Collegati con noi

Esteri

Rilasciato il sacerdote rapito in Nigeria

Pubblicato

del

Si sono risolti positivamente gli ultimi casi di sacerdoti cattolici rapiti in Nigeria, ma nel Paese africano continua senza sosta la piaga degli attacchi agli uomini di Chiesa, con uno stillicidio inarrestabile di sequestri ed anche omicidi. Ad essere stato rilasciato e’ l’ultimo dei preti cattolici rapito nei giorni scorsi. E’ la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) a riferire su Twitter che padre Peter Amodu, sequestrato il 6 luglio scorso, e’ stato rilasciato ieri sera 8 luglio dai suoi rapitori. Acs, che pubblica anche il comunicato della Diocesi di Otukpo, nello Stato di Benue, centro nord della Nigeria, “ringrazia per le preghiere che hanno accompagnato padre Peter in queste ore di angoscia e continua ad invocare il ripristino della sicurezza in Nigeria”. Padre Amodu, sacerdote della Congregazione dello Spirito Santo (Spiritani), era stato rapito mercoledi’ intorno alle 5 del pomeriggio, lungo la strada Otukpo-Ugbokolo, mentre si recava a celebrare la messa a Okwungaga-Ugbokolo. Padre Amodu, che presta servizio presso la chiesa del Santo Spirito di Eke-Olengbeche, e’ solo l’ultimo dei sacerdoti vittime di rapimenti o di tentatavi di sequestro nei giorni scorsi in diverse parti della Nigeria. Tra questi c’e’ anche un missionario italiano. Luigi Brenna, 64 anni, veneto, missionario somasco (Chierici regolari somaschi), che a differenza da quanto riferito in precedenza dalle forze dell’ordine locali, non e’ stato liberato dalla polizia, ma secondo quanto ha raccontato padre Antonio Nieto Sepulveda, preposto generale dei padri somaschi, che ha sentito telefonicamente padre Brena e i due religiosi nigeriani che vivono nella stessa comunita’, “si e’ difeso attaccandosi alla ringhiera. Prima i rapitori hanno cominciato a sparare colpi di armi da fuoco. Poi lo hanno picchiato e ferito con un coltello: gli hanno tagliato meta’ orecchio, quindi e’ stato ricoverato in ospedale. La polizia ha detto che sono intervenuti subito e lo hanno liberato. Non e’ vero, la polizia e’ arrivata molto dopo”. Nel frattempo sono stati liberati altri tre sacerdoti rapiti, ricorda l’agenzia vaticana Fides: padre Emmanuel Silas, rapito il 4 luglio, a Zambina, nello Stato nord-orientale di Kaduna, oltre a padre Peter Udo della parrocchia di San Patrizio Uromi e a padre Philemon Oboh del St. Joseph Retreat Center, a Ugboha nell’area del governo locale di Esan nello Stato di Edo, nel sud della Nigeria, rapiti il 2 luglio. Ma gli attacchi riguardano anche i religiosi di altre confessioni cristiane. Martedi notte, a Mubi, nello Stato nigeriano di Adamawa, uomini armati hanno attaccato la residenza di un pastore, il reverendo Daniel Umaru, ucciso due suoi figli e rapito la figlia di 13 anni. Il religioso, ferito, e’ in gravi condizioni in ospedale. Intanto, la situazione della sicurezza in Nigeria appare sempre piu’ precaria anche alla luce del clamoroso raid di mercoledi’ scorso nella prigione di Kuje, nella periferia della capitale federale Abuja, che ha portato alla liberazione di circa 440 detenuti. L’assalto e’ stato rivendicato dalla branca locale dello Stato Islamico (Islamic State in West Africa Province Iswap). Su un totale di 879 detenuti fuggiti, ha detto il servizio carcerario in una dichiarazione, 443 sono ancora in liberta’. Nel blitz quattro detenuti sono morti e altri 16 feriti.

