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Esteri

Tre morti sotto le bombe a Kiev, anche una bambina

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Negli occhi resta l’immagine di un uomo, anziano, col capo chino davanti al corpo senza vita di una bambina di 9 anni: è sua nipote ed è una delle vittime di un’altra notte di bombardamenti su Kiev. Un’immagine che fa subito il giro del web, e quindi nel mondo, diventando l’emblema del quarto attacco questa settimana alla capitale ucraina, ma anche il diciassettesimo dall’inizio di maggio. La gran parte sferrati nella notte, anche se in almeno un’occasione, nei giorni scorsi, Kiev è stata colpita in pieno giorno, con le esplosioni udite in gran parte della città. L’ultimo bilancio aggiornato della notte di fuoco è di tre morti: due donne, di 33 e 34 anni, e la figlia di quest’ultima che aveva soltanto nove anni. Morti provocate dai frammenti dei missili distrutti dalle forze di difesa aerea ucraine caduti su un condominio e un ospedale pediatrico, stando al ministero della Difesa di Kiev, che tra l’altro ha parlato di un attacco “con sette missili balistici Iskander-M e tre missili da crociera Iskander-K. Tutti sono stati abbattuti”.

C’è però anche un dettaglio in più che questa volta rende la conta delle vittime nella capitale ancora più drammatica: le due donne e la bambina si trovavano vicino ad un rifugio antiaereo nel distretto di Desnianskyi mentre riecheggiava la sirena di allarme, stavano tentando di raggiungerlo ma il rifugio era rimasto chiuso. Lo ha reso noto su Telegram il sindaco di Kiev Vitalii Klitschko, annunciando un’indagine e procedimenti penali. “Le forze dell’ordine stanno svolgendo azioni investigative nella clinica e sul territorio nel distretto di Desnianskyi. Sono stati aperti dei procedimenti penali. Tre persone, tra cui una bambina, sono state uccise ieri sera nei pressi della clinica – ha scritto Klitschko -. Un frammento di missile è caduto vicino all’ingresso della struttura medica quattro minuti dopo l’annuncio dell’allarme aereo. Le persone sono corse al riparo. Le indagini stanno ora accertando se il rifugio fosse aperto”.

Nel distretto di Desnianskyi sono state danneggiate tre scuole, un asilo, sei case e una stazione di polizia, ha aggiunto il primo cittadino, che ha chiesto inoltre la sospensione dei responsabili della struttura locali: “Ho fatto appello all’ufficio del presidente e del governo, che sono d’accordo sulla sospensione del capo del distretto di Desniansky, Dmytro Ratnikov, dall’esercizio delle sue funzioni. Anche il capo della struttura medica, nominato dall’amministrazione distrettuale, dovrebbe essere sospeso”. Intanto a Belgorod, la regione russa al confine con l’Ucraina in mattinata “le forze armate ucraine hanno bombardato incessantemente il distretto di Shebekinsky. Otto persone sono rimaste ferite. Non ci sono state vittime”, ha affermato su Telegram il governatore della regione, Vyacheslav Gladkov, sottolineando inoltre che molti civili in fuga a causa dei bombardamenti ucraini vengono alloggiati in centri di raccolta. Il centro per l’ospitalità temporanea della città “si va gradualmente riempiendo”, ha aggiunto, e quindi i profughi vengono inviati “verso altri centri di raccolta liberi”.

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Pakistan, uccisi almeno 15 militanti talebani nel nord-ovest

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Le forze della sicurezza pachistane hanno ucciso 15 combattenti appartenenti al Tehrik-e-Taliban Pakistan (Ttp) in tre distinte operazioni nella provincia nord-occidentale del Khyber Pakhtunkhwa (Kp). Lo rendono noto i militari, precisando che le operazioni sono state condotte nel distretto di Karak, nel Waziristan settentrionale ed in quello meridionale. Armi e munizioni sono state recuperate dai combattenti uccisi, che, secondo le stesse fonti, erano coinvolti in numerose attività terroristiche.

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Iran, mistero sull’esplosione a Bandar Abbas: 14 morti e oltre 700 feriti

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Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione (ancora provvisorio) avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a 14 morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.

Le cause restano misteriose

Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.

L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili

Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.

Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.

Israele nel mirino dei sospetti

Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.

L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.

Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano

L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.

La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.

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L’Estonia dissequestra una petroliera della flotta ombra russa

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Le autorità portuali estoni hanno rilasciato oggi la petroliera Kiwala appartenente alla cosiddetta flotta ombra russa sequestrata due settimane fa nel golfo di Finlandia dopo aver constatato la presenza di oltre 40 infrazioni alla normativa sulla navigazione dell’Estonia. Lo comunica il ministero dei Trasporti estone. Secondo quanto comunicato dalle autorità estoni, la nave è stata dissequestrata in seguito alla risoluzione di tutte le infrazioni rilevate. La petroliera era già stata sottoposta a sanzioni da parte dell’Unione europea, del Canada, della Svizzera e del Regno unito.

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