I carri armati e i veicoli blindati escono a turno dai boschi e puntano dritto al bersaglio, mezzo chilometro piu’ avanti: prima arrivano le raffiche delle mitragliatrici pesanti e i tiri d’artiglieria per abbattere le linee nemiche, poi i colpi piu’ profondi, quelli da 120 millimetri che partono dai Leopard spagnoli, dai T92 polacchi, dai Lav canadesi e dai blindo Centauro italiani. In aria volano gli Apache americani, prima che il rumore assordante degli F16 squarci il cielo sopra Riga. Mentre in Ucraina le bombe cadono davvero e i civili muoiono, la Nato mostra i muscoli a 300 chilometri dal confine con la Russia, nel gelo della foresta lettone ancora coperta di neve. Le prove di guerra chiudono la ‘Crystal Arrow’, la ‘Freccia di cristallo’, l’esercitazione durata dieci giorni negli oltre 60 chilometri quadrati del poligono alle spalle di Camp Adazi, la base lettone ad un’oretta di macchina dalla capitale Riga che ospita il contingente della Nato. Un migliaio di militari di dieci Paesi che compongono uno dei quattro battle group – gli altri tre sono in Estonia, Lituania e Polonia – con i quali l’Alleanza Atlantica ha cominciato a rafforzare il fianco est, dopo il vertice di Varsavia del 2016 che ha rappresentato la risposta all’invasione della Crimea due anni prima. L’Italia schiera gli alpini della Brigata Taurinense ma anche il reggimento Nizza Cavalleria, il reggimento trasmissioni e il reggimento contraerea: in tutto 238 unita’, di cui una dozzina sono donne. C’e’ anche una squadra del Comando operazioni in rete (Cor) per la guerra cyber e 135 mezzi: i blindo Centauro, i Lince e i Bv 206, una sorta di gatto delle nevi blindato. L’esercitazione si svolge ogni anno, ma con la guerra che non e’ piu’ un gioco per generali e strateghi militari, assume tutto un altro significato, come ammette l’ex generale capo delle forze armate lettoni e attuale consulente del ministro della difesa Artis Pabriks. “Uno degli errori piu’ grandi di Putin – dice Raimonds Graube – e’ stato quello di sottovalutare la risposta di tutti i paesi europei. Siamo uniti e lui non se lo aspettava, questa e’ la nostra forza”. Ha ragione, se si guarda come spagnoli e canadesi, italiani e polacchi, albanesi e sloveni lavorino uno accanto all’altro scambiandosi coordinate e indicazioni operative come fossero un solo esercito. Un embrione, allargato all’altra sponda dell’Atlantico, di quella che resta al momento un’utopia: la Difesa comune europea. La Freccia di Cristallo ha visto per dieci giorni l’intero contingente di Camp Adazi difendere le postazioni e contrastare una brigata ‘nemica’, una battaglia che in gergo militare si chiama ‘a partiti contrapposti’ in cui i cattivi in questo caso erano altre forze Nato stanziate in altri Paesi. Nei boschi di abeti e larici si e’ sparato davvero, ma a salve. Oggi, invece, i colpi erano veri. E concreti sono i timori dei lettoni tanto che nei primi dieci giorni di guerra le domande dei volontari per svolgere il servizio nella guardia nazionale sono state quante quelle del 2021. L’obiettivo di tutto questo spiegamento di mezzi e uomini lo spiega il comandante del contingente italiano, il tenente colonnello Claudio Blardone. “Cerchiamo di simulare uno scenario in cui si manovra tutti insieme, per migliorare l’interoperabilita’ e l’integrazione tra le forze. Le truppe hanno operato fianco a fianco senza mai rientrare alla base”. Una missione, in sostanza, che serve a verificare il livello operativo raggiunto dopo mesi di addestramento insieme. “Abbiamo simulato una complessa manovra difensiva – dice ancora Blardone – su piu’ giorni e applicabile in qualsiasi contesto, dove le forze di diversa tipologia operano sul terreno per raggiungere determinati obiettivi”. Nei boschi di Riga e’ evidente pero’ a tutti che i test militari sono il mezzo che serve a consegnare il messaggio ad un unico destinatario, Vladimir Putin. “Tutti noi abbiamo motivo di essere preoccupati, non solo noi lettoni – sottolinea Graube – Non siamo cosi’ ingenui da credere che Putin sia interessato alla Lettonia. Non ci dobbiamo far prendere dal panico, rimanere uniti e aiutare la Nato. Nessun paese dell’Ue puo’ sentirsi sicuro e la situazione potrebbe peggiorare. Non e’ piu’ una lotta per dei territori, e’ una guerra di valori. Gli ucraini stanno facendo la lotta per i nostri valori”. Forze esagera, forse no. Certo e’ che con la diplomazia che arranca e una via d’uscita che non si vede, le prove di guerra fanno ancora piu’ paura.