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Cronache

Salta il generale Vannacci, sollevato dal comando

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Il generale Roberto Vannacci, travolto dalle polemiche sul suo libro in cui esprime opinioni contro gay, femminismo e migranti, è stato sollevato dal comando e non è più a capo dell’Istituto geografico militare. Lo ha deciso lo Stato Maggiore dell’Esercito che ha nominato al suo posto il generale Massimo Panizzi. Vannacci resta a disposizione del comando delle forze operative terresti nella sede del capoluogo toscano. La decisione era prevedibile dopo la netta presa di distanza di giovedì da parte della forza armata e la bufera che si era scatenata per le sue parole. In una nota ufficiale l’Esercito aveva infatti affermato di non essere a conoscenza “dei contenuti” del libro e che i vertici militari non sono stati sollecitati da Vannacci per una “autorizzazione o valutazione”.

Lo stesso ministro della Difesa, Guido Crosetto, aveva annunciato una azione disciplinare. Una posizione ribadita anche nel corso della giornata. ” Chi serve il paese guidando pro tempore un’istituzione come la Difesa deve solo limitarsi a mantenere distacco ed applicare le regole e le norme. Nulla più, nulla di meno” ha affermato aggiungendo, poco dopo che era diventata di dominio pubblico la rimozione del generale, che “non esistono processi sommari fatti su social o media ma solo leggi e codice dell’ordinamento militare”. Dal canto suo Vannacci non replica a quanto deciso dallo Stato Maggiore ma va in tv a ribadire la sua posizione, senza alcuna retromarcia: “non faccio passi indietro”. “Quando scrivevo questo libro sapevo che avrebbe dato da discutere – spiega – ma sicuramente non mi aspettavo questo polverone. Non replicherò a decisioni che arrivano da una catena gerarchica. Lo farò nelle sedi opportune”.

Per l’ex incursore con numerose esperienze in missioni all’estero, con ruoli anche di primissimo piano, “obiettivo” del libro autoprodotto “era quello di manifestare delle opinioni che sono personali. Fondamentalmente i temi a cui mi riferisco sono quelli del buon senso e quella che io definisco la normalità, ovvero quello che pensa la maggior parte della popolazione”. Parlando, poi, delle polemiche nate sulle affermazione sulle coppie gay, il generale ribadisce i concetti espressi nel libro: gli “omosessuali rappresentano una porzione minoritaria della società e come tali escono dai canoni della normalità. Io ho sempre rifuggito la normalità nella mia carriera, in quello che ho fatto e non per questo mi devo sentire migliore o peggiore di qualcun altro”. Vannacci si appella, quindi, alla “Costituzione che garantisce la libertà di parola”.

E si dice certo di non avere istigato all’odio e rilancia: “io non mi sento di fare passi indietro, rivendico quanto ho scritto. Non uso mai parole volgari o triviali: esprimo liberamente i miei pensieri”. E ancora: “Io combatto il pensiero unico che vieta la critica ad una determinata categoria di persone”, dice, spiegando che “l’odio è un sentimento, come l’amore, e quindi io penso che sia lecito provare disprezzo per qualcosa o per qualcuno. Questo non vuol dire istigare alla violenza: sono libero di provare odio per gli stupratori o per chi fa del male ai bambini. Questo non vuol dire che stia istigando al linciaggio di queste persone”. Nessun passo indietro neanche su quanto messo nero su bianco, nelle oltre 300 pagine del “Mondo al contrario”, sulla campionessa di volley Paola Egonu, definita sostanzialmente non “somaticamente italiana”.

“Non vedo perché dovrei porgere delle scuse per una espressione che non è assolutamente offensiva: il vedere una bravissima pallavolista dalla pelle scura – è il suo ragionamento – non la identifica in maniera immediata come italiana perché da 6 mila anni lo stereotipo dell’italiano è quello di uomo bianco. Questo non vuol dire che gli uomini bianchi siano superiori a quelli neri”. Per il Pd è “giusta la destituzione” del generale anche se “un semplice trasferimento non è sufficiente” perché “la sua presenza ai vertici dell’Esercito continua a recare discredito e disonore alle forze armate”. Ma si registrano anche posizioni diametralmente opposte: l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, afferma che “anche ammettendo che il comportamento del Generale sia stato criticabile, il ministro non poteva e non doveva censurarlo in modo così brutale”. Ma c’è chi si spinge oltre come Mauro Giannini, sindaco di Pennabilli, per il quale Vannacci “è un patriota” e chiede “rispetto per il suo pensiero”.

