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Cronache

Uccide tre donne per una lite condominiale, folle arrestato

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“Aveva ucciso già tre persone, il prossimo sarei stato io. Mi sono lanciato su di lui per disperazione e sono riuscito a bloccarlo”. L’eroe di Fidene è Silvio Paganini, 67 anni, è lui, come tante altre persone, che ha visto la morte negli occhi questa mattina in via Monte Giberto ma è riuscito a trovare la forza, nell’attimo in cui forse la glock semiautomatica che impugnava Claudio Campiti si è forse inceppata, per fermare quella mattanza. Una tragedia che si è consumata in un gazebo di un bar in una domenica mattina in cui circa trenta persone si erano riunite in assemblea per discutere del futuro del Consorzio Valle Verde, un complesso di villette in provincia di Rieti. “E’ entrato e ha chiuso la porta ha solo detto ‘vi ammazzo’ e ha cominciato a sparare – racconta la vicepresidente del consorzio, Luciana Ciroba -. Ha mirato alle persone che erano al di là del tavolo, al consiglio di amministrazione della società”. Istanti di terrore interminabili, una violenza cieca messa in atto in modo lucido. “Aveva bloccato la porta e ci ho messo un po’ per far uscire la gente – racconta un testimone oculare-. Se non fosse stato per noi sarebbe stata una strage, aveva 2 caricatori e altre cartucce. Ho visto una ragazza accanto a me che è stata colpita ed è morta”. Una rabbia covata per anni nei confronti del Consorzio. In passato c’erano state delle minacce verbali, tutti lo conoscevano per la sua situazione ma nessuno avrebbe mai pensato che potesse arrivare a tanto.”Lui non era matto, c’erano problemi con il condominio – aggiunge Ciroba -, ci sono state diverse denunce alla procura della Repubblica. Una volta ha messo uno striscione con scritto ‘consorzio rauss'”. Tante le persone accorse subito dopo la strage e che hanno assistito ai rilievi effettuati dai carabinieri, dagli agenti in tuta bianca che hanno analizzato per ore la scena del crimine. Tra i presenti anche il compagno della premier Giorgia Meloni, Andrea Giambruno, che era in visita ad un conoscente. Campiti si sentiva sostanzialmente in guerra con il Consorzio, da anni erano partite denunce incrociate. “Lui non voleva pagare le spese del consorzio – spiega chi è scampato alla tragedia -. Questa estate aveva minacciato dei bambini”. Nel suo passato una vicenda che lo ha senza dubbio segnato: nel 2012 la morte del figlio quattordicenne, Romano, sulla pista da slittino a Sesto Pusteria. Ora viveva in una condizione di estremo disagio, nel rustico di una villetta del consorzio, in uno scantinato, a poca distanza dal lago di Turano nel Reatino.

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Commando armato tra i vicoli dei Quartieri: volevano uccidere

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Armi in pugno, volti coperti, in quattro hanno fatto irruzione nell’androne di Foqus, la Fondazione Quartieri Spagnoli, in via Portacarrese a Montecalvario. Erano circa le mezzanotte di domenica scorsa e i componenti del commando erano convinti che lì dentro si nascondesse l’uomo che stavano inseguendo per uccidere, come vendetta per un precedente agguato, avvenuto due settimane prima in via Nardones. Non trovandolo, sono fuggiti via. Attimi di terrore per il custode, che ha denunciato tutto.

Il contesto: vendetta e criminalità

Secondo le indagini della Squadra Mobile diretta da Giovanni Leuci, quella incursione armata è stata la risposta a un episodio camorristico. Un agguato, avvenuto a tarda notte tra i vicoli del centro, documentato grazie alla testimonianza di uno studente. L’inchiesta è condotta dalla DDA con il coordinamento del procuratore aggiunto Sergio Amato. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza confermano la dinamica e il livello di pericolosità dei quattro incappucciati, armati di pistole e fucili.

L’emergenza criminale e il caso minorenni

L’attacco a Foqus arriva in un momento già delicato per Napoli, dove si sta alzando l’allarme sulla presenza di armi tra i giovanissimi. Solo pochi giorni fa due ragazzini di 14 e 15 anni sono stati pugnalati da coetanei nei pressi di piazza Dante, per futili motivi. Ieri, il prefetto Michele di Bari e l’assessore alla legalità Antonio De Iesu si sono recati nella zona degli accoltellamenti per incontrare commercianti e cittadini e ribadire l’importanza dell’impegno collettivo contro la devianza giovanile.

