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Cronache

Sigilli al Morandi, realizzato con “materiale scadente”

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“…al Morandi con questo materiale l’abbiamo fatto… e casca tutto”. Cosi’ parlavano, in un frammento del contenuto di un’intercettazione, gli addetti ai lavori di manutenzione del Viadotto Bisantis – meglio conosciuto come Morandi dal nome del progettista, padre del viadotto sul Polcevera crollato nel 2018 a Genova, porta d’ingresso alla citta’ di Catanzaro – della malta scadente utilizzata per risparmiare sui costi. In sei sono finiti nelle maglie dell’operazione Brooklyn condotta dalla Guardia di finanza e coordinata dalla Dda del capoluogo calabrese che ha portato al sequestro, con facolta’ d’uso del ponte e della galleria Sansinato sulla statale 280 “dei due mari”. Quattro gli arrestati: due fratelli imprenditori, Eugenio e Sebastiano Sgromo e un ispettore della Gdf Michele Marinaro in carcere e Rosa Cavaliere, collaboratrice dei due imprenditori ai domiciliari. Per altri due indagati e’ stata disposta l’interdizione dalla professione: Silvio Baudi, di 43 anni, ingegnere, dipendente Anas (sei mesi), e Gaetano Curcio, di 42, geometra (nove mesi). Il Gip di Catanzaro che ha firmato le ordinanze ha anche disposto il sequestro preventivo di tre societa’ di costruzione e di oltre 200mila euro quale profitto dei reati contestati che sono, a vario titolo, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, corruzione in atti giudiziari, associazione per delinquere, frode nelle pubbliche forniture, con l’aggravante di aver agevolato associazioni di tipo mafioso. Le indagini dei finanzieri hanno permesso di acquisire gravi indizi a carico dei due imprenditori attivi nel settore delle costruzioni e dei lavori stradali, ritenuti vicini ad una cosca di ‘ndrangheta del lametino come emerso nell’ambito dell’operazione “Basso Profilo” e come confermato da un pentito. I due, evidentemente consapevoli del rischio di incorrere in misure di prevenzione di natura patrimoniale, hanno dato vita a societa’ intestate fittiziamente alla loro collaboratrice mantenendone, pero’, il controllo di fatto. Ed e’ stata proprio una di queste societa’ ad aggiudicarsi i lavori di manutenzione straordinaria per il ripristino del calcestruzzo del ponte Morandi e di rifacimento dei muri di un tratto della Strada statale 280. Da qui, per superare problemi finanziari, con la complicita’ del direttore dei lavori e di un ingegnere dell’Anas, l’utilizzo nelle lavorazioni di un tipo di malta scadente e piu’ economico di quello inizialmente utilizzato, come emerge anche dal breve dialogo, agli atti, con un fornitore. “Secondo lui dice non va bene. Perche’ noi al Morandi con questo materiale l’abbiamo fatto… e casca tutto”, dice il capo cantiere del Ponte Morandi. “(Direttore tecnico): A me serve nu carico 488 urgente, altrimenti devo vedere…devo mettere quella porcheria di******* qui sui muri eh.., che c’hanno stoccato per Catanzaro nu…nu bilico…pero’ vorrei evitare ste simbrascugli… “(Rappresentante ditta fornitore): eh…fai…fai…fai…fai una figura di merda… perche’ quel prodotto non funziona”. “(Direttore tecnico): che prodotti stai usando? Gli ho detto sto usando *******. Ma purtroppo perche’ e’ una questione finanziaria. Gli ho spiegato io e’ come su? Fanno cagare…(sorride)”. In carcere e’ finito anche un ispettore della Guardia di Finanza, gia’ coinvolto nell’operazione “Rinascita-Scott”, ora indagato per corruzione in atti giudiziari e rivelazione di segreto d’ufficio che, quando era in servizio alla Dda di Catanzaro, in cambio di utilita’ di vario genere, avrebbe informato costantemente i fratelli Sgromo dello sviluppo del procedimento nei loro confronti. L’Anas, proprietaria dell’infrastruttura oggetto da anni di lavori, in relazione al sequestro probatorio ha reso noto di essere stata nominata custode giudiziario dell’infrastruttura “al fine di garantire il corretto mantenimento delle opere per le ulteriori verifiche da parte dell’Autorita’ giudiziaria e per assicurare la continuita’ nell’uso delle opere aperte al traffico”. L’azienda, inoltre, ha manifestato la disponibilita’ a fornire tutta la “necessaria collaborazione agli inquirenti”, confermando “la sicurezza statica delle opere, poiche’ – e’ precisato in un comunicato – il sequestro riguarda il risanamento di alcune porzioni delle infrastrutture, senza impatto per la viabilita’. Entrambe le opere sono aperte al traffico”.

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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