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Corona Virus

Torna l’incubo Covid, Salernitana in quarantena e rischio stop per altri match

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Gia’ nella bufera per il rischio di esclusione dalla serie A a causa della mancata cessione, la Salernitana guadagna anche la palma della prima squadra del massimo campionato fermata in questa stagione da una Asl a causa di un focolaio di Covid-19: i granata non hanno potuto presentarsi alla Dacia Arena per la partita di stasera con l’Udinese, confermata dalla Lega A, e ora la palla passera’ alle decisioni della giustizia sportiva. Il crescere dei contagi tra i giocatori, finora gestito grazie ai protocolli della Figc, ha finito per riproporre una situazione di incertezza che sembrava dimenticata, anche se in B ci sono stati gia’ due casi di rinvio – prima Benevento-Monza e, ieri, Lecce-Vicenza – ma non e’ solo il calcio a penare, visto che oggi e’ stato imposto lo stop alla capolista della serie A di basket, l’Olimpia Milano, che ha sei positivi nel gruppo squadra, e tantomeno solo l’Italia, anzi. Il Covid-19 impedira’ domani a Napoli e Lazio di schierare due dei loro giocatori piu’ importanti, Lorenzo Insigne e Ciro Immobile, e i contagi aumentano anche tra gli atleti non vaccinati, davanti ai quali i vertici del calcio cercano di aprire un dialogo con le autorita’ sanitarie per non correre il rischio di bloccare tutto. “Il protocollo e’ noto, ha sempre funzionato. Abbiamo solo un problema: quello delle Asl – ha sottolineato il presidente Figc, Gabriele Gravina, al termine dell’odierno Consiglio federale – Li’ possiamo fare poco. Oggi intervengono in maniera abbastanza diffusa” ha sottolineato, auspicando “un tavolo di confronto collegiale” che coinvolga il ministero della Salute, le Regioni e le Asl. Intanto, la Lega B ha fissato una assemblea per il 23 dicembre per decidere il da farsi in vista delle due prossime giornate di campionato, quelle del 26 e del 29 dicembre, mentre alcuni club, come la Spal, hanno cominciato a sospendere la vendita dei biglietti. La serie A dovrebbe chiudere l’anno col solo rinvio di Udinese-Salernitana e poi si vedra’ dopo la sosta e col rientro in campo il 6 gennaio. Negli altri principali campionati europei, la situazione piu’ complicata si registra in Inghilterra, con una dozzina di match rinviati nelle ultime giornate. Si era ventilata l’ipotesi di fermarsi per un po’, ma annullare il tradizionale Boxing Day deve essere apparso un gesto troppo estremo e per il momento si cerchera’ di andare avanti fino alla pausa, prevista dal 3 gennaio. E’ ferma la Bundesliga, scossa anche dalle polemiche sui giocatori no vax, ma a gennaio si giochera’ a porte chiuse perche’ oggi il governo ha deciso tale provvedimento per tutte gli eventi, sport in primis, con grande affluenza di pubblico. La Liga e la Ligue sono riuscite a limitare i danni, anche se oggi il Bordeaux ha lamentato un moltiplicarsi delle positivita’ tra i giocatori. La pandemia, nonostante le rassicurazioni del presidente della Caf, tiene ancora in sospeso la Coppa d’Africa, al via il 9 gennaio. Negli Usa, scricchiolano i principali campionati professionistici di basket, football e hockey, con tantissimi atleti positivi e il rinvio di un numero crescente di incontri. In Nhl si e’ addirittura deciso di fermare tutto fino a lunedi’ prossimo e tanti campioni dell’hockey rischiano anche di dover dire addio alle Olimpiadi di Pechino. Unica isola felice appare, almeno per ora, il Brasile: se, proprio oggi, si e’ deciso di dare il via libera alle sfilate del Carnevale di Rio, tantomeno si fermera’ il calcio, comunque in pausa- vacanze fino a meta’ gennaio.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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