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Cronache

Autovelox non omologati, nelle città a rischio 40 milioni incassi a sbafo

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Torna a tenere banco la questione autovelox. Dopo il botta e risposta tra Mit e Anci circa l’atteso decreto sull’omologazione degli apparecchi, l’unica certezza, al momento, è quella sulla data del 12 giugno, termine entro il quale i comuni di tutta Italia dovranno adeguarsi alle nuove regole sulla collocazione degli strumenti di rilevazione automatica della velocità varate dal ministro Salvini nel 2024. A ricordarlo è il Codacons, che al tempo stesso sottolinea gli incassi milionari garantiti dagli autovelox ai comuni italiani, introiti che rischiano di andare incontro ad una tagliola.

“Il caos giurisprudenziale in tema di omologazione degli autovelox rischia di portare ad un crollo verticale dei proventi da multe stradali incamerati dai comuni – spiega il Codacons – Solo nelle principali 20 città italiane le sanzioni da autovelox hanno garantito nel 2023 (ultimo dato disponibile) incassi complessivi da oltre 65 milioni di euro, ma la sentenza della Cassazione che ha dichiarato fuorilegge gli apparecchi approvati ma non omologati rischia di rappresentare una tagliola di proporzioni abnormi: il 59,4% di dispositivi fissi installati lungo le strade italiane risulta infatti validato prima del 2017, data che fa da spartiacque in tema di omologazione e possibile utilizzo degli apparecchi, mentre per quelli mobili la percentuale sale al 67,2%.

Questo significa che solo nelle grandi città oltre 40 milioni di euro di sanzioni elevate tramite gli autovelox sono a rischio, entrate cui le amministrazioni dovranno rinunciare in assenza di un decreto che fissi le regole per l’omologazione degli apparecchi approvati prima del 2017” – calcola il Codacons. L’associazione ricorda poi come il prossimo 12 giugno scadrà il termine entro cui gli enti locali dovranno adeguarsi al decreto autovelox del Mit dell’aprile 2024. Un’altra tegola per le amministrazioni che, spiega il Codacons, pone sui Prefetti il compito di “stabilire i tratti stradali dove installare gli autovelox e solo se ricorrono una o più delle seguenti condizioni: elevata incidentalità da velocità nel quinquennio precedente; impossibilità o difficoltà di procedere alla contestazione immediata della violazione; velocità dei veicoli in transito mediamente superiore ai limiti consentiti”.

Regole più stringenti anche su distanza tra un apparecchio e l’altro, segnaletica agli automobilisti, limiti di velocità. Una situazione che, come sottolinea invece Assoutenti, dalle Dolomiti al Salento rischia di lasciare questa estate molte strade delle vacanze senza gli autovelox: “Ad esempio in Salento, meta ambitissima per le vacanze estive degli italiani, i comuni hanno registrato fino a 23 milioni di euro all’anno grazie alle sanzioni elevate tramite gli autovelox installati sulle strade che collegano i vari paesi della zona – spiega Assoutenti – 2,3 milioni di euro gli incassi di soli tre comuni ubicati lungo la “temibile” strada statale 372 Telesina che da Caianello porta a Benevento, mentre sul percorso Rovereto-Garda, lungo un tragitto di appena 56 km, sono state segnalate le scorse estati circa 15 postazioni autovelox; nel tratto Bolzano-San Candido (circa 100 km) gli autovelox segnalati erano oltre 10″. “In assenza di regole certe si rischia il caos sulle strade delle vacanze – afferma il presidente Gabriele Melluso – I comuni che adottano apparecchi non omologati dovranno infatti disattivarli, pena una raffica di ricorsi da parte degli automobilisti, con conseguenze non indifferenti sul fronte della sicurezza stradale e sulle casse degli enti locali”.

