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Trump ai suoi: Musk presto via dal governo. E la Tesla vola in Borsa

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Elon Musk sembra ormai a fine corsa come capo del Doge e forse anche come ingombrante ombra del presidente. Donald Trump, secondo Politico, ha già confidato al suo inner circle che il patron di Tesla lascerà presto il suo incarico come dipendente governativo speciale, che non può oltrepassare il limite di 130 giorni di lavoro all’anno e che quindi scadrà tra fine maggio e giugno. Il ritorno di Musk alle sue attività imprenditoriali ha ridato slancio ai titoli di Tesla, che dopo l’indiscrezione sono saliti del 4,50%, recuperando le perdite di oltre il 6% registrate in avvio di seduta per il crollo del 13% delle vendite nel primo trimestre (i minimi dal 2022).

L’uscita del miliardario e l’entrata in vigore di dazi al 25% su tutte le auto importate negli Stati Uniti potrebbero aiutare Tesla a riguadagnare, almeno in parte, il terreno perso. In parte per la crescente concorrenza cinese (+58% le vendite di Byd nel primo trimestre). In parte per il controverso ruolo dell’uomo più ricco del mondo come tagliatore di teste nel governo Trump e il suo sostegno all’estrema destra in Europa, che hanno trasformato la casa automobilistica in bersaglio di proteste politiche, boicottaggi e vandalismi. Lo stesso Musk aveva preannunciato a Fox la sua uscita nei termini dei 130 giorni e la convinzione di poter tagliare entro quella scadenza mille miliardi di spesa pubblica.

Da vedere se ci riuscirà, ma la sua missione sarà proseguita dalla sua squadra al Doge e dagli stessi ministri, ha lasciato intendere Trump, confidando in un lavoro “più di bisturi che di accetta”. L’imminente ritiro di Musk arriva sull’onda della crescente frustrazione di alcuni insider dell’amministrazione e di molti alleati esterni per la sua imprevedibilità e per la sua onnipresenza politica, a volte deleteria. Come suggerisce la prima debacle elettorale dopo le presidenziali: Brad Schimel, il candidato conservatore, sostenuto a gran voce dal patron di Tesla nelle elezioni per sostituire un giudice della Corte Suprema del Wisconsin, ha perso di circa 10 punti contro Susan Crawford, che così mantiene la maggioranza liberal del collegio (4 a 3) in uno stato in bilico vinto di un soffio dal tycoon nelle ultime elezioni.

Una sconfitta pesante, nonostante Trump e Musk lo avessero sostenuto con tutto il loro peso mediatico. E, nel caso del patron di Tesla, con tutto il suo potere economico, donando ben 20 milioni di dollari e distribuendo assegni da un milione a chi firmava una petizione contro i “giudici attivisti”.

Tanto da trasformare una gara provinciale nell’elezione giudiziaria più costosa della storia americana. Tutti sforzi inutili, che invece ridanno speranza ai democratici dopo che il loro indice di gradimento è sceso al 27%, il più basso in almeno una generazione, e il loro brand è stato definito “tossico” dal governatore progressista della California Gavin Newsom. Barack Obama si è congratulato col popolo del Wisconsin “per aver eletto una giudice che crede nello stato di diritto e nella protezione delle nostre libertà”.

E il senatore Bernie Sanders con Crawford per aver “sconfitto la persona più ricca del mondo” e per aver “dato un esempio all’intero Paese”. “Oggi la gente del Wisconsin ha respinto un attacco senza precedenti alla nostra democrazia. Si è alzata e ha detto forte e chiaro che la giustizia non ha prezzo. I nostri tribunali non sono in vendita”, ha sentenziato la nuova giudice. Trump non ha commentato e ha preferito esultare per il successo di un referendum, tenutosi insieme all’elezione, che obbligherà gli elettori a presentare un documento d’identità con foto per poter votare.

“Era la cosa più importante”, gli ha fatto eco Musk, facendo buon viso a cattiva sorte. Il presidente si consola anche con la scontata riconferma di due seggi repubblicani nella sua Florida, considerata una roccaforte Gop: i suoi candidati, Randy Fine e Jimmy Patronis, hanno conquistato gli scranni lasciati vacanti da Matt Gaetz, nominato ministro della Giustizia ma costretto a rinunciare per una serie di scandali, e da Mike Waltz, il consigliere alla sicurezza nazionale nella bufera per il chat-gate e ora anche per aver usato Gmail per informazioni sensibili. Ma Fine ha vinto con uno scarto molto più risicato rispetto a quello di Trump, allarmando i repubblicani in vista delle elezioni di Midterm nel 2026.

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Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

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Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

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Il deputato Chiquinho Brazão accusato dell’omicidio di Marielle perde il mandato

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La Camera dei deputati del Brasile ha dichiarato giovedì 24 aprile la perdita del mandato del deputato federale Chiquinho Brazão, uno dei rinviati a giudizio accusati di aver agito come mandante dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, nel 2018. Lo rende noto Agência Brasil. La decisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Camera ed è stata giustificata sulla base dell’articolo della Costituzione che determina la perdita del mandato del parlamentare che “non si presenti in ogni sessione legislativa a un terzo delle sessioni ordinarie della Camera”.

Brazão è stato arrestato nel marzo dello scorso anno ma ha lasciato il carcere all’inizio di aprile di quest’anno dopo che il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, ha concesso gli arresti domiciliari all’oramai ex deputato. Nella sua decisione, Moraes ha concordato con il bollettino medico presentato dal carcere di Campo Grande dove era recluso secondo il quale, Brazão ha una “delicata condizione di salute” con “alta possibilità di soffrire un malore improvviso con elevato rischio di morte”.

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Lavrov, Trump ha ragione su direzione Russia-Usa su Ucraina

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“Donald Trump ha ragione ad affermare che Stati Uniti e Russia si stanno muovendo nella giusta direzione per quanto riguarda la risoluzione del conflitto ucraino”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista alla Cbs, riporta la Tass. “Il presidente degli Stati Uniti crede, e ritengo a ragione, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Le forze armate russe – ha detto ancora Lavrov – stanno conducendo attacchi in Ucraina solo contro obiettivi militari o siti utilizzati dall’esercito ucraino. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già ribadito in più occasioni”.

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