La missione di Foqus e la voce di Rachele Furfaro

“Domenica notte il nostro portone era aperto”, spiega Rachele Furfaro, fondatrice e presidente di Foqus. “Da quando siamo nati, nel 2013, abbiamo cercato di vivere la realtà dei Quartieri come una grande piazza, aperta alla contaminazione culturale e al contrasto della povertà educativa”. Non a caso, proprio ieri, la struttura ha ospitato un incontro con 750 studenti provenienti da tutta Italia, in collaborazione con la Robert Francis Kennedy Foundation e l’Università Orientale.

Diritti, scuola e coraggio nei Quartieri

“Serve più coraggio anche da parte delle scuole per stare in questi territori e mettere in campo interventi di qualità. Bisogna affermare il diritto alla formazione, alla lettura, al gioco”, insiste la presidente Furfaro. Un messaggio ancora più forte alla luce dell’ennesimo episodio di violenza giovanile che ha scosso Napoli lo scorso week end.

Il lavoro di Foqus non si ferma. La comunità reagisce, nonostante tutto.

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Videochiamata al concerto dal carcere, indagato Baby Gang

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La Procura di Catania ha indagato il rapper Zaccaria Mouhib, 24 anni, in arte Baby Gang, per concorso per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, aggravato dall’avere favorito la mafia, e per avere violato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che gli impediva di essere presente nel capoluogo etneo. Agenti della squadra mobile della Questura di Lecco, in raccordo con quelli di Catania, hanno eseguito a Calolziocorte (Lecco) un decreto di perquisizione e hanno sequestrato lo smartphone dell’artista che nei prossimi giorni verrà sottoposto ad accertamenti forensi.

All’indagato la polizia ha anche notificato un foglio di via obbligatorio emesso dal Questore di Catania che vieta a Baby Gang di potere dimorare nel capoluogo etneo per quattro anni. Iniziativa che farà saltare il suo concerto previsto per l’8 agosto prossimo alla Villa Bellini. Al centro dell’inchiesta della Procura di Catania la sua partecipazione, lo scorso 1 maggio, sul palco della Plaia, all’One day music festival, dove, prima di esibirsi con la canzone ‘Italiano’, scritta con Niko Pandetta, fa vedere un video sul suo smartphone in cui sembra assistere a una videochiamata con il nipote dello storico capomafia Turi Cappello. Il trapper però è in un carcere in Calabria, detenuto dal ottobre del 2024 per spaccio di sostanze stupefacenti.

“È mio fratello, un c… di casino per Niko Pandetta”, ha incitato il pubblico dal palco l’artista mostrando il telefonino in cui si è visto il volto di Pandetta. Il gesto è stato ripreso da molti dei presenti che hanno poi postato i video sui social, diventati virali. Non è ancora chiaro se la videochiamata fosse in diretta o registrata, o fosse un antico video memorizzato. Per chiarire cosa fosse realmente accaduto e verificare se Pandetta abbia avuto la possibilità, dal carcere, di mandare un video o, addirittura, di partecipare in diretta al concerto del 1 maggio sulla spiaggia della Plaia la Procura di Catania ha avviato degli accertamenti, delegando le indagini alla squadra mobile della Questura. E da una perquisizione nella cella del carcere di Rossano, dove Pandetta è detenuto, eseguita il 3 maggio scorso, la polizia penitenziaria ha trovato e sequestrato un telefonino. Per questo motivo è stato indagato per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti.

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False fatturazioni e riciclaggio, 29 misure e 40 perquisizioni

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Ventinove misure cautelari e 40 perquisizioni sono in corso di esecuzione in 10 citta tra Emilia Romagna , Campania e Lombardia nei confronti di presunti appartenenti a un’associazione per delinquere operante nel settore edilizio e dedita all’emissione di fatture false, riciclaggio e autoriciclaggio di denaro. Oltre 100 unità composte da operatori della polizia di Stato e da militari della guardia di finanza sono impegnate nell’operazione che si sta svolgendo Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Reggio Emilia, Forlì, Rimini, Mantova, Napoli e Caserta. Si tratta del risultato di una complessa indagine – partita dalla segnalazione di movimentazioni di denaro sospette pervenuta alla polizia postale da parte di Poste Italiane – condotta dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica dell’ Emilia-Romagna coordinato dal Servizio polizia postale e per la sicurezza cibernetica, e dal Nucleo operativo metropolitano della guardia di finanza di Bologna, sotto la direzione del pubblico ministero Flavio Lazzarini della procura di Bologna.

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