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Economia

Slitta stop al redditometro, balneari ancora in stand by

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Per lo stop al redditometro serve ancora tempo. Il pressing di Forza Italia per abolire lo strumento anti-evasione non troverà spazio nel decreto coesione, ma arriverà con un prossimo provvedimento. Il governo prova così a risolvere uno dei due nodi finiti sotto il faro del Colle perché estranei al provvedimento. E anche l’altro nodo, quello sui balneari, si avvia verso una soluzione: dopo le rassicurazioni ricevute da Palazzo Chigi per affrontare il tema in un prossimo cdm, la Lega annuncia che il proprio emendamento (presentato peraltro in forma identica anche al dl agricoltura) sarà trasformato in ordine del giorno per impegnare l’esecutivo ad adottare una mappatura e definire un processo di riordino del settore, parametrato al valore aziendale e di un sistema di prelazione”.

La mattinata di lavori sul decreto coesione in commissione Bilancio, che ha avviato il voto sugli emendamenti, si apre con una schiarita sul redditometro. All’indomani della decisione degli Azzurri di non ritirare l’emendamento che propone l’abolizione della legge originaria sul redditometro e del decreto ministeriale di maggio in materia, poi sospeso, il sottosegretario all’Economia Federico Freni annuncia: “Le istanze di FI sono ampiamente condivise e saranno valorizzate dal governo in un prossimo provvedimento normativo”.

Il Redditometro è uno strumento “non più utilizzato da anni e che nessuno ha intenzione di utilizzare”, puntualizza l’esponente della Lega, che assicura: il viceministro Leo, il ministro Giorgetti e tutta la maggioranza “sono al lavoro” per rispondere alle esigenze dei contribuenti. Parole positive per FI, che però resta cauta. “Mi dichiaro soddisfatto”, ma “vogliamo anche un’ulteriore conferma” a livello più alto della volontà di risolvere la questione, dice il capogruppo in Senato Maurizio Gasparri. Il confronto è ancora in corso, precisa il senatore, che si dice “flessibile” sulla forma, ma non sull’obiettivo.

La soluzione che sembra profilarsi sarebbe quella di inserire l’abolizione nel parere parlamentare ad un prossimo decreto legislativo fiscale, forse già quello che corregge il concordato preventivo biennale atteso giovedì in consiglio dei ministri. Al momento, tuttavia, secondo quanto si apprende, lo strumento definitivo non sarebbe stato ancora individuato. Certo è che dopo la pausa decisa dal governo per l’incidente avvenuto con il decreto ministeriale, ora serve una soluzione: sulla materia è al lavoro il viceministro Maurizio Leo, che da settimane invita a non chiamarlo più redditometro, perché non esiste più dal 2015, e ribadisce che l’obiettivo è quello di colpire solo i grandi evasori.

Intanto il governo prepara il restyling del concordato preventivo biennale, il meccanismo rivolto a 4,5 milioni di partite Iva su cui il governo scommette per reperire risorse utili alla manovra. A quattro mesi dal provvedimento che ha varato uno dei punti nodali della riforma fiscale, sono in arrivo alcune novità con l’obiettivo di massimizzarne gli effetti. Per quest’anno, primo anno di applicazione, la scadenza prevista per l’adesione da parte del contribuente alla proposta elaborata dall’Agenzia delle Entrate slitta di 15 giorni al 31 ottobre. A regime, invece, la scadenza sarà il 31 luglio.

Inoltre, per ampliare la platea, il concordato partirà con un maxi-sconto: nel primo anno di adesione l’imponibile richiesto dal fisco verrà decurtato del 50%. Le novità arriveranno sotto forma di decreto legislativo correttivo sul tavolo del consiglio dei ministri di giovedì dove sarà esaminato anche il decreto sulle terre rare e quello sui Campi Flegrei.

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Nagel apre la partita sul Leone, Mps non si ferma

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Mediobanca gioca la sua mano nella partita del risiko bancario proponendo di scambiare la quota del 13% nelle Generali con la totalità delle azioni di Banca Generali. Un’operazione che da un lato trasformerebbe in un asset industriale una partecipazione finanziaria con cui i manager di Piazzetta Cuccia hanno sempre inciso sulle scelte strategiche del Leone e dall’altro aprirebbe nuovi scenari sugli assetti di controllo del grande ‘forziere’ del risparmio italiano. La mossa, di cui l’ad di Mediobanca Alberto Nagel (foto Imagoeconomica in evidenza) ha sottolineato la valenza industriale e la coerenza con il piano di Piazzetta Cuccia, ha però anche l’effetto non secondario di cercare di sottrarre la banca all’abbraccio sgraditissimo di Mps, la cui scalata potrebbe diventare più costosa se il mercato crederà alle promesse di Nagel e più complessa in uno scenario di integrazione a tre.

