L’Ucraina si sta trasformando in un “porcospino d’acciaio”. È questa la definizione coniata da Ursula von der Leyenper descrivere la strategia che mira a blindare il Paese attraverso un’industria militare autonoma, capace di produrre armi, droni e missili a basso costo e ad alta tecnologia. L’obiettivo è chiaro: costruire una fortezza inespugnabile, simile a Israele o Taiwan, per garantire la sopravvivenza della nazione anche in assenza del supporto diretto degli Stati Uniti.
Il piano franco-britannico
Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato l’invio a Kiev, nei prossimi giorni, di una task force franco-britannica incaricata di valutare come rafforzare l’esercito ucraino. Il punto centrale resta quello delle garanzie di sicurezza chieste da Zelensky nel quadro dei negoziati con Mosca. Ma Donald Trump, sempre più influente sulla politica estera americana, ha chiarito che gli Stati Uniti non interverranno direttamente: sarà l’Europa a dover difendere Kiev.
La svolta dell’industria bellica ucraina
Nonostante le difficoltà, il sistema produttivo ucraino ha registrato una crescita tumultuosa. Se nel febbraio 2022 quasi tutte le armi provenivano dall’estero, oggi il 40% del fabbisogno militare è coperto dalla produzione interna. Il punto di svolta è stato il cosiddetto modello danese: quando la Danimarca ha esaurito le armi da inviare, ha deciso di finanziare la produzione locale.
Un esempio concreto? I missili “Bogdana”, prodotti in Ucraina grazie a un contratto da 50 milioni di euro. Oggi se ne costruiscono quasi 200 all’anno a un costo unitario di 2,3 milioni di euro, inferiore alla media occidentale e competitivo con i sistemi russi.
Droni made in Kyiv
Clamorosa anche l’ascesa dell’industria dei droni ucraini: da una manciata di aziende nel 2022, si è passati a oltre 200 imprese attive nel 2024, con 1,5 milioni di droni già prodotti (il 96% del fabbisogno). Nel 2025 si prevede una produzione annua superiore a 4 milioni di dispositivi, con un costo medio di 500 euro, contro gli 1.800 euro degli equivalenti occidentali.
Investimenti europei e modello israeliano
La capacità produttiva ucraina ha attratto anche colossi dell’industria europea. I tedeschi di Rheinmetall, il gruppo franco-tedesco KNDS, i francesi di Thales: tutti hanno aperto stabilimenti in Ucraina per produrre armi, panzer, munizioni e sistemi radar. Ma per raggiungere la piena capacità nel 2025 servono altri 18 miliardi di euro, oltre ai 16 miliardi già stanziati.
Il modello di riferimento è Israele, con un esercito ad alta tecnologia e un numero ridotto di soldati. Ma per ora l’Ucraina ha ancora un milione di militari esausti, e senza l’aiuto americano — in particolare le batterie Patriot e l’intelligence strategica — il piano rischia di non decollare.
Diplomazia e resistenza
Nel breve periodo, Zelensky spera in una tregua. Ma teme che Putin, anche firmando un accordo, non rinunci alla guerra, mantenendo la pressione militare. Per questo si parla dell’eventualità di un presidio militare europeo in alcune aree interne ucraine, sostenuto da Francia e Regno Unito. L’obiettivo strategico è uno solo: convincere Trump, ancora decisivo, a garantire almeno un sostegno parziale.