Le sanzioni alla Russia e le misure contro il suo sistema finanziario spingono il paese sempre piu’ verso l’orlo del default. Anche l’agenzia Moody’s, dopo S&P e Fitch, ha tagliato il rating sul debito sovrano al giudizio Ca, ovvero un prossimo default con un outlook negativo. E si avvicinano le scadenze di due titoli sovrani in dollari che Mosca vorrebbe pagare ai creditori stranieri ma in rubli, un espediente che potrebbe non riuscire a evitare la dichiarazione di default. Il Ministero delle Finanze russo ha assicurato, come riportato dalla Tass, che “onorera’ completamente e nei tempi previsti gli obblighi in materia di servizio e ritiro dei titoli di stato della Federazione Russa” ma il nodo del pagamento in valuta locale e non in dollari resta. E se il flusso di gas verso l’Europa procede regolare intanto cresce la pressione degli Stati Uniti, questa volta e’ stato il turno del segretario di Stato usa Antony Blinkn, per varare assieme all’Europa un bando formale all’importazione di petrolio russo. Una situazione che tuttavia, de facto, si sta gia’ verificando visto che acquirenti, armatori, banche e assicuratori di tutto il mondo stanno soppesando i rischi di acquistare e organizzare gli acquisti di greggio da Mosca. Una interruzione o comunque riduzione delle forniture sarebbe un ulteriore colpo all’economia del paese ma certo farebbe ancora piu’ salire il prezzo del petrolio sui mercati internazionali come ha sottolineato il trader indipendente Vitol alla Bloomberg con alcune stime che si spingono fino a quota 150 dollari. Non aiutano la causa di Putin le operazioni militari in Ucraina dove le forze armate russe stanno compiendo progressi piu’ lenti del previsto causando numerose perdite fra i civili. L’ondata di indignazione ha indotto la Shell che aveva acquistato un carico di greggio russo, ad annunciare che i proventi saranno devoluti ai profughi ucraini. Ed e’ sempre piu’ lunga la lista di aziende che hanno chiuso o sospeso le loro attivita’ in Russia con contraccolpi a livello macro e sulle attivita’ ordinarie dei cittadini, come ad esempio sta avvenendo per il blocco delle carte del circuito Visa e Mastercard, di Paypal e, da ultimo, American Express. Alcune banche come la Sberbank e la Alpha si stanno cosi’ rivolgendo alla cinese Union Pay, controllata dallo Stato, e diffusa in moltissimi paesi per permettere ai propri clienti di effettuare spese all’estero. I danni sono anche per l’Occidente, sia in termini di aumento dei prezzi sia come perdite in bilancio delle imprese: l’austriaca Omv ad esempio dovra’ contabilizzare svalutazioni fino a 1,8 miliardi sulle sue attivita’ nel paese fra cui il Nord Stream 2. L’esclusione dal sistema Swift e la chiusura del mercato dei cambi tuttavia sono un macigno in primis per l’economia di Mosca e la sua tenuta. Il prossimo 16 marzo scadono le cedole di due bond in dollari per 117 milioni (con altri 65,6 milioni il 21 dello stesso mese) ma le misure varate sabato dal governo impongono che i creditori stranieri debbano essere pagati in rubli, circostanza che potrebbe non essere sufficiente ad evitare un default tecnico. La mossa del governo russo di pagare i creditori stranieri in rubli, come riferisce la Bloomberg, punta proprio a evitare che scatti il default sebbene poi la valuta locale non sia convertibile per la chiusura delle clearing house e per il divieto del governo di esportare capitali all’estero. Inoltre, secondo lo stesso regolamento di questi due bond in dollari, il pagamento in rubli non e’ contemplato. Circostanza che non eviterebbe quindi il default e l’attivazione dei Cds, ovvero gli strumenti finanziari che assicurano i sottoscrittori dal fallimento sul debito russo. Non a caso Gazprom e Rosneft, che hanno due bond da 1,3 e 2 miliardi di dollari in scadenza il 6 e il 7 marzo, hanno assicurato il pagamento in dollari tramite delle societa’ veicolo situate in Europa.