Dopo quella contro Matteo Salvini, la Camera rigetta anche la mozione sfiducia a Daniela Santanchè: 213 voti contrari che blindano, almeno per ora, la ministra del Turismo. Lei, non partecipa alla seduta e non si scompone: “Sono assolutamente tranquilla, il voto del Parlamento è molto chiaro”. Di certo, come il resto della maggioranza, attende l’evolversi delle sue vicende giudiziarie. In FdI si ostenta serenità e fiducia che tutto, alla fine, si risolva in una bolla di sapone, ma il nodo dell’eventuale processo resta ed è fonte di preoccupazione. “La stessa Daniela Santanchè ha detto che in caso di rinvio a giudizio farà una riflessione – afferma Giovanni Donzelli -, noi abbiamo fiducia in lei”.
Durissimo, invece, il leader del M5s Giuseppe Conte che si domanda: “Ma si può essere orgogliosi di ritrovarsi compatti a difendere gli amichetti di partito, disonorando le Istituzioni dello Stato?”. La bocciatura delle due mozioni di sfiducia, rivolte a Matteo Salvini e Daniela Santanchè, era dato per scontato nella maggioranza. Ma alcuni punti di differenza in Aula si sono notati. In primis, il posizionamento di Iv che, dopo aver votato con l’opposizione contro Salvini, si è schierata con la maggioranza a favore di Santanchè (nonostante quest’ultima – sottolineano dal partito di Renzi – votò a favore della sfiducia a Maria Elena Boschi). Poi, l’atteggiamento di +Europa, i cui rappresentanti – che avevano votato la sfiducia a Salvini – non hanno preso parte alla votazione.
Infine, la distanza segnata dal deputato Enrico Costa dalla linea di Azione: “Come riconoscere un vero garantista? Da come si pone di fronte ad un avversario indagato”. Diverse assenze anche nella maggioranza (tra cui Marta Fascina e Antonio Angelucci) e tra i banchi del governo. E il Pd già intravede del gelo tra la titolare del Turismo e la premier Giorgia Meloni su alcune nomine dell’Enit: “Si parla di commissariamento da parte di Palazzo Chigi”, dice il deputato Vinicio Peluffo. Se la partita dell’Aula è chiusa, con il 2 a 0 a favore del governo, quella giocata sottotraccia nella maggioranza e, in particolare, dentro Fratelli d’Italia è ancora apertissima. Tra i parlamentari di FdI circola una narrazione che, al momento, non trova conferme ufficiali: la premier Giorgia Meloni e la Santanchè avrebbero già concordato il passo indietro della ministra in caso di rinvio a giudizio. Una exit strategy che – ipotizza più di uno – potrebbe essere stata messa a punto in un recente incontro. Matteo Salvini, secondo bersaglio delle opposizioni, da qualche tempo appare, sia agli alleati, sia nel suo partito, più soft nelle sue uscite pubbliche.
“Avete notato il cambio di tono nell’intervista a Belve?” osservava un leghista di primo piano nelle ore in cui si discuteva la mozione di sfiducia. Non solo. Parlando con Libero il vicepremier sottolinea di stare con l’Ucraina, garantisce che per guidare l’Ue c’è anche la Lega e chiarisce che “l’accordo con il partito di Putin non esiste più”. Salvo poi punzecchiare FI: “Dice mai con Le Pen, allora ammette di preferire l’accordo con la sinistra”. A Le Pen “dice di no il Partito Popolare Europeo e noi ne siamo parte da sempre”, replica il capogruppo azzurro alla Camera, Paolo Barelli. Mentre in FdI qualcuno maligna: “Avrà capito che la virata sull’estrema destra europea non piace nemmeno alla sua base”. Il leader della Lega tira dritto e incassa il “grazie” pubblico di Elon Musk dopo le parole di elogio spese nei suoi confronti. Poi, continua a lavorare sui suoi temi e in particolare, sulle nuove norme ‘salva-casa’ che mirano a regolarizzare le piccole difformità o irregolarità strutturali. Le opposizioni insorgono, da FdI e FI nessun commento.