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Torre Annunziata, la Guardia di Finanza propone lo scioglimento del Comune: «Non è sanzione, ma misura preventiva»

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Un nuovo terremoto istituzionale potrebbe abbattersi su Torre Annunziata, a meno di un anno dalla fine del commissariamento imposto dallo scioglimento per infiltrazioni mafiose della precedente amministrazione. Un dossier della Guardia di Finanza, già trasmesso alla Prefettura di Napoli, propone lo scioglimento dell’attuale Consiglio comunale guidato dal sindaco Corrado Cuccurullo, invocando il ricorso all’articolo 143 del Testo Unico degli Enti Locali, non come sanzione, ma come misura preventiva, in linea con la giurisprudenza consolidata e il parere del Consiglio di Stato.

Un’amministrazione nel mirino: tre informative e un’indagine per false dichiarazioni

Il dossier delle Fiamme Gialle non è isolato. Altri due rapporti informativi, uno dei Carabinieri e uno della Polizia municipale, completano il quadro di elementi già all’attenzione della Prefettura. Al centro, anche un’indagine giudiziaria per falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, che vede coinvolti tre consiglieri comunali e un ex assessore. I quattro avrebbero dichiarato falsamente l’assenza di cause di incompatibilità, pur avendo pendenze economiche con il Comune, condizione che avrebbe dovuto comportare l’incandidabilità e l’inconferibilità.

Irregolarità e pressioni: nomine sospette, assunzioni anomale e sgomberi ostacolati

Il dossier non si limita all’aspetto penale, ma evidenzia una lunga serie di scelte discutibili sotto il profilo dell’opportunità amministrativa. Tra le criticità:

  • La volontà dell’amministrazione di far passare la processione della Madonna della Neve in zone sconsigliate dalle forze dell’ordine, perché frequentate da soggetti legati a clan camorristici, poi fortunatamente annullata.

  • La frequentazione irregolare degli uffici comunali da parte di persone non autorizzate, alcune delle quali successivamente assunte nello staff del sindaco. Tre soggetti avrebbero lavorato per mesi senza titolo, occupando postazioni e partecipando a riunioni. Tra questi, anche una persona sentimentalmente legata alla figlia di un’esponente del clan Gallo-Cavalieri.

  • Pressioni da parte di esponenti dell’amministrazione per ritardare alcuni sgomberi che interessavano famiglie vicine o imparentate con consorterie criminali.

Ombre sul consiglio comunale: legami con la criminalità organizzata

Un altro passaggio del dossier ricorda come diversi consiglieri comunali risultino legati a clan camorristici, secondo quanto già emerso nella precedente relazione della commissione d’accesso che aveva portato allo scioglimento del 2022. In tale contesto, l’ipotesi di una nuova commissione d’accesso appare sempre più concreta.

Il silenzio del sindaco

Il sindaco Corrado Cuccurullo, nonostante sia stato interpellato dai giornalisti, ha scelto per ora di non commentarele rivelazioni contenute nei dossier. Un silenzio che pesa, mentre la Prefettura valuta se avviare ufficialmente la procedura per un nuovo scioglimento.

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Roberto Saviano: “Vivo come in un ergastolo. Ho pensato anche al suicidio, ma scrivere è la mia unica salvezza”

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Roberto Saviano (le foto sono di Imagoeconomica) torna a parlare. Lo fa in una lunga e intensa intervista rilasciata al Corriere della Sera, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro L’amore mio non muore (Einaudi). Dall’esperienza ai funerali di Papa Francesco alla memoria dolorosa della sua zia scomparsa, dal prezzo pagato per la scrittura alla condanna della solitudine, Saviano racconta senza filtri la sua vita da recluso, il senso di colpa, il peso degli attacchi e l’ossessione per la verità.

