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‘Troppe rivelazioni sui russi’, dubbi tra gli 007 Usa

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E se dopo aver gridato ‘al lupo al lupo’ il lupo non arriva? E’ uno dei dubbi che serpeggia tra analisti ed ex 007 Usa dopo le numerose rivelazioni americane sulle mosse russe in vista di quello che viene presentato come un imminente attacco in Ucraina, previsto gia’ questa settimana. Rivelazioni che fanno parte di una strategia di comunicazione, in parte gia’ collaudata ai tempi della crisi dei missili a Cuba, per far conoscere al mondo i piani di Mosca e tentare di farli deragliare. Ma alcuni veterani della sicurezza nazionale si chiedono se l’amministrazione Biden non si stia spingendo troppo avanti, magari per tenere uniti gli alleati e non ripetere gli errori fatti con la Crimea o con il ritiro dall’Afghanistan. Con la conseguenza pero’ di mettere a rischio le proprie fonti di intelligence e la credibilita’ del Paese nel caso gli allarmi risultassero infondati. Come successe con le inesistenti armi di distruzione di massa dell’Iraq, anche se il massiccio dispiegamento di forze russe ai confini ucraini e’ sotto gli occhi di tutti. “Sono preoccupato sulla credibilita’ a lungo termine della nostra intelligence con tutte quelle informazioni declassificate”, confida a Politico un ex dirigente della Cia con esperienza sulla Russia. “Se si riveleranno sbagliate, o parzialmente sbagliate, questo minera’ la fiducia dei nostri partner sulle informazioni che diamo loro o, francamente, quella dell’opinione pubblica”. Le rivelazioni americane “sono quasi in tempo reale…. e’ il mondo in cui viviamo ora”, osserva Calder Walton, uno storico dell’intelligence ad Harvard, ammonendo pero’ sull’alto rischio di questa strategia, soprattutto se le informazioni risultassero errate. Un altro dubbio arriva da un ex dirigente del Consiglio per la sicurezza nazionale esperto di Russia, secondo cui piu’ informazioni vengono diffuse dall’amministrazione Usa piu’ e’ probabile che il Cremlino tracci le fonti e i metodi usati per ottenerle, mettendo in pericolo gli asset americani, comprese vite umane. “Quante maledette volte hanno bisogno di mettere in guardia che qualsiasi cosa puo’ essere imminente?”, si chiede, dopo che anche la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki e’ stata costretta a fare marcia indietro su questo aggettivo. “La prossima volta non sapremo quali sono i piani dei russi perche’ non useranno quei canali da cui sanno che noi attingiamo”, aggiunge l’ex dirigente, spiegando che se puo’ avere un senso svelare le tattiche di Mosca “e’ il volume di cose specifiche che crea un problema”. Insomma, troppa carne al fuoco, con il rischio che l’allarme si trasformi in allarmismo. Ma il segretario di Stato Antony Blinken e’ convinto che “il miglior antidoto alla disinformazione sia l’informazione”, mentre i dirigenti dell’amministrazione assicurano che le informazioni fatte trapelare sono solo una piccola parte di quelle raccolte e vengono attentamente vagliate per non compromettere fonti e metodi. Joe Biden, dal canto suo, confida di risalire nei sondaggi con questa gestione risoluta e attiva della crisi. Convinto che, se i moniti di un’invasione si riveleranno errati, tutti ne saranno contenti e potra’ forse intestarsi il merito di aver sventato una guerra.

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Ivanka Trump News elogia Giorgia Meloni: “Donna pulita e leader più attraente dell’UE”

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Un post pubblicato su X dall’account Ivanka Trump 🇺🇲 🦅 News ha acceso i riflettori su Giorgia Meloni, definita “la leader più attraente dell’Unione Europea”. L’immagine allegata ritrae la presidente del Consiglio italiana sorridente su un lettino, con indosso un costume da bagno che richiama i colori della bandiera italiana.

Il messaggio che accompagna lo scatto recita: “Lascia un ❤️ per una donna pulita, fantastica e senza tatuaggi, la leader più attraente dell’UE 🇪🇺!!!”. Una dichiarazione che va oltre l’elogio estetico, sottolineando valori considerati simbolici dalla destra americana: ordine, sobrietà e conservatorismo nei costumi.

Il post è solo l’ultimo segnale dei rapporti calorosi tra la famiglia Trump e Giorgia Meloni, rafforzati da un’intesa ideologica su immigrazione, difesa dell’identità nazionale e visione tradizionale della società. Donald Trump, tornato presidente degli Stati Uniti, ha già espresso pubblicamente ammirazione per la premier italiana in più occasioni.

L’episodio conferma la crescente sintonia politica e mediatica tra due mondi che, seppur geograficamente lontani, condividono una visione del potere fondata su patriottismo, sovranismo e comunicazione diretta con il popolo.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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