Si riaprono i giochi nel processo d’appello sull’omicidio di Saman Abbas, la 18enne pachistana uccisa a Novellara di Reggio Emilia nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 e ritrovata sepolta in un casolare a poca distanza dal luogo dove viveva con la sua famiglia, il 18 novembre 2022. Per la Corte di assise di appello di Bologna è infatti necessario risentire il fratello della ragazza, all’epoca dei fatti minorenne. Succederà il 6 marzo, nella prossima udienza. E il ragazzo si troverà di fronte a entrambi i genitori, visto che anche la madre, Nazia Shaheen, estradata lo scorso agosto, partecipa al processo, mentre in primo grado è stata giudicata da latitante.
Non si sa ancora se l’audizione sarà in videocollegamento oppure dietro un paravento, come nel primo giudizio. Per l’accusa, Procura e carabinieri di Reggio Emilia, il giovane è sempre stato il testimone principale contro i suoi stessi familiari, per dimostrare che il delitto è stato organizzato e pianificato da tutta la famiglia, una punizione per una ragazza che voleva andarsene di casa con il fidanzato e non aveva accettato il matrimonio combinato voluto dai suoi. Per le difese e per la sentenza di primo grado, che ha condannato il padre e la madre di Saman all’ergastolo, lo zio a 14 anni, e ha assolto i due cugini della ragazza, è invece voce inattendibile, inaffidabile, contraddittoria, tanto che non gli è stato neppure riconosciuto un risarcimento come parte civile: in aula, per i giudici, avrebbe parlato e puntato il dito contro i parenti per la paura di essere coinvolto in prima persona.
E’ stato anche per la valutazione data al racconto del fratello, ritenuto addirittura “indagabile” nel corso del processo reggiano, che è caduta l’aggravante della premeditazione e sono stati scagionati i due cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, che lui aveva detto di aver visto sul luogo del delitto. Ora entrambi sono liberi. Ma la Corte di appello, presieduta da Domenico Stigliano, ha sottolineato come la posizione del fratello di Saman sia stata archiviata dalla giustizia minorile e ritiene evidentemente essenziale ai fini della decisione riaprire l’istruttoria ascoltandolo nuovamente. Sempre nella prossima udienza sarà anche visionato il video, realizzato dagli inquirenti e che la Procura generale chiede di acquisire agli atti. Si tratta di un filmato di circa 40 minuti che mette in sequenza le varie registrazioni del 29 e 30 aprile 2021, fatte in diversi momenti e da diverse telecamere, così da rendere possibile una visione di insieme delle mosse degli imputati nelle ultime ore di vita della giovane.
Dopo la visione si deciderà se sarà utilizzabile e dopo l’udienza del 6 si prenderanno in esame anche le altre richieste istruttorie fatte dalle parti. Il padre di Saman, Shabbar Abbas, è l’unico imputato che ha annunciato nuove dichiarazioni spontanee. Non ha ancora deciso, invece, la madre, Nazia Shaheen: entrambi, comunque, non hanno mai ammesso l’omicidio. La madre, per molti aspetti, è la “variabile” imprevedibile del processo, come ha detto ai giornalisti l’avvocato difensore dello zio Danish Hasnain, Liborio Cataliotti. Per il momento Nazia ha tenuto un contegno dimesso: vestita di scuro, con tunica tradizionale e velo a coprirle parte del volto e mascherina chirurgica davanti a naso e bocca, è rimasta a lungo incurvata, a testa bassa, le mani sul volto. Apparsa provata, andatura zoppicante. Non sembra aver mai scambiato cenni col marito, nonostante gli imputati siano stati seduti tutti vicini per la necessità di ascoltare l’unico interprete assegnato loro.