Advertisement

Esteri

Harry a Bbc: voglio riconciliarmi con la famiglia reale

Pubblicato

del

Il principe Harry ha affermato, in una intervista alla bbc, di volere una “riconciliazione” con la famiglia reale britannica dopo il traumatico strappo del 2020. Inoltre si è detto “sconvolto” dopo aver perso oggi alla Corte d’Appello di Londra il ricorso presentato contro la decisione assunta a suo tempo dal ministero dell’Interno di revocare a lui e alla sua famiglia il diritto automatico alla tutela di polizia durante le visite nel Regno Unito.

Nell’intervista registrata in California, dove Harry vive con la moglie Meghan, il principe appare commosso, in particolare quando afferma che “non riesce a immaginarsi” nel riportare “moglie e figli” nel Regno Unito dopo aver perso l’azione legale avviata a Londra. Il principe ha detto anche che suo padre, re Carlo III, “non mi parla più per via di questa questione di sicurezza”, per poi ammettere che è stanco di lottare e di non sapere quanto resta da vivere al sovrano, che si sottopone periodicamente alle terapie per far fronte a un cancro di natura imprecisata diagnosticatogli a inizio 2024. “Ci sono stati tantissimi disaccordi tra me e alcuni membri della mia famiglia”, ha aggiunto Harry, ma ora li ha “perdonati”. Il duca di Sussex ha anche affermato che “alcuni membri della mia famiglia non mi perdoneranno mai di aver scritto un libro”, facendo riferimento alle divisioni di lunga data ed esacerbate dalle rivelazioni contenute nell’autobiografia del principe dal titolo ‘Spare’, successo editoriale planetario.

Continua a leggere

Esteri

Portava aiuti a Gaza, colpita la nave di una ong

Pubblicato

del

E’ finito tra le fiamme e il rischio di colare a picco nel Mediterraneo il tentativo di portare aiuti umanitari della nave Conscience, con a bordo 16 uomini tra equipaggio e attivisti intenzionati a violare il blocco navale imposto da Israele alla Striscia. Nella notte tra giovedì e venerdì l’imbarcazione dell’organizzazione filo-palestinese Freedom Flotilla Coalition è stata colpita da droni mentre si trovava in acque internazionali al largo di Malta. Nel porto dell’isola si sarebbe dovuta imbarcare anche Greta Thunberg, che ha stigmatizzato l’offensiva come ‘crimine di guerra’. L’esplosivo ha causato un incendio sull’imbarcazione, uno squarcio nello scafo e la messa fuori uso del generatore. La nave, che era partita dalla Tunisia giorni fa, ha lanciato un Sos a cui ha risposto Malta inviando un rimorchiatore.

Le autorità marittime del La Valletta hanno dichiarato che non ci sono state vittime, l’incendio è stato spento, l’imbarcazione non rischia di affondare e i passeggeri hanno rifiutato di essere portati a riva. La Freedom Flotilla ha attribuito la responsabilità dell’attacco a Israele: “Gli ambasciatori israeliani devono essere convocati e rispondere delle violazioni del diritto internazionale, tra cui il blocco in corso e il bombardamento della nostra nave civile in acque internazionali”. Da Gerusalemme non nessun commento. Mentre il canale di notizie saudita Al Arabiya ha riferito che la spedizione era stata organizzata da Hamas e che le persone a bordo avevano in programma di attaccare le truppe dell’Idf avvicinandosi alla costa di Gaza. L’impiego di droni di piccole dimensioni, difficilmente rilevabili con i radar standard, non lascia una ‘firma elettronica’ significativa, impedendo così l’attribuzione a chi li ha lanciati.

