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Tanta fatica e un gol di Abraham,Roma torna a vincere

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La Roma non entusiasma ma porta a casa, con fatica e nonostante una stanchezza generale apparsa a tratti evidente, la vittoria contro l’Udinese riscattando l’inciampo di Verona. L’1-0 firmato da Abraham regala tre punti che rasserenano dopo il ko di Verona un ambiente sempre in bilico tra depressione ed euforia, e che permetteranno a Jose’ Mourinho di preparare con calma il confronto di domenica con Maurizio Sarri, in un derby della Capitale molto atteso. Non gli facilitera’ il compito l’espulsione per doppio giallo – severo l’arbitro Rapuano sul secondo – di Pellegrini, che privera’ la Roma del suo capitano. Il gol di Abraham con un tocco su assist di Calafiori (che con una discreta prestazione ha voluto rispondere alle parole del tecnico sul suo conto) fa si’ anche che Mou si confermi sempre vincente quando affronta l’Udinese: fra Inter e Roma, ora lo ‘score’ del portoghese e’ di cinque successi in altrettanti confronti con i friulani. La partita l’ha fatta, ovviamente, la Roma, con l’Udinese, tre giorni fa strapazzata dal Napoli con un poker di reti, compatta nella propria meta’ campo e pronta a ripartire ogni volta che l’avversaria lasciava uno spazio in cui infilarsi. Dopo un primo tempo che la Roma ha chiuso in vantaggio con merito, e dopo che nei primi otto minuti aveva colpito due volte i pali con Mkhitaryan e Zaniolo, nella ripresa grazie alla freschezza dei nuovi innesti Stryger Larsen e Soppy gli ospiti hanno osato di piu’, approfittando anche del calco fisico della Roma. Ma per fortuna di Mourinho la difesa giallorossa e il portiere suo connazionale Rui Patricio hanno evitato il tracollo, sebbene la squadra di casa abbia perso troppi palloni.

Cosi’ all’Udinese di un deluso Gotti non e’ rimasto che recriminare sulle occasioni da gol non concretizzate nel primo tempo da Pussetto (tiro alzato in angolo a porta vuota da Mancini dopo una respinta di Rui Patricio) e nella ripresa da Udogie (diagonale rasoterra che termina a fil di palo alla sinistra di Rui Patricio), Soppy (destro di poco alto oltre la traversa) e Deulofeu (tiro respinto dal portiere avversario). Nel recupero c’e’ stata anche una punizione di Deulofeu alzata in angolo da Rui Patricio, ma ad onor del vero il ‘piazzato’ dello spagnolo dell’Udinese era un po’ troppo centrale per essere realmente pericoloso. Cosi’ alla fine la Roma vince dimostrando di saper soffrire, anche se in questa partita lo ha fatto troppo, e riesce a portare a casa il risultato. Ma non e’ questa la squadra che l’arrivo di Mourinhoaveva fatto sognare: del resto per il tecnico il suo team e’ un cantiere aperto, quindi non rimane che attendere. E intanto si continua a giocare, e la rosa non sembra cosi’ ricca di alternative all’altezza. Da qui, visto che si gioca troppo spesso, la stanchezza che anche oggi stava per causare guai.

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Internazionali al via, Musetti da big ‘qui magic moment’

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La truppa azzurra va alla conquista degli Internazionali. Se il protagonista del Masters romano è senza dubbio Jannik Sinner, numero uno al mondo e beniamino del pubblico che sta animando il Foro Italico, dietro di lui la schiera dei tennisti che puntano a ritagliarsi il proprio spazio è più che nutrita. A partire da quel Lorenzo Musetti che arriva dalla semifinale a Madrid e prima ancora dalla finale, persa, contro Alcaraz a Montecarlo. “Sto esprimendo il mio miglior tennis e sono a Roma per confermare questo bel momento. La mia mentalità deve essere quella di avere l’obiettivo di vincere su qualsiasi superficie, sarebbe da stupidi non pensarlo” ha ammesso il numero 9 al mondo, entrato in top 10 alla vigilia del torneo romano e deciso a salire ancora grazie alle prestazioni all’ombra del Colosseo.

Così come Matteo Berrettini, fresco di Collare d’Oro ricevuto dal presidente del Coni, Giovanni Malagò, nella Sala delle Fiaccole per la vittoria dello scorso anno in Coppa Davis, che potrebbe incontrare sul proprio cammino Fabio Fognini per un derby tricolore che potrebbe essere solo il primo di questi Internazionali sempre più tinti d’azzurro. Oggi, però, ha preso il via il torneo femminile col supporto di un tocco glamour – insieme all’opening dei locali Lea e 60 Foro Italico che coloreranno le notti romane – e permettendo all’Italia di partire con il successo di Lucia Bronzetti, che in due set ha avuto la meglio sulla lettone Anastasija Sevastova, col punteggio di 6-3, 6-4. Meno bene è andata, invece, a Nuria Brancaccio, eliminata al primo turno dalla statunitense Peyton Stearn con il punteggio di 6-3, 6-2, e a Giorgia Pedone che dopo tre set molto combattuti contro Lulu Sun si è dovuta arrendersi alla neozelandese col punteggio di 3-6, 6-1, 6-3 in un’ora e 45 minuti di gioco.

