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Tre gol al Lecce, il Milan ora pensa all’Europa League

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Valesse la proprietà transitiva, il Milan potrebbe dormire tra due guanciali in vista della sfida europea alla Roma. Il Lecce, che nel turno precedente aveva fermato sullo 0-0 proprio i giallorossi capitolini, esce da San Siro sconfitto 3-0. A valere è però la somma delle speranze, almeno in casa Milan, in vista del crocevia di giovedì e della sfida tra Pioli e De Rossi per giocarsi una buona fetta della semifinale che si raggiungerebbe superando il turno. Per arrivarci nel migliore dei modi, i rossoneri hanno pensato bene di liberarsi della pratica salentina già nel primo tempo, consolidandolo innanzitutto il secondo posto. Non che la partita del sabato pomeriggio – orario in cui i rossoneri non giocavano dall’andata, proprio contro il Lecce – sia tutta in discesa. Perché la prima occasione è proprio degli ospiti con Gonzales e il suo sinistro, a lato di Maignan.

Del resto, alla gara si erano approcciati con una consapevolezza: nella top five del campionato con Napoli, Inter e Juve, proprio Milan e Lecce avevano la più alta percentuale di tentativi a rete. Al tempo stesso, i salentini si erano presentati con gli zero gol subiti nelle quattro partite con Gotti in panchina, dopo l’avvicendamento con D’Aversa. Per scardinare la difesa avversaria, Pioli schiera Pulisic al posto dello squalificato Loftus-Cheek, mossa che spinge Chukwueze a destra. Proprio il nigeriano passa tra due e scarica su Pulisic al limite: l’americano se la aggiusta e col sinistro a giro fa 1-0 dopo 300 secondi. Tempo di ripartire e Pulisic potrebbe fare bis di testa, non fosse per le mani che Falcone mette tra il pallone e la rete.

Che il Milan stia bene lo sottolinea di nuovo Chuckuwueze che scappa tra quattro e serve Leao, sporcato nel tiro a rete dalla deviazione di Venuti. Non si deve attendere il 20′ per vedere i padroni di casa allungare: un minuto prima corner di Adli, Giroud di testa la sposta quel che basta per angolarla là dove Falcone può solo guardarla. Appena prima della mezzora il Lecce avrebbe la possibilità di riaprirla: Gonzales scappa ad Adli e di testa scavalca Maignan e trova la traversa. Al netto di una timida girata poco prima, Krstovic è protagonista poco prima dell’intervallo di un intervento aereo scomposto su Chukwueze che gli vale il rosso diretto. La rabbia del Lecce è anche quella di inizio ripresa: quando Ramadani lancia il neoentrato Almqvist, a terra in area dopo energico contatto con Theo Hernandez.

Massimi lascia correre e sul rovesciamento di fronte Adli trova nello spazio Leao, in rete con un sinistro che supera Falcone in uscita. In uscita, ma da San Siro, anche il presidente Sticchi Damiani, che aveva già non aveva gradito il rosso a Krstovic e che non vede il sinistro di Hernandez che pareggia il conto con le traverse. Pur in inferiorità, il Lecce ha il merito di continuare a crederci e Almqvist deve fermarsi solo ai pugni di Maignan. Il Milan costruisce un’occasione con Jovic prima che la clessidra si svuoti. Mancavano invece ancora 45′ per dare per assodata la quinta-settima vittoria consecutiva tra campionato ed Europa League, che erano già partiti i cori all’indirizzo della Roma. Perché tutte le strade portano a Dublino, alla finale di Coppa.

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Marino: campionato squilibrato da anni, troppa disparità fatturati e ricavi

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“Il nostro campionato non è equilibrato da diversi anni, ci sono disparità di fatturati e ricavi, non è una questione di oggi. Però è stato un bel campionato per quanto riguarda lo spettacolo offerto dalle squadre e anche per certe novità tecnico-tattiche. L’Inter ha ripercorso il campionato del Napoli dell’anno scorso. A volte ci sono anche i demeriti che determinano certi divari in classifica. Demeriti di alcune squadre che dovevano fare e non hanno fatto”. Così ai microfoni di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1 Pierpaolo Marino, decano dei dirigenti sportivi italiani, sul campionato di Serie A ormai alle ultime curve, a quattro giornate dalla fine. Si dovrebbe tornare a un campionato a 18 squadre? “Ho fatto tanti anni con l’Avellino e con il Napoli con campionati a 16 squadre. Sia a 16 che a 18 squadre sono campionati che nella loro brevità non fanno emergere i reali valori tecnici. Una sconfitta determinava una classifica in maniera inappellabile. Sono contrario alla riduzione delle squadre. I format migliori sono la Premier e la Liga, tutti campionati a 20 squadre che non vanno a ridurre l’organico. A mio avviso, quello attuale è il format giusto”.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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