Da Roma e Bruxelles, però, le opposizioni hanno definito ‘un crimine’ l’attacco alla Conscience: Pd, Avs, M5s chiedono al governo Meloni e all’Ue di intervenire condannando l’aggressione. Ankara, memore della strage della Freedom Flotilla del 2010 che vide la morte di 9 attivisti e decine di feriti, ha affermato che “saranno fatti tutti gli sforzi per rivelare il prima possibile i dettagli dell’attacco e portare gli assalitori davanti alla giustizia”. Intanto la Croce Rossa ha dichiarato che l’intervento umanitario a Gaza è “sull’orlo del collasso totale”. Israele ha chiuso i valichi il 2 marzo, sostenendo che Hamas aveva dirottato gran parte degli aiuti entrati durante la tregua di 6 settimane, e che i 25mila camion entrati hanno consegnato aiuti sufficienti per un periodo prolungato. Ora l’Idf, secondo indiscrezioni trapelate negli ultimi giorni, ha pianificato di modificare radicalmente la distribuzione: stop all’ingrosso e all’immagazzinamento degli aiuti, le organizzazioni internazionali e gli appaltatori privati consegneranno cibo alle singole famiglie di Gaza.

Ogni nucleo familiare avrà un rappresentante che riceverà cibo in una zona di sicurezza dell’esercito nel sud della Striscia. Il piano, che intende aggirare Hamas, non è ancora stato approvato dal governo israeliano, ma l’urgenza che i valichi vengano aperti è stata sottolineata dal ministro della Difesa Israel Katz. Degli ostaggi ancora a Gaza, infine, ha parlato giovedì sera Donald Trump, rivelando di aver appreso che ci sono meno di 24 rapiti ancora in vita, come aveva fatto intendere nei giorni scorsi la moglie del premier israeliano, Sara Netanyahu.

Il governo nel frattempo sta affrontando la forte pressione della comunità drusa, compresi centinaia di riservisti e soldati, che chiede di proteggere i ‘fratelli’ che vivono in Siria, attaccati e uccisi – accusano – dai jihadisti. Dopo una violenta protesta drusa la sera prima nel nord di Israele, nelle prime ore del mattino l’Idf ha bombardato la zona del palazzo presidenziale a Damasco. “Questo è un messaggio chiaro al regime siriano. Non permetteremo alle truppe siriane di spostarsi a sud di Damasco o di rappresentare una minaccia per la comunità drusa”, hanno avvertito Netanyahu e Katz. La presidenza siriana ha risposto che il raid rappresenta una “pericolosa escalation”.

Continua a leggere

Esteri

Russia, creiamo una ‘zona cuscinetto’ in regione ucraina di Sumy

Pubblicato

del

Il ministero della Difesa russo sostiene che le sue truppe stiano creando nella regione ucraina di Sumy quella che definisce “una zona di sicurezza”. Lo riporta l’agenzia Interfax. Le dichiarazioni di Mosca non sono al momento verificabili. L’annuncio arriva dopo che le autorità russe hanno detto di aver ripreso per intero il controllo della regione russa di Kursk, che confina con quella ucraina di Sumy, e dove la scorsa estate i soldati ucraini avevano lanciato un’offensiva a sorpresa. Kiev respinge le affermazioni di Mosca sostenendo di avere ancora dei capisaldi nella regione di Kursk, dove però ha perso gran parte dei territori di cui si era impossessata l’anno scorso.

Pochi giorni fa, il governatore della regione di Sumy, Oleg Hryhorov, aveva dichiarato che le truppe russe stavano cercando di creare una zona cuscinetto nell’oblast dell’Ucraina nordorientale ma, a suo dire, senza “alcun successo significativo”. Allora il governatore ucraino sosteneva che quattro villaggi di confine – Zhuravka, Veselivka, Basivka e Novenke – si trovassero in una “zona grigia” a causa degli attacchi russi, ma non fossero sotto il controllo dei soldati del Cremlino. Il mese scorso, il ministero della Difesa russo sosteneva invece di aver preso Zhuravka e Basivka, cosa che le autorità ucraine negano.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto