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Cronache

Strage di Erba, a marzo si decide per revisione processo

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Si riaprono i giochi per la strage di Erba: Quattro le vittime, tra cui un bambino di due anni, uccisi l’11 dicembre del 2006 e per la cui morte sono stati condannati all’ergastolo e a tre anni di isolamento diurno i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. A quasi 18 anni dall’eccidio nel comune del Comasco ora i giudici della Corte d’appello di Brescia hanno deciso che sia discussa l’istanza presentata dai loro avvocati con cui si chiede la revisione della sentenza di condanna. Con quello dei legali, però, sarà discusso anche il ricorso del sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser la cui iniziativa era stata ritenuta improvvida e fuori dalla regole dal capo del suo ufficio, Francesca Nanni, che aveva dato parere negativo trasmettendola a Brescia. Tarfusser, ora sotto procedimento disciplinare per questo, manifesta “un’enorme soddisfazione professionale” mentre la decisione dei giudici bresciani lo “ripaga di alcune negatività che ho subito ma è in linea con quanto ho sempre fortemente creduto”.

Olindo e Rosa, vicini di casa di Raffaella Castagna, di suo figlio Youssef, di soli due anni, uccisi nelle strage a coltellate e con una barra di ferro come la madre della donna, Paola Galli e una loro vicina di casa, Valeria Cherubini, confessarono inizialmente di essere gli autori dell’eccidio, motivandolo con la rabbia per le continue liti e vessazioni da parte di Raffaella e di suo marito Azouz Marzouk. Quest’ultimo poi fu arrestato per spaccio e nel processo manifestò improvvisamente dubbi sulla colpevolezza della coppia. Alla ‘mattanza’ sopravvisse solo Mario Frigerio, marito della Cherubini, nonostante una profonda ferita alla gola. Fu lui a riconoscere, tra il fumo e le fiamme davanti alla porta dell’appartamento dei Castagna, a cui era stato dato fuoco, Olindo Romano.

Un riconoscimento effettuato anche in dibattimento, quando Frigerio, che morì alcuni anni dopo, si trovò faccia a faccia con gli imputati. Gli avvocati Fabio Schembri e Nico D’Ascola, per Olindo, e Luisa Bordeaux e Patrizia Morello, per Rosa Bazzi, puntano su nuovi testimoni e una serie corposa di consulenze alla base della richiesta di revisione della sentenza. Uno di questi, “mai sentito all’epoca dei fatti” per i difensori della coppia, è un uomo che abitava nella casa della strage, legato ad Azouz Marzouk. L’uomo aveva riferito di una faida con un gruppo rivale, nella quale anche lui fu ferito, e aveva sostenuto che la casa della strage “era la base dello spaccio che veniva effettuato nella vicina piazza del mercato e il posto dove erano depositati gli incassi”. Questa, per lui, l’origine della strage non l’odio dei coniugi. Altro testimone citato dalla difesa è “un ex carabiniere che riferisce delle indagini e delle parti mancanti del 50% dei momenti topici delle intercettazioni”.

Le consulenze sostengono l’incompatibilità con la ricostruzione fatta dai coniugi – e poi ritrattata – della strage con quella emersa dalle indagini. Un elaborato riguarda la testimonianza di Mario Frigerio, diventato principale testimone dell’accusa che riconobbe Olindo in aula. Una versione in dibattimento che, per i legali, contrasterebbe con quanto dichiarato da Frigerio nell’immediatezza, nel letto d’ospedale. Anche la ricostruzione nelle sentenze della morte della moglie di Frigerio, Valeria Cherubini, contrasterebbe con quella emersa dalle loro consulenze.

Sulla novità di queste prove e se queste possano portare al proscioglimento degli imputati (sono queste le condizioni necessarie) la Corte d’appello di Brescia potrà decidere se riaprire un processo, con l’acquisizione dei nuovi elementi, oppure respingere le istanze che sono complessivamente tre, compresa quella del tutore di Olindo e Rosa, l’avvocato Diego Soddu. Giuseppe Castagna, che nella strage di Erba perse madre, sorella e nipotino non è scosso dalla decisione di far discutere l’istanza: “Possono cercare in tutti i modi, ma non troveranno mai un’altra verità”, spiega e aggiunge: “Ogni volta che ci arrivavano notizie di iniziative della difesa o mediatiche provavamo dolore, ora è quasi noia: siamo stati anche attaccati personalmente”.

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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