“L’operazione – scrivono gli analisti di Bofa – aggiunge incertezza e uno strato di complessità al progetto di un terzo polo Mps-Mediobanca”. Non la vedono così a Siena dove tira tutt’altro che aria di resa. Non solo l’offerta su Banca Generali viene giudicata non “ostativa” della scalata a Mediobanca ma viene anzi ritenuta in grado di “rafforzare il valore industriale” dell’operazione di Mps, che punta a aumentare la sua presenza nel wealth management e valuta “non strategica” e cedibile la quota nel Leone. Lovaglio può contare sul sostegno dei suoi grandi sponsor. Anzitutto del governo, dove fra i meloniani Banca Generali viene considerata la “risposta scaltra” di Nagel al Monte e si auspica che l’ops di Mps “vada in porto”.

Ma anche di Caltagirone e Delfin, che insieme hanno il 27,2% di Mediobanca e il 20% di Mps, e non appaiono intenzionati a deporre le armi, come dimostra l’astensione dei rappresentanti di Delfin nel cda di Mediobanca e la battaglia che potrebbero dare in Generali, anche sollevando il tema del conflitto di interesse di Mediobanca, i consiglieri del Leone eletti nella lista Caltagirone. Si tratterà di vedere se, alla prova del mercato, Nagel sarà in grado di convincere i suoi azionisti che è meglio una Mediobanca indipendente e con una solida presenza nel wealth management ad un matrimonio con Mps, che con Piazzetta Cuccia punta invece a diversificare il suo business e a creare il terzo polo bancario. Ma anche se saprà spingere i soci di Banca Generali, a partire dal Leone, a consegnare le azioni. A caldo la Borsa – dove viene riconosciuto il senso industriale e finanziario dell’ops per Mediobanca ma meno per Generali e Banca Generali – ha risposto con una certa freddezza, facendo scendere Piazzetta Cuccia (-0,8%) e Generali (-1,1%) e spingendo Mps (+2,1%).

Ma il piano di Mediobanca prevede anche l’addio a Trieste, con metà della quota che verrebbe rilevata dal Leone e metà che si dissolverebbe nel mercato. Per Generali – dove Delfin ha quasi il 10%, Caltagirone il 6,8% e Benetton il 4,8% – si aprirebbe l’esigenza di puntellare la compagine tricolore che ne difenda l’italianità, in una fase in cui il governo ha acceso un faro sull’accordo nell’asset management con Natixis. Una partita su cui potrebbero avere qualcosa da dire Intesa, che domani investirà il suo ceo Carlo Messina con un nuovo mandato triennale, e soprattutto Unicredit, che ha già rastrellato il 6,7% del capitale e ha votato con Caltagirone e Delfin in assemblea, auspicando un cambio di passo a Trieste. Una partita che potrebbe incrociarsi con l’ops su Banco Bpm, partita oggi con la consegna di sole 798 azioni. L’operazione è fortemente a rischio dopo i paletti imposti dal governo con il golden power, in relazione ai quali Unicredit, che per ora non ha impugnato il provvedimento, ha chiesto chiarimenti. Nel frattempo il cda di Gae Aulenti ha rinviato al 12 maggio la presentazione dei suoi risultati, inizialmente in programma il 7, stesso giorno di quelli di Banco Bpm.

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Pirelli: viene meno il controllo di Sinochem ma è scontro

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Dopo 10 anni di convivenza Pirelli prova a prendere le distanze dal socio cinese che, dopo aver investito 7,1 miliardi di euro, non intende però farsi mettere alla porta. “E’ venuto meno il controllo di Sinochem” si leggerà nella relazione finanziaria che il 12 giugno i soci voteranno in assemblea ma Marco Polo International Italy, il veicolo che detiene la quota del 37%, si oppone fin d’ora. In cda il presidente di Pirelli (e di Sinochem) Jiao Jian e i consiglieri Chen Aihua, Zhang Haitao, Chen Qian, Fan Xiaohua hanno votato contro e il bilancio è stato approvato a maggioranza, con il voto favorevole di 9 su 15 consiglieri. Il fronte cinese non è compatto: Tang Grace si è astenuta e gli indipendenti Marisa Pappalardo e Alberto Bradanini hanno votato a favore. In serata arriva la presa di posizione di Marco Polo International Italy che esprime un “profondo disappunto e ferma opposizione”.

La relazione finanziaria di Pirelli, su proposta dell’ad Andrea Casaluci, contiene l’informativa secondo cui, “a seguito del Golden Power è venuto meno il controllo di Marco Polo Italy (e, per l’effetto, di Sinochem) su Pirelli ai sensi dell’Ifrs 10”. Il decreto “non include alcuna disposizione che privi Mpi del controllo su Pirelli, anzi lo presuppone” ribatte il socio cinese e sembra una dichiarazione di voto; e poi arriva la precisazione che “tra l’altro Mpi continua a detenere una percentuale rilevante per l’esercizio di un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria”. Lo scontro diretto però non sembra nello stile del socio cinese, che ricorda “in qualità di azionista responsabile di Pirelli, abbiamo sempre rispettato rigorosamente le leggi italiane ed estere, e continueremo a farlo con spirito di collaborazione con tutte le autorità competenti assicurando la naturale tutela degli interessi di Mpi e preservando sempre lo sviluppo e la crescita di Pirelli”. Il dialogo dunque continua. Il venir meno del controllo, sottolineano i manager, è “un primo passo, ma non risolutivo, nel percorso di necessario adeguamento della governance societaria ai vincoli normativi negli Usa”, un mercato chiave per l’High Value (un settore che pesa per il 76% dei ricavi totali) e la tecnologia Cyber Tyre. Gli analisti, Banca Akros, Equita e Mediobanca dicono cose simili, Pirelli “avrebbe bisogno di una nuova governance”.