Niente derby con Jasmine Paolini, che se la vedrà quindi con Sun al secondo turno. “Sono felice di essere qui in Italia, questo è un torneo dove tutti noi italiani vogliamo far bene, è bello giocare davanti al nostro pubblico. Spero di fare più partite dell’anno scorso, di essere cambiata in meglio. Arrivo qui con un bagaglio di esperienza in più, ma il tennis è strano, e spero di migliorare il risultato dell’anno scorso”, le sue parole in conferenza prima di dimostrare la propria solidarietà a Sinner sottolineando come “la sospensione sia stata ingiusta, essere stato tre mesi fuori non ha aiutato nessuno. Jannik è un giocatore incredibile, non si meritava questo ed è bello riaverlo qui”, confermando la voglia della rappresentanza italiana di fare gruppo puntando, tutti insieme, verso il successo.

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Zverev e il diabete: non ho mai lasciato che mi fermasse

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“Avere una vita normale per chi ha il diabete è possibile. Ed è possibile anche diventare dei campioni sportivi. È importante che genitori e bambini sappiano che non ci sono limiti. Non ho mai lasciato che il diabete mi fermasse. Se riuscirò a ispirare altre persone nella mia condizione a continuare a inseguire i propri sogni e a realizzare tutto ciò di cui sono capaci, avrò fatto una piccola differenza”. A raccontarlo è il campione di tennis Alexander Zverev, intervenuto durante l’evento ‘Ridurre il peso del diabete e semplificarne la gestione attraverso la tecnologia’, promosso da Medtronic a Roma. Sul palco insieme al campione c’è Davide, bimbo di 8 anni che vive a Torino e condivide con il suo beniamino la passione per il tennis e la malattia, accompagnato dal papà Gianni.

Sacha, nato ad Amburgo nel 1997, ha ricevuto a soli quattro anni la diagnosi di diabete di tipo 1, malattia autoimmune in cui il sistema immunitario distrugge le cellule del pancreas che producono insulina, causando una carenza di questo ormone fondamentale per il metabolismo dello zucchero.

“Quando mi è stato diagnosticato, circa venti anni fa era diversa e praticare uno sport come il tennis era considerato impossibile – spiega il numero due del ranking Atp, in questi giorni a Roma per partecipare agli Internazionali 2025 -. La tecnologia e i farmaci hanno fatto enormi passi avanti. Quindi io sto vivendo il mio sogno ma non sono l’unico esempio di atleta con diabete. E oggi non c’è motivo per cui bambini e adulti con diabete non possano vivere al meglio la propria vita”.

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Luciano Spalletti: «Con De Laurentiis troppe battaglie. Se ci fosse stato più rispetto, sarei rimasto a Napoli»

Nel libro “Il Paradiso esiste… ma quanta fatica”, Spalletti racconta il rapporto con De Laurentiis: «Troppe frizioni, ma lo ringrazierò sempre». Anticipazione esclusiva al Corriere della Sera.

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Nel giorno dell’uscita del suo libro autobiografico Il Paradiso esiste… ma quanta fatica (Rizzoli), Luciano Spalletti regala al Corriere della Sera un’anticipazione destinata a far discutere. Al centro, uno dei passaggi più delicati e appassionati della sua carriera: il rapporto con Aurelio De Laurentiis e l’anno dello scudetto vinto con il Napoli.

«Due partite: una in campo, una con il presidente»

Spalletti racconta senza filtri i continui attriti avuti con De Laurentiis: «Sono andato via perché non avevo più voglia di sostenere questo continuo conflitto caratteriale con un imprenditore capace, ma con un ego molto, forse troppo grande». Il tecnico toscano descrive una convivenza fatta di battaglie quotidiane, «dare una maglia a un figlio, cambiare albergo senza un motivo chiaro», che lo hanno logorato.

Il “Sultano” e il silenzio dello scudetto

L’autore definisce De Laurentiis «estroso» e «imprevedibile», ma riconosce anche un momento di grande intelligenza da parte del presidente: «Quando ha smesso di parlare pubblicamente durante la stagione dello scudetto ha dato un segnale importante». Un sacrificio notevole per «un uomo di spettacolo che ama la scena».

Ma al momento della vittoria, il gelo. Spalletti svela: «Non telefonò a nessuno, né a me, né ai calciatori, né al team manager. Arrivò una telefonata solo il giorno dopo, per organizzare l’atterraggio a Grazzanise».

Una lettera e l’addio

La rottura definitiva avvenne con una lettera scritta a mano da De Laurentiis che, pur ringraziandolo per il trionfo, imponeva il prolungamento automatico del contratto. Spalletti rispose con un’altra lettera, altrettanto formale: «Sarebbe stato utile parlarsi, per il bene del Napoli. Farlo, forse, avrebbe cambiato il corso delle cose».

«Se ci fosse stato più rispetto, sarei rimasto»

Alla domanda che in tanti gli pongono — se sarebbe rimasto a Napoli con un altro tipo di rapporto — Spalletti oggi risponde: «Sì. Se ci fosse stato più rispetto umano, più dialogo e più apertura su cosa servisse per rivincere, alla fine sarei rimasto».

Eppure, chiude con una nota di gratitudine: «Lo ringrazierò sempre per avermi permesso di allenare il Napoli».


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