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Tunisia in bilico, Saied chiede calma e tenta il dialogo

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Saied presidente Tunisia

“Non voglio vedere neanche una goccia di sangue”. Il presidente tunisino Kais Saied chiede di mantenere “la calma, di non cedere alle provocazioni”, promette il rispetto dei diritti e tenta la via del dialogo per far uscire la Tunisia dal caos, dopo quello che in molti hanno letto come un colpo di Stato. Con la comunita’ internazionale che punta i riflettori sulla situazione nel Paese dalle derive imprevedibili. Unione Europea e Stati Uniti invitano al “rispetto della democrazia” mentre l’Italia scende in campo facendo scattare un coordinamento “europeo con gli altri Paesi Ue piu’ interessati” come la Francia, la Germania e la Spagna. “E’ importante che questa situazione sia trattata con la massima attenzione a livello europeo”, ha spiegato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio riunendo il suo entourage e attivando il coordinamento con i partner per monitorare con attenzione la situazione. Dopo la drammatiche decisioni di domenica, con il licenziamento del premier e la sospensione del parlamento per 30 giorni, Saied continua ad affermare di aver agito secondo la Costituzione. E prova a lanciare un dialogo nazionale per ricompattare il Paese, coinvolgendo tutte le forze in gioco. Ha visto i vertici del potente sindacato Ugtt che si sono limitati a chiedere il rispetto delle garanzie costituzionali. Poi anche la Lega tunisina dei diritti umani, l’Utica (la Confindustria locale) che gia’ avevano svolto un ruolo fondamentale nel Dialogo nazionale del 2013. E, ancora, il Sindacato nazionale dei giornalisti (Snjt) e del del Forum tunisino dei diritti economico-sociali (Ftdes), ai quali ha assicurato “il suo incrollabile impegno per il rispetto dei diritti, delle liberta’, dello stato di diritto e della democrazia in Tunisia”. Saied ha anche incontrato i vertici della magistratura e le varie associazioni di categoria, prima di cominciare il giro di consultazioni con i partiti. La strada che sembra aver scelto il presidente tunisino dopo lo strappo con l’ormai ex premier e il Parlamento, sembra essere dunque quella del confronto. Come ha confermato anche il vice segretario generale dell’Ugtt, Abdelkarim Jrad, secondo cui il Capo dello Stato optera’ per un processo consultivo con il coinvolgimento di tutte le forze in gioco per la scelta del nuovo capo del governo. Cercando quel dialogo nazionale a cui ha fatto appello anche il partito islamico Ennhadha, prima forza in Parlamento e la piu’ penalizzata dalla mossa del presidente, che continua pero’ a chiedergli un passo indietro per superare la crisi, rispettando la “scelta democratica” della popolazione e consentendo al Parlamento eletto di riprendere i lavori. Ennhadha che ha comunque chiesto ai suoi sostenitori di evitare escalation, continua a definire l’operato di Saied “un golpe”. Un passo indietro viene rivolto al presidente anche dall’Associazione nazionale magistrati che chiede “la revoca con urgenza delle misure eccezionali adottate e la divulgazione dei meccanismi per la ripresa del percorso democratico che garantisca diritti e liberta’ e il normale funzionamento delle istituzioni statali”. E si moltiplicano gli appelli dall’estero per “il rispetto dei principi democratici”, come gli Stati Uniti o la Francia che ha detto di volere un “ritorno, al piu’ presto, al normale funzionamento delle istituzioni” oltre alla richiesta di evitare ogni violenza. L’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrel, “ricordando il sostegno considerevole dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri alla Tunisia, nel contesto di una crisi pandemica ed economica grave” afferma che “preservare la democrazia e la stabilita’ del Paese sono delle priorita’”. I giuristi continuano intanto ad interrogarsi sulla costituzionalita’ o meno della mossa di Saied, considerata la determinante assenza nel Paese della Corte costituzionale, prevista nella Carta del 2014 ma mai istituita. Gli analisti intravedono in un “governo del presidente” che porti in breve tempo ad elezioni anticipate la piu’ plausibile via di uscita alla crisi attuale. “Il presidente Saied stara’ molto attento nella scelta del futuro capo del governo perche’ vuole una persona affidabile e leale che adotti le sue stesse politiche”, sottolinea il politologo Slaheddine Jourchi. “Avremo un governo di Saied” che deve migliorare le condizioni di vita dei tunisini” I profondi problemi della disoccupazione e del degrado delle infrastrutture pubbliche che hanno scatenato la rivolta dieci anni fa purtroppo non sono mai stati risolti. “Il presidente Saied si trova dunque di fronte a una grande sfida, per mostrare ai tunisini e al mondo che ha preso le decisioni giuste”, afferma Jourchi. Ma il tempo stringe e la Tunisia vive la sua seconda notte di coprifuoco.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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Guterres ‘inorridito’ dagli attacchi in Darfur

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  Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è inorridito dalla situazione sempre più catastrofica nel Darfur settentrionale, mentre continuano gli attacchi mortali alla sua capitale, Al-Fashir”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. La città nel Sudan occidentale è sotto assedio da parte delle Forze di Supporto Rapido paramilitari, guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, che da due anni combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan. Il portavoce ha riferito che Guterres ha anche espresso preoccupazione per le segnalazioni di “molestie, intimidazioni e detenzione arbitraria di sfollati ai posti di blocco”. In questa situazione, l’entità dei bisogni è enorme, ha sottolineato Haq, citando le segnalazioni di “massacri” avvenuti negli ultimi giorni a Omdurman, nello stato di Khartoum.

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