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Sinner guida la rivolta, il gran rifiuto di giocare a Parigi diventa un caso

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Nel calcio si gioca a Natale, Capodanno e Epifania. Nei motori – Formula 1 e Motogp – l’arrivo delle gare Sprint ha raddoppiato i punti, ma anche impegni rischi e stress. E nel 2024 per le monoposto il programma sarà sempre più extra large. Tour de force contro cui in tanti si sono scagliati, ma senza ottenere reali cambi di rotta: e così il gran rifiuto di Jannik Sinner – che ha deciso di rinunciare agli ottavi del torneo di Parigi-Bercy per mettere a riparo la sua salute ma mettendosi platealmente contro gli organizzatori del Masters 1000 francese – diventa un caso. Ma anche un episodio da cui prendere spunto e ripartire.

“Ben vengano decisioni come quella di Jannik Sinner, si sta andando in una direzione malata, bisogna avere più rispetto per gli atleti e dare loro il tempo di recuperare” dice Paolo Pizzo, ex campione di scherma, oggi rappresentante degli atleti in Giunta Coni. “Quella della congestione dei calendari sportivi è una problematica di tutte le discipline – spiega l’ex campione, protagonista de la ‘Stoccata vincente’, libro autobiografico divenuto film tv andato in cui racconta la battaglia vinta contro un tumore al cervello – troppe gare ravvicinate vanno a scapito della tecnica e il primo specchio sono, ad esempio gli stadi vuoti e la sovrapposizione degli atleti. Trovo scandaloso che un top come Sinner sia stato messo in queste condizioni, non capisco come l’Atp permetta una cosa del genere quando esistono anche software che aiutano a schedulare gli eventi”. Pizzo sottolinea l’importanza dei tempi di recupero degli atleti: “Tenere certi ritmi non va bene, anche solo mentalmente. Ci vuole molto coraggio a seguire l’esempio di Sinner”. Per l’ex schermidore siciliano “si sta andando in una direzione malata. L’atleta non può essere strumento da circo finalizzato allo spettacolo. Il rispetto ed il benessere dell’atleta, di qualunque disciplina si tratti – conclude – viene prima di tutto e devono essere consentiti i tempi di recupero, e questo oggi non è garantito”.

Nel pallone diversi campioni hanno provato a ribellarsi: il difensore del Liverpool, l’olandese Van Dijk poco tempo fa aveva lanciato l’allarme e si era detto disposto a rinunciare anche a parte dello stipendio per non sottostare a ritmi di gioco tanto stressanti. “Si gioca troppo. E sono disposto a guadagnare meno per la salute. Dobbiamo trovare una soluzione per il futuro dello sport” le sue parole. Anche Pep Guardiola, restando sempre nella Premier League, aveva più sottoposto il caso: “Vorrei solo proteggere un minimo la qualità, e invece vedo che si va nella direzione totalmente opposta” ha detto il tecnico del City in riferimento al fatto che in nome del business ormai si fa tutto. Certo è che nel mondo del tennis Sinner è stato capace di passare dalle chiacchiere ai fatti: un gesto non simbolico che ha raccolto il sostegno del sindacato dei tennisti.

“Dopo 24 ore estremamente complesse Sinner ha deciso di ritirarsi dal Paris Masters. E’ più importante che mai per i giocatori avere una voce sola per affrontare questioni come la programmazione degli incontri” il messaggio della Ptpa, l’associazione giocatori fondata da Novak Djokovic e Vasek Pospisil. Ma non tanti dei giocatori attivi sul campo hanno stretto la mano a Sinner: alla solidarietà a caldo di Ruud, si è aggiunta quella di Stan Wawrinka: “È pazzesco: al torneo non importa nulla e l’Atp si adegua a quello che il torneo fa. È sempre la stessa storia…”.

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Marino: campionato squilibrato da anni, troppa disparità fatturati e ricavi

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“Il nostro campionato non è equilibrato da diversi anni, ci sono disparità di fatturati e ricavi, non è una questione di oggi. Però è stato un bel campionato per quanto riguarda lo spettacolo offerto dalle squadre e anche per certe novità tecnico-tattiche. L’Inter ha ripercorso il campionato del Napoli dell’anno scorso. A volte ci sono anche i demeriti che determinano certi divari in classifica. Demeriti di alcune squadre che dovevano fare e non hanno fatto”. Così ai microfoni di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1 Pierpaolo Marino, decano dei dirigenti sportivi italiani, sul campionato di Serie A ormai alle ultime curve, a quattro giornate dalla fine. Si dovrebbe tornare a un campionato a 18 squadre? “Ho fatto tanti anni con l’Avellino e con il Napoli con campionati a 16 squadre. Sia a 16 che a 18 squadre sono campionati che nella loro brevità non fanno emergere i reali valori tecnici. Una sconfitta determinava una classifica in maniera inappellabile. Sono contrario alla riduzione delle squadre. I format migliori sono la Premier e la Liga, tutti campionati a 20 squadre che non vanno a ridurre l’organico. A mio avviso, quello attuale è il format giusto”.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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