Nove ore davanti ai pm da indagato, che respinge le accuse di aver preso tangenti per pilotare appalti, ma anche come una sorta di testimone di un’inchiesta, quella su affidamenti di servizi e lavori da parte della Fondazione Milano-Cortina 2026 e su assunzioni sponsorizzate dalla politica con “faldoni” di segnalazioni, ancora tutta da sviluppare. “Non esiste niente sulla corruzione, sono tutti soldi miei quelli che ho, per 20 anni ho fatto l’amministratore delegato”, ha spiegato ai cronisti Vincenzo Novari, l’ex Ad dell’ente che gestisce l’organizzazione delle prossime Olimpiadi invernali, lasciando il Palazzo di Giustizia di Milano a tarda notte. Novari coi pm ha parlato di Luca Tomassini, imprenditore di Vetrya che vinse, tra il 2020 e il 2021, gli affidamenti per i servizi digitali. Per l’accusa, la gara fu truccata in cambio di denaro e utilità e Novari piazzò Massimiliano Zuco, come dirigente per assegnare quell’appalto, su input di Tomassini. Anche Zuco e Tomassini sono indagati per corruzione e turbativa.
“Conosco Tomassini da 20 anni – ha chiarito l’ex Ad – nel momento in cui sono stato nominato Ad non c’è stato più alcun tipo di rapporto personale, è stata fatta una gara che hanno vinto contro altri cinque invitati”. Novari ha messo a verbale che l’affidamento fu assegnato a Vetrya perché l’offerta, come costi per la Fondazione, era più bassa di quelle di altre imprese. I pm Francesco Cajani e Alessandro Gobbis, con l’aggiunto Tiziana Siciliano, hanno raccolto una testimonianza che pare presenti una ricostruzione diversa sull’entità delle altre offerte. Anche sul capitolo assunzioni, sul quale si indaga per abuso d’ufficio, a Novari gli inquirenti hanno letto passaggi di dichiarazioni di testi, tra cui dipendenti della Fondazione, sentiti nell’inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf. “Malagò (il presidente del Coni, ndr) mi ha portato 500 curricula, sono segnalazioni che mi sono arrivate ma nessuno mi ha mai imposto di assumere nessuno, sono state tutte mie decisioni totalmente libere e indipendenti, arrivavano dalla politica, da imprenditori, da direttori di giornali, editori, militari, ministri”, ha raccontato Novari, che fu al vertice della Fondazione tra il 2019 e il 2022 (“non ho idea del perché sono stato fatto fuori”).
La Procura gli ha chiesto conto di una dozzina di nomi piazzati nell’ente, tra cui Lorenzo Cochis La Russa, figlio del presidente del Senato, e Livia Draghi, nipote dell’ex premier. “Sul figlio di La Russa il padre mi ha detto ‘Fai come vuoi’ – ha detto Novari – quindi non c’era alcun tipo di pressione. È chiaro che il suo curriculum non l’ho trovato per terra”. Glielo segnalò il padre, ha messo a verbale, ma La Russa junior, ha chiarito Novari, difeso dai legali Nerio Diodà e Elena Vedani, “si era appena laureato in legge e aveva esperienza in eventi”.
E ancora: “Ovviamente ci sono delle sfumature in tutte le segnalazioni”. Sulla parente dell’ex presidente del Consiglio ha riferito che l’indicazione “arriva da un contatto che me lo dà e ovviamente viene valutata, perché stavamo cercando una figura che si occupasse di contenuti video ed era esattamente il profilo che stavo cercando”.
Per gli inquirenti, presunte pressioni le avrebbe subite su un paio di nomi, ma non sui casi La Russa e Draghi. Tra i nomi con “background politico” anche quello di un’ex segretaria di La Russa. Su questo e su un altro Novari avrebbe fatto riferimento a indicazioni arrivate dalla politica lombarda. Novari a più riprese ha ribadito ai pm che il suo obiettivo era fare “Olimpiadi economicamente sostenibili”.
E ha parlato dei rapporti tra Fondazione e Deloitte: il contratto “Pisa” da 176 milioni di dollari e le consulenze per 74 milioni. “Deloitte è un progetto Cio – ha chiarito – che è arrivato addosso alla Fondazione in corso d’opera, il Cio sceglie dei partner e li impone”. Intanto, l’inchiesta si concentra su dispositivi e documenti, anche a caccia di presunte “retrocessioni” di denaro.