“Tra le diverse soluzioni – elencano ricordando le indiscrezioni di stampa – vi è una riduzione della quota di Sinochem a meno del 25%, forse attraverso l’ingresso di un nuovo azionista di riferimento o una nuova governance che limiti il numero di membri cinesi nel CdA”. Casaluci ha un mese e mezzo per ricomporre lo strappo e poi porterà in assemblea il bilancio, il dividendo e il piano di incentivazione. Il 2024 si è chiuso con un utile netto consolidato di 501,1 milioni (+1%) e ricavi in aumento dell’1,9% a 6.773,3 milioni; per la capogruppo l’utile netto è stato di 302 milioni (+24,3%) e il cda proporrà la distribuzione di una cedola da 0,25 euro per azione per un totale complessivo di 250 milioni di euro. E per il 2025 non abbassa l’asticella anche se resta prudente, alla luce delle elevate incertezze sui dazi Usa. Per mitigarne l’impatto è già pronto un piano con l’obiettivo di garantire i target di Ebit Adjusted (al 16%) e di generazione di cassa (0,55 miliardi) nella parte bassa della guidance e raggiungere comunque l’obiettivo di deleverage. Il piano di mitigazione “prevede maggiori importazioni dal Brasile e un aumento della capacità negli Usa” aveva spiegato l’ad in occasione della presentazione dei conti. Inoltre “la politica commerciale verrà riesaminata sulla base del tasso di inflazione”.

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Dichiarazione dei redditi al via, dal 30 la precompilata

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Parte la stagione della dichiarazione dei redditi. Da mercoledì pomeriggio la precompilata 2025 sarà disponibile in modalità consultazione sul sito dell’Agenzia delle Entrate. I modelli già predisposti contengono i dati in possesso del fisco oppure inviati dagli enti esterni, come datori di lavoro, farmacie e banche. Sono complessivamente circa 1,3 miliardi le informazioni trasmesse per la stagione dichiarativa in corso. Dal 15 maggio sarà poi possibile modificare e inviare i modelli dichiarativi. I contribuenti potranno anche quest’anno optare per il 730 semplificato, che nel 2024 è stato scelto da oltre metà della platea. Con questa modalità la compilazione è facilitata e il il cittadino non deve più conoscere quadri, righi e codici ma viene guidato fino all’invio della dichiarazione.

Nella sezione “casa” si potranno quindi trovare i dati relativi all’abitazione (rendita, eventuali contratti di locazione, interessi sul mutuo ecc.), in quella “spese sostenute” gli oneri, e nella sezione “famiglia” le informazioni su coniuge e figli. Una volta accettato o modificato i dati, sarà il sistema ad inserire automaticamente i dati all’interno del modello. Per inviare la dichiarazione ci sarà tempo fino al 30 settembre 2025.

Per chi invece presenta il modello Redditi (il modello alternativo per lavoratori dipendenti e pensionati con la differenza che il debito non viene trattenuto in busta paga, ma va pagato tramite il modello F24) la scadenza è il 31 ottobre. Nelle dichiarazioni precompilate sono già precaricati i 1.298.784.152 dati ricevuti dal Fisco. Le spese sanitarie si confermano in testa alla classifica con oltre 1 miliardo di documenti fiscali trasmessi. Seguono i premi assicurativi (più di 98 milioni di dati), le certificazioni uniche di dipendenti e autonomi (quasi 75 milioni) e i bonifici per ristrutturazioni (10,5 milioni).

In forte aumento rispetto al 2024 i dati sulle ristrutturazioni condominiali (quasi 7,5 milioni, +32%), quelli sulle erogazioni liberali (2,8 milioni, +13%) e quelli relativi alle spese scolastiche (8,5 milioni), universitarie (4 milioni) e gli asili nido (oltre mezzo milione). Per rendere ancora più agevole l’adempimento dichiarativo quest’anno sono state riviste e migliorate alcune funzionalità: ad esempio, la scelta del sostituto d’imposta e il passaggio dalla compilazione con la modalità semplificata a quella con il metodo ordinario.

Inoltre sono stati introdotti due nuovi quadri (M e T) che consentono alle persone fisiche non titolari di partita Iva di utilizzare la dichiarazione semplificata anche in relazione ai redditi soggetti a tassazione separata, a imposta sostitutiva o derivati da plusvalenze di natura finanziaria. Novità anche per gli eredi: da quest’anno il servizio web per la gestione delle autorizzazioni in capo all’erede è stato reso fruibile anche a tutori, amministratori di sostegno e genitori abilitati.

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