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Kim manda al Sud palloni pieni di rifiuti e letame

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La Corea del Nord ha mandato centinaia di palloni aerostatici verso il Sud pieni di rifiuti. Il Paese eremita aveva promesso domenica che avrebbe sparso “cumuli di carta straccia e sporcizia” sulle aree di confine per punire Seul, colpevole di non impedire agli attivisti sudcoreani l’invio con cadenza periodica di volantini “spazzatura” anti-Pyongyang nel suo territorio. Così, il leader Kim Jong-un è stato di parola e ha reso la pariglia, facendo arrivare al Sud con il favore del vento centinaia di palloni aerostatici carichi di “spazzatura reale”. I militari di Seul hanno manifestato sorpresa per l’iniziativa: “Questi atti del Nord violano in modo chiaro il diritto internazionale e sono una seria minaccia alla sicurezza del nostro popolo – ha commentato il Comando di stato maggiore congiunto in una nota -. Avvertiamo con forza il Nord perché fermi immediatamente tali atti disumani e volgari”.

In serata, nell’ultimo bollettino, i palloncini rilevati in tutto il Paese avevano superato le 260 unità, con alcuni segnalati ad un paio di centinaia di chilometri dal confine intercoreano, tra la provincia sudorientale di Gyeongsang e la contea sudorientale di Geochang. Si è trattato del maggior numero di palloncini del Nord inviati nel Sud, rispetto ai casi simili registrati tra il 2016 e il 2018, ha segnalato il Comando, assicurando che “nessun oggetto era ancora sospeso in aria”. La sorpresa, però, è emersa al momento dell’esame del contenuto: pezzi di bottiglie di plastica, batterie, parti di scarpe e persino letame. L’esercito ha schierato le squadre specializzate di risposta chimica, biologica, radiologica e nucleare e unità di smaltimento e disinnesco di ordigni per raccogliere gli oggetti ed effettuare un’analisi dettagliata. Che, tra le note positive, consentirà di tracciare l’origine dei materiali fino a dare maggiori informazioni sulle abitudini di vita nordcoreane, nel mezzo della morsa delle decennali sanzioni Onu per i test nucleari e balistici.

Il Comando ha consigliato ai residenti nelle aree coinvolte dal fenomeno di non toccare gli oggetti e di denunciarli alle vicine autorità militari o di polizia non appena li avessero scoperti, ricordando che sono in elaborazione misure di sicurezza con la polizia e il governo, in stretta collaborazione con il comando delle Nazioni Unite a guida Usa che supervisiona le attività nella zona demilitarizzata che separa le due Coree. Per anni i disertori nordcoreani a Seul e gli attivisti conservatori hanno mandato volantini al Nord tramite palloncini per incoraggiare le popolazioni oltre il 38esimo parallelo a ribellarsi al regime di Pyongyang. Il Nord ha sempre chiesto la fine della compagna di “contro-propaganda e disinformazione” senza però mai ottenere gli effetti sperati.

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Trump a Putin: Vladimir, basta con gli attacchi a Kiev

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“Non sono contento degli attacchi russi a Kiev. Non necessari, e in un pessimo momento. Vladimir, STOP! Muoiono 5000 soldati a settimana. Facciamo in modo che l’accordo di pace si concluda!”. Lo scrive Donald Trump su Truth.

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Macron: gli Usa se la prendano con Putin, che vuole la pace ma bombarda Kiev

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Sull’Ucraina “gli americani devono prendersela soltanto con una persona, il presidente Putin”. Lo ha detto il presidente francese, Emmanuel Macron, parlando con i giornalisti durante la visita in corso in Madagascar. Il presidente francese, Emmanuel Macron, in visita in Madagascar, ha lanciato un appello all’omologo russo, Vladimir Putin, affinché “smetta di mentire” sull’Ucraina. Parlando con i giornalisti ad Antananarivo, Macron ha auspicato che “finalmente il presidente Putin smetta di mentire” quando afferma di volere “la pace”, continuando invece a bombardare l’Ucraina. “In Ucraina – ha detto Macron – c’è soltanto una risposta che aspettiamo: il presidente Putin è d’accordo per una tregua incondizionata?”. Macron ha poi parlato dell'”irritazione degli americani” che – secondo lui – “deve riguardare soltanto una persona: il presidente Putin”.

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Morte di Maradona, parla l’infermiere Perroni: «Assistenza inadeguata, mancava anche il minimo necessario»

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Nel corso della dodicesima udienza del processo sulla morte di Diego Armando Maradona, in corso presso la terza sezione penale del tribunale di San Isidro, ha testimoniato Mariano Perroni, uno degli otto operatori sanitari accusati di omicidio con dolo eventuale.

Perroni ha risposto alle domande dei pubblici ministeri argentini, soffermandosi anche su un messaggio WhatsAppinviato a un medico del team sanitario incaricato dell’assistenza domiciliare di Maradona dopo l’intervento chirurgico al cervello. Nel messaggio, l’infermiere denunciava gravi lacune nell’organizzazione sanitaria, sottolineando l’assenza di strumenti minimi essenziali per fronteggiare eventuali emergenze.

«In caso di emergenza non siamo messi in una buona posizione. Non può essere che non ci sia una flebo, un catetere…», scriveva Perroni. Il sanitario riferisce inoltre di aver segnalato la questione a Nancy Forlini, responsabile degli infermieri e anche lei tra gli indagati: «Le ho detto che deve esserci un kit. Essere preparati non costa nulla».

Durante l’udienza non è stata ascoltata Gianinna Maradona, figlia di Diego e Claudia Villafañe, nonostante fosse attesa una sua testimonianza importante per ricostruire il contesto familiare e medico attorno a Maradona negli ultimi giorni della sua vita.

Il processo per la morte di Maradona continua a sollevare polemiche e riflessioni sulla gestione dell’ex calciatore nei suoi ultimi giorni, con accuse di negligenza sanitaria, mancanza di cure mediche adeguate e insufficienze strutturali nell’assistenza domiciliare. La famiglia di Diego, come l’opinione pubblica argentina, resta in attesa di una verità giudiziaria su una scomparsa che ha scosso il mondo intero.

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