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Esteri

Ucraina, spiragli nei negoziati ma cresce la tensione tra Usa e Ue

Washington rivede al ribasso gli aiuti a Kiev e punta su un accordo per le terre rare. Frizioni con l’Europa sulla strategia da seguire.

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Spiragli stretti ma significativi per Kiev. Gli Stati Uniti hanno rivisto al ribasso le stime complessive degli aiuti forniti all’Ucraina, portandole da 300 a circa 100 miliardi di dollari, in linea con quanto stimato dalle autorità ucraine. Il dato è emerso durante i negoziati bilaterali tra Usa e Ucraina per lo sfruttamento delle risorse minerarie strategiche, avviati dopo lo scontro alla Casa Bianca tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump.

Accordo vicino sulle terre rare

Il presidente ucraino ha parlato di «buoni progressi» nei colloqui e ha annunciato che le parti stanno limando i dettagli di un memorandum d’intenti, che dovrebbe essere presto firmato e portato al voto del Parlamento ucraino. Secondo il segretario al Tesoro americano Scott Bessent, l’accordo potrebbe essere finalizzato già questa settimana.

Diplomazia americana a Parigi

A dare ulteriore impulso al dossier è l’arrivo a Parigi del segretario di Stato Marco Rubio e dell’inviato per il Medio Oriente Robert Witkoff, reduce da un incontro con Vladimir Putin. Le Monde riporta che oggi è previsto un incontro con il presidente Emmanuel Macron, nell’ambito di colloqui multilaterali sul sostegno all’Ucraina e sulle crescenti divergenze tra Usa e Ue in materia di esportazioni tecnologiche e difesa europea.

Rubio ha dichiarato che «qualsiasi concessione a Putin rafforza le autocrazie globali», mentre Witkoff ha insistito sull’importanza di garantire continuità nei flussi di armamenti strategici verso Kiev.

Cresce il malumore tra Washington e le capitali europee

Ma dietro le aperture restano profonde crepe. Secondo l’Economist, l’amministrazione Trump è sempre più infastidita dagli sforzi unilaterali europei di sostegno all’Ucraina, visti come un ostacolo alla strategia americana di negoziazione di un cessate il fuoco. Il timore a Washington è che l’azione autonoma di Parigi e Berlino indebolisca la leva Usa nei confronti di Mosca e renda più difficile ottenere concessioni significative.

Nel frattempo, le truppe russe avanzano su Donetsk e Kharkiv e cresce la frustrazione di Zelensky per i ritardi nei rifornimenti occidentali. La Casa Bianca avrebbe tentato di convincere Kiev ad accettare una tregua negoziata, ma la credibilità di tale scenario appare sempre più fragile. Intanto, Iran, Cina e altri attori regionali spingono per soluzioni parallele, mettendo in discussione la centralità americana nei negoziati internazionali.

 

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Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

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Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

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Il deputato Chiquinho Brazão accusato dell’omicidio di Marielle perde il mandato

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La Camera dei deputati del Brasile ha dichiarato giovedì 24 aprile la perdita del mandato del deputato federale Chiquinho Brazão, uno dei rinviati a giudizio accusati di aver agito come mandante dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, nel 2018. Lo rende noto Agência Brasil. La decisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Camera ed è stata giustificata sulla base dell’articolo della Costituzione che determina la perdita del mandato del parlamentare che “non si presenti in ogni sessione legislativa a un terzo delle sessioni ordinarie della Camera”.

Brazão è stato arrestato nel marzo dello scorso anno ma ha lasciato il carcere all’inizio di aprile di quest’anno dopo che il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, ha concesso gli arresti domiciliari all’oramai ex deputato. Nella sua decisione, Moraes ha concordato con il bollettino medico presentato dal carcere di Campo Grande dove era recluso secondo il quale, Brazão ha una “delicata condizione di salute” con “alta possibilità di soffrire un malore improvviso con elevato rischio di morte”.

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Lavrov, Trump ha ragione su direzione Russia-Usa su Ucraina

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“Donald Trump ha ragione ad affermare che Stati Uniti e Russia si stanno muovendo nella giusta direzione per quanto riguarda la risoluzione del conflitto ucraino”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista alla Cbs, riporta la Tass. “Il presidente degli Stati Uniti crede, e ritengo a ragione, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Le forze armate russe – ha detto ancora Lavrov – stanno conducendo attacchi in Ucraina solo contro obiettivi militari o siti utilizzati dall’esercito ucraino. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già ribadito in più occasioni”.

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