“Ho partecipato ai funerali di Francesco, come a quelli di Wojtyla. Ma lì c’era la camorra a vendere i panini”

La sua presenza in Vaticano ha destato curiosità. Ma Saviano spiega: «Ero stato anche ai funerali di Wojtyla, da cronista. Seguivo la vendita dei panini, organizzata dal clan». E sottolinea quanto la figura di Francesco, a differenza delle autorità presenti, abbia voluto essere toccata dagli ultimi.

“Mi sento in colpa. La mia famiglia ha pagato tutto. Io ho scelto, loro hanno solo perso”

Saviano ammette il dolore più intimo: la scomparsa recente della zia, vissuta in solitudine. «Ho la sensazione di aver sbagliato tutto», confessa. «I miei genitori si sono sradicati da Caserta per proteggermi. Io ho fatto carriera, loro hanno solo pagato».

E ancora: «Pensavo di cambiare la realtà con i libri, di accendere una luce. Ma ho solo generato isolamento».

“Il simbolo è di pietra. Non puoi sbagliare, non puoi contraddirti. Non sei più uomo, ma solo rappresentazione”

La condizione di scrittore-simbolo lo opprime: «Esisto per quello che rappresento, non per quello che sono». E il suo ruolo pubblico – protetto, attaccato, giudicato – ha inciso su tutto: amicizie, amore, libertà. «Quando vuoi bene a qualcuno, quella persona deve restare fuori dalla gabbia in cui tu sei chiuso. Nessun amore sopravvive così».

“Ho pensato di farla finita. Ma il corpo ha reagito. E ho capito che la fine non era quella”

Parla anche di pensieri estremi: «Ho pensato al suicidio. Volevo mettere il punto. Poi, guardandomi allo specchio, ho capito che non era quella la soluzione». E oggi convive con crisi di panico, insonnia, ansia. «Alle 5 del mattino non respiro. E mi chiedo: dove vado adesso?».

“Rushdie è vivo solo perché l’attentatore non sapeva usare il coltello. Ma almeno ora nessuno può dire che la minaccia era inventata”

L’amicizia con Salman Rushdie è per Saviano un nodo emotivo forte. L’attacco subito dallo scrittore anglo-indiano ha svelato la verità del pericolo: «È vivo per miracolo, e ora nessuno può più dire che la fatwa era un’esagerazione. Lui almeno ha avuto una liberazione. Io no: sono ancora dentro».

“Vorrei sparire. Cambiare nome. Prendere un camion e guidare lontano. Ma so che non posso”

L’idea della fuga è ricorrente: «Vorrei una nuova identità, un’altra vita. Ho preso la patente per il camion. Sogno di fare come Erri De Luca, partire per una missione umanitaria». Ma aggiunge con amarezza: «Non ne uscirò mai. Sono un bersaglio».

ROBERTO SAVIANO

“In Italia, se non muori, ti dicono che il pericolo non era reale. La scorta diventa uno stigma, non una protezione”

Saviano riflette sull’ossessione per la scorta: «In Italia, se non ti uccidono, allora vuol dire che hai esagerato». Racconta l’episodio surreale di una signora che lo accusa in aeroporto di aver mentito sul pericolo perché era da solo.

“Con Gomorra ho illuminato l’ombra. Ora racconto Rossella, uccisa dall’amore e dalla ’ndrangheta”

Il suo nuovo libro ricostruisce la storia di Rossella Casini, ragazza fiorentina scomparsa nel 1981 perché si era innamorata del figlio di un boss. Una tragedia sommersa, raccontata con sguardo letterario e civile. «Una Giovanna d’Arco ingenua e lucida. Il suo corpo non è mai stato trovato. La sua colpa: amare dissidenti».

“Michela Murgia mi ha insegnato la libertà nei legami. E mi ha donato vita. Ora mi manca anche l’amore”

Commuove il ricordo dell’amicizia con Michela Murgia: «Mi ha insegnato a tagliare i lacci ai sentimenti». E confessa: «Mi manca l’amore. Ma come si ama, se vivi da prigioniero? L’amore ha bisogno di leggerezza. Io sono pesante, ormai».

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