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Economia

Stralcio cartelle dopo 5 anni e più tempo per pagare

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Un fisco sempre più amico. Che concede ancora più tempo per saldare i debiti. E che fa scattare dopo 5 anni lo stralcio automatico delle cartelle. Il governo rimette mano al sistema della riscossione con l’obiettivo di renderla più “veloce ed efficiente” e di snellire la montagna di debiti fiscali. Ma c’è già chi sente odore di condono. Il viceministro all’Economia Maurizio Leo, però, spiega: aiutiamo “chi vuole pagare” ma non riesce. E assicura: continueremo a “lottare contro i furbetti”. Il nuovo decreto attuativo della riforma fiscale che incassa l’ok preliminare del cdm, il decimo, è dedicato al riordino del sistema della riscossione. Arriva innanzitutto un allungamento dei tempi per saldare i debiti con il fisco: si passa dalle 72 rate mensili attuali ad un massimo di 120 (su un orizzonte quindi di 10 anni).

Oltre i 120mila euro di debito, il contribuente che documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà avrà subito la possibilità di dilazionare il pagamento in massimo 120 rate mensili. Sotto quella soglia invece è previsto aumento progressivo delle rate ogni biennio: per chi “documenta” la situazione di difficoltà è previsto un minimo di rate crescente (che aumenta ogni due anni, da 85 a 97 a 109) e un massimo sempre di 120 rate; mentre per il contribuente che semplicemente “dichiara” di trovarsi in situazione di difficoltà l’aumento parte da 84 rate mensili nel 2025-26 aumentando progressivamente fino ad un massimo di 108 rate nel 2029. Sarà il Mef a valutare – monitorando gli effetti delle nuove norme sui conti pubblici – se concedere le 120 rate dal 2031. Dal 2025 poi arriva lo stralcio (il “discarico automatico”) per le cartelle non riscosse entro 5 anni. E’ previsto anche il “discarico anticipato” nei casi di chiusura del fallimento o della liquidazione giudiziale o “l’assenza di beni suscettibili di poter essere aggrediti”.

Fino alla prescrizione, comunque, l’ente creditore potrà gestire in proprio la riscossione coattiva delle somme discaricate oppure affidarla in concessione a soggetti privati con gara pubblica, o riaffidarle all’Agenzia entrate-riscossione per 2 anni nel caso in cui si venga a conoscenza di nuovi e significati elementi reddituali del debitore. Dal prossimo anno poi, le cartelle dovranno essere notificate al creditore entro 9 mesi dall’affidamento del carico e arriva anche la possibilità di raggruppare i crediti per codice fiscale con l’effetto di avere ad esempio in un’unica cartella tasse e multe. Interventi che puntano innanzitutto a “snellire” l’attuale magazzino del non riscosso, una montagna di debiti che ha già sfondato quota 1.200 miliardi (erano 1.206,6 al 31 dicembre). Ed “evitare che in futuro se ne crei un altro” analogo. Viene anche istituita una commissione ad hoc che analizzerà la situazione e proporrà al Mef “le possibili soluzioni per conseguire il discarico di tutto o parte” del magazzino.

“Prosegue senza sosta l’operato del governo sulla riforma fiscale”, sottolinea soddisfatto Leo: “Stiamo ridisegnando completamente l’architettura del fisco italiano”. Ma le nuove misure non convincono tutti: con la cancellazione delle cartelle dopo 5 anni, osserva su X l’economista Carlo Cottarelli, “basterà resistere 5 anni per essere al sicuro. Ora avremo pure il condono in automatico”. Si completa intanto l’iter del decreto legislativo sul riordino dei giochi, approvato definitivamente dal Cdm. Arriva il rinnovo della gara del Lotto, con una base d’asta che passa da 700 milioni a a 1 miliardo, ma si mette anche fine all’utilizzo dei contanti per i giochi online. L’obiettivo è “razionalizzare e aggiornare il sistema dei giochi pubblici a distanza, aumentando il valore delle concessioni da assegnare portandole ai corretti livelli di mercato”, spiegano fonti di governo. Il prossimo step sarà un intervento sulla rete dei giochi fisici.

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Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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Economia

Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Economia

Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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