cinquecentesco ivi presente”, si legge nella denuncia. Il taglio della torta nuziale, effettuato sul prato del chiostro, è stato accompagnato da fuochi artificiali, con gravi rischi per il patrimonio artistico.
Inoltre, i sistemi di sicurezza si sarebbero attivati ripetutamente a causa del fumo artificiale e dell’eccessivo numero di fumatori presenti. “Siamo sbigottiti”, ha dichiarato Borrelli, sottolineando che eventi di questa natura potrebbero compromettere la conservazione degli affreschi e dei beni monumentali.
Candida Carrino sotto accusa
Nonostante la direttrice Candida Carrino possa essere considerata una persona candida nel senso figurato del termine (e sicuramente è una persona perbene, quì non la si accusa di alcun reato ma le richiede conto di quanti accaduto), non può sottrarsi alle proprie responsabilità. Come funzionario pubblico, è tenuta a rispondere dell’eventuale uso inappropriato di uno dei più importanti luoghi della cultura a Napoli. Il ministero ha già fatto sapere che, qualora emergessero gravi responsabilità, saranno presi provvedimenti seri. Carrino potrebbe rischiare il trasferimento in una posizione dove non avrà più la possibilità di compromettere la gestione del patrimonio culturale.
Oltre a Carrino, sarà fondamentale capire chi ha autorizzato l’evento, quanto è stato pagato e chi ha usufruito degli spazi, per far luce su eventuali carenze nei controlli o negligenze.
Precedenti e futuro degli eventi all’Archivio
Non è la prima volta che la gestione dell’Archivio di Napoli finisce sotto esame. Già lo scorso 5 dicembre, il Ministero della Cultura aveva richiesto spiegazioni per altri due eventi privati organizzati nella struttura. Il deputato Borrelli ha chiesto di sospendere ogni evento mondano che possa comportare rischi per il patrimonio artistico e culturale custodito nell’Archivio.
Il caso riapre il dibattito sull’uso degli spazi pubblici per eventi privati: se da un lato l’affitto può rappresentare una fonte di entrate, dall’altro il rischio di danni irreversibili a beni culturali inestimabili non può essere trascurato.
La risposta del ministero
Il Ministero della Cultura ha assicurato che, qualora emergessero responsabilità gravi, saranno adottati provvedimenti rigorosi. L’intervento diretto del direttore generale degli Archivi dimostra l’intenzione di fare chiarezza e tutelare il patrimonio storico-culturale dell’Archivio di Stato di Napoli, evitando che episodi simili possano ripetersi.
Era stato visto cantare al piano bar proprio in uno dei giorni ‘coperti’ dal certificato medico in cui si attestava il suo stato di salute precario: una forte sindrome d’ansia, la diagnosi messa nero su bianco. Per questo, nel febbraio del 2020, la società di trasporti del Lazio, Cotral, ha proceduto al licenziamento di un suo dipendente ‘reo’ di essersi dedicato all’attività canora il 6 aprile del 2019, giorno in cui non era a lavoro per motivi di salute. La decisione dell’azienda venne impugnata dal lavoratore davanti al Tribunale di Roma che in due gradi di giudizio gli ha dato ragione.
Una posizione ribadita, ora, anche dalla sezione civile di Cassazione che nella sentenza depositata il 29 novembre scorso ha definito “illegittimo” quel licenziamento. Gli ermellini hanno, dunque, confermato quanto già tracciato dai giudici merito che avevano ordinato il reintegro dell’impiegato riconoscendogli a suo favore anche una indennità risarcitoria di circa 2 mila euro. I magistrati di secondo grado sono andati anche oltre: nelle motivazioni della sentenza affermano che per la patologia di cui era affetto l’uomo “l’impegno in attività ricreative non configura in sé un comportamento incompatibile la dichiarata condizione depressiva, anzi – sostengono – poteva giovare alla guarigione”.
Dal canto suo la Suprema Corte ribadisce che è diritto dell’impiegato in malattia dedicarsi ad altre attività purché non compromettano la guarigione o siano incompatibili con la diagnosi medica. Gli ermellini aggiungono, inoltre, che il licenziamento di un impiegato per attività non lavorative durante la malattia deve essere considerato valido solo se l’azienda riesce a dimostrare un nesso, un collegamento tra l’attività svolta e un peggioramento dello stato di salute.
L’altro elemento messo in luce dalla Cassazione è legato alle visite fiscali. Nel rispetto infatti degli orari previsti per legge dalle visite, un dipendente in malattia può svolgere attività di tipo ricreativo e tra queste c’è sicuramente cantare in un piano bar. Su questo ultimo punto l’azienda deve infatti dimostrare che tali attività siano non compatibili con la patologia come ad esempio il lavoratore che afferma di essere affetto da mal di schiena e viene “scoperto” mentre è intento a giocare a tennis.