Ernesto Maria Ruffini lascia l’Agenzia delle Entrate e al centro si riaccende la partita. La necessità di aggregare le forze moderate arriva da più parti. C’è chi cerca un federatore di una galassia sfaccettata e conflittuale. Chi, nel centrosinistra, ipotizza una Margherita 2.0. E chi guarda con favore alla nascita di un partito di ispirazione cattolica, che si posizioni stabilmente in coalizione accanto ai dem. Girandole di nomi, autocandidature velate, e interlocuzioni. Che cominciano all’indomani della disfatta dell’ex Terzo polo alle Europee e ora entrano in una nuova fase. Ad affrettare il processo, e agitare gli animi, le mosse di Ruffini. Prima il suo intervento al convegno con Beppe Fioroni e Lucio D’Ubaldo. Quindi, le dimissioni. Lui ribadisce di non voler scendere in campo. Ma, al tempo stesso, rivendica il suo “impegno”.
Frasi che molti leggono come un’accelerazione in vista di un nuovo protagonismo nell’area centrista. Quello dell’ormai ex direttore dell’Agenzia è tra i nomi che da mesi sono sul tavolo dell’arcipelago cattolico intento a dialogare su un rinnovato impegno politico almeno da luglio. Mese delle ‘Settimane sociali’ di Trieste. Scambi informali e colloqui, patrocinati ad alti livelli. Insomma, una vera e propria iniziativa per un centro non più ‘terzopolista’, ma schierato nel centrosinistra. Si è ascoltato Romano Prodi, come esperto in materia. Ma si è anche scesi nel dettaglio, per sondare alcuni nomi.
Tra questi, quelli del professore Mauro Magatti, di Carlo Cottarelli e di Enrico Giovannini. Poi, la scatto in avanti di Ruffini, in cui più di qualcuno osserva la volontà di affrettare i tempi nel caso in cui la battaglia sui Referendum dovesse portare a elezioni anticipate. E c’è chi guarda all’uscita del dirigente come un invito sottotraccia rivolto ai compagni di viaggio per uscire allo scoperto. E unirsi a un’avventura ancora tutta da definire. La prospettiva, però, sembra evidente. Ed è quella di una cosiddetta ‘gamba centrista’ in una coalizione ad oggi molto spostata a sinistra. Una parte dei riformisti dem, sempre più stretti dalla linea Schlein, sembrano guardare con favore questa possibilità. In un pezzo di cattolici, pur insofferenti, non si registrano tuttavia tentazioni a salire sul carro centrista.
Almeno al momento. Mentre non manca, nelle fila Pd, scetticismo o – in qualche caso – preoccupazione per un’eventuale operazione. Intanto, resta da capire se Ruffini, o altri, si faranno carico della costruzione di un soggetto, ‘petalo’ di una più ampia ‘Margherita’, o se una leadership sia in grado di puntare dritto alla federazione di forze centriste finora molto riottose. Di sicuro, ‘l’affaire Ruffini’ ha già generato posizionamenti e smottamenti al centro. Dove c’è un affollamento di leadership. Matteo Renzi, che ha già schierato Iv nel centrosinistra, aveva invitato Ruffini a dimettersi prima di cominciare qualsiasi ragionamento, ma ha anche messo sul piatto il nome di Franco Gabrielli.
Carlo Calenda, invece, guarda a un centro ‘puro’, né di destra e né di sinistra e sembra mostrare più affiatamento con Beppe Sala. Che pure non si tira indietro dal ruolo di federatore, mostrandosi però deluso dal “campo largo”. Quello sui federatori, è un dibattito che “non scalda i cuori” negli ambienti 5s. “Non è una bella pubblicità per chi ambisce a battere Meloni”, si ragiona. Chi invece lancia la sfida è Antonio Tajani: “Forza Italia è il centro, non vedo altre realtà”. E sembra più che mai determinato a dare battaglia nello stesso campo, che da sinistra più di qualcuno vorrebbe occupare. “Siamo noi i federatori”, dice.