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Cronache

Sbarchi a Lampedusa, donna muore per ipotermia

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Non si arrestano le tragedie nel mare legate all’immigrazione: dopo una sosta di quattro giorni riprendono gli sbarchi a Lampedusa e una giovane donna è morta dopo l’arrivo nell’isola per un arresto cardiaco dovuto probabilmente ad ipotermia. Era, assieme ad altre 43 persone, su un barchino di 8 metri salpato da Sfax (Tunisia) la sera di tre giorni fa. Al momento dello sbarco è emerso subito che a bordo c’era una donna che stava male. E’ stata portata al Poliambulatorio dove i medici hanno fatto di tutto per salvarla, ma inutilmente. La Procura di Agrigento, con il procuratore reggente Salvatore Vella, ha aperto un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte quale conseguenza di altro reato. Con 375 arrivi a Lampedusa è andato nuovamente in crisi l’hotspot di contrada Imbriacola dove sono ospitate circa 1.180 persone, a fronte di un capienza di 400. La Prefettura di Agrigento ha già disposto il trasferimento di 80 di loro a Porto Empedocle con il traghetto di linea Cossydra. Trasferimenti sono in corso anche a Catania dove i 246 migranti sbarcati ieri sera, 211 dalla Geo Barents e 35 da Humanity 1, stanno lasciando il Palaspedini, dove erano ospitati, per raggiungere, in pullman, Campania, Piemonte e Veneto. Erano stati fatti scendere dopo che specialisti dell’Azienda sanitaria provinciale, in qualità di consulenti, ne avevano evidenziato l’elevato ‘rischio psicologico’ per la lunga permanenza a bordo. La prima delle due navi ong che erano approdate a Catania e lasciare il porto è stata la Humanity 1; la sua destinazione sarebbe la Spagna, da dove ripartirà per riprendere le operazioni di salvataggio in mare. Per il responsabile di Sos Humanity, Till Rummenhohl, “quello che è successo è stato abominevole, un problema anche per la Comunità europea”, e ha annunciato che l’ong “continuerà a lottare affinché anche l’Ue faccia qualcosa per fare rispettare le leggi marittime”. E’ decaduto, per cessato motivo del contendere, il ricorso al Tribunale civile di Catania presentato dai legali della ong che la prossima settimana depositeranno quello al Tar del Lazio contro l’atto notificato al comandante di fare andare via la nave con i 35 migranti che erano rimasti a bordo e contro il decreto del governo. Intanto, la partenza della nave ha reso inapplicabile anche la prevista sanzione da 50mila euro per la ong. Anche Geo Barents, la nave di ricerca e soccorso di Medici senza frontiere, si prepara a lasciare il porto di Catania. Lo farà al più tardi domani. Dopo i necessari rifornimenti e il cambio di equipaggio tornerà nel mare Mediterraneo centrale per la sua ventesima rotazione. Intanto ha cambiato molo: lasciando quello commerciale dove al suo posto oggi era ormeggiata una nave da crociera. Continua poi la sua rotta verso la Francia la Ocean Viking che ha a bordo 243 persone soccorse in mare, anche se la sua destinazione al momento non è chiara perché non le è stato ancora assegnato un porto sicuro: “può essere la Corsica o Marsiglia, ma entro 24-48 ore questa brutta avventura sarà risolta”, afferma Alessandro Porro, presidente di Sos Mediterranee, ribadendo che “la situazione a bordo è critica”. L’imbarcazione è in mare a est della Sardegna e al momento punta verso la Corsica. Per la prima volta la nave è entrata in acque Sar italiane: finora era rimasta in quelle internazionali, restando ai ‘confini’ con quelle nazionali vista la mancata assegnazione di un porto sicuro nel nostro Paese: per fare rotta verso la Francia, mentre era al largo di Catania, ha ‘circumnavigato’ la Sicilia invece di attraversare lo Stretto di Messina. E’ intanto approdata a Licata, nell’Agrigentino, la Rise Above che ieri era arrivata, con 89 migranti a bordo, tutti subito fatti sbarcare, a Reggio Calabria, assegnato come porto sicuro alla nave dell’ong Mission Lifeline.

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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