Chiuso nel suo resort di Mar-a-Lago, la Casa Bianca d’inverno, Donald Trump ha tenuto un profilo basso per tutto il weekend dopo l’attacco a Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale. Tuttavia, il presidente americano ha mandato avanti i suoi uomini per far arrivare il messaggio al vertice di Londra che la linea degli Stati Uniti sull’Ucraina non cambia: o il leader di Kiev decide di trattare con Washington e Mosca per la pace oppure si deve fare da parte.
“Abbiamo bisogno di un leader che possa trattare con noi, eventualmente trattare con i russi e porre fine a questa guerra”, ha dichiarato in un’intervista alla Cnn il consigliere per sicurezza nazionale del tycoon, Mike Waltz, insinuando che alla base del rifiuto di Zelensky a scendere a compromessi ci possano essere ragioni “personali o politiche”. “Se emergerà questo, avremo un bel problema”, ha avvertito il funzionario della Casa Bianca che era presente nello Studio Ovale durante lo scontro.
“Deve chiarire pubblicamente e privatamente che è pronto ad andare verso la pace”, ha incalzato il luogotenente di Trump che ha paragonato Zelensky a una “ex fidanzata che vuole solo litigare” criticando perfino il linguaggio del corpo dell’ucraino alla Casa Bianca, “dalle braccia conserte allo scuotere la testa”, quando il tycoon e il suo vice parlavano. Il consigliere del commander-in-chief è poi tornato sulle garanzie alla sicurezza chieste dal presidente ucraino una volta conclusa la guerra. “Sarà l’Europa ad occuparsene”, ha insistito Waltz ribadendo che “è prematuro parlare del ruolo degli Stati Uniti”. Almeno fino quando non sarà firmato l’accordo sui minerali che l’amministrazione americana considera il minimo indispensabile per iniziare a discutere di un eventuale ruolo degli Stati Uniti nel dopo guerra.
A rafforzare la linea di Washingtn ci ha pensato anche lo speaker della Camera, Mike Johnson che, in un’intervista alla Nbc news, ha suggerito che Zelensky debba dimettersi se non intende firmare l’accordo sulle terre rare e porre fine alla guerra. “Qualcosa deve cambiare. Deve tornare in sé e presentarsi al tavolo dei negoziati in segno di gratitudine, oppure qualcun altro deve guidare il Paese al suo posto”. Il repubblicano, che solo qualche mese fa ha rischiato il suo posto a Capitol Hill per far approvare un nuovo pacchetto di aiuti militari a Kiev, ha comunque concesso che il conflitto in Ucraina è “ingiusto” e Vladimir Putin “una persona pericolosa”.
“E’ un comunista della vecchia scuola. Non ci si può fidare di lui”, ha affermato. Anche Marco Rubio, una volta il più filo-ucraino dei repubblicani, ha ribadito il disagio e la rabbia dei funzionari dell’amministrazione Trump nei confronti di Zelensky, accusandolo di aver bloccato gli sforzi verso la pace. Parlando al programma “This Week” della Abc il segretario di Stato americano ha, inoltre, detto di essere rimasto “perplesso” dalle critiche, che ha definito ingiuste, verso l’amministrazione dopo lo scontro nello Studio Ovale. “Prima le persone cresceranno e più grandi saranno i progressi che saremo in grado di fare”, ha dichiarato Rubio sostenendo che “se Trump fosse un democratico riceverebbe un premio Nobel per la pace”.