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Economia

Rebus pensioni, da Quota 41 al Tfr nei fondi

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Conferma per l’Ape sociale e per Opzione donna. Mentre Quota 103 potrebbe essere sostituita da Quota 41, con il ricalcolo interamente contributivo se si confermasse il trend di scarsissima adesione alla misura dopo la stretta dell’anno scorso. Sulla previdenza in manovra potrebbero arrivare solo piccoli aggiustamenti dopo le indicazioni che arrivano sulla riduzione delle uscite.

Potrebbe arrivare invece un intervento sul fronte della previdenza complementare, sollecitato dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, per rendere obbligatorio il versamento di una parte del Tfr ai fondi e per rendere il secondo pilastro cumulabile con il primo per l’uscita dal lavoro in caso di pensione contributiva. E sul fronte della flessibilità in uscita si rafforza l’ipotesi di possibili incentivi che premino chi resta al lavoro.

* APE SOCIALE. Dovrebbe essere confermata la misura che consente ai lavoratori in una situazione di svantaggio (disoccupati, care giver, con invalidità almeno del 74% con almeno 30 anni di contributi o impiegati in attività usuranti con almeno 36 anni di contributi) di avere un anticipo pensionistico una volta raggiunti i 63 anni e cinque mesi di età. Le certificazioni sono crollate nel primo trimestre del 2024 (da oltre 4mila del 2023 a poco più di mille) a causa dell’aumento dell’età e anche con un eventuale incremento nei prossimi mesi la misura dovrebbe essere prorogata.

* OPZIONE DONNA. Si è registrato un crollo delle richieste accolte nel primo trimestre con appena 1.700 domande a fronte delle oltre 5.300 del primo trimestre 2023. Dopo la stretta sui requisiti del 2023 (anche qui contano le situazioni di disagio) nel 2024 è arrivato un giro di vite sull’età che ha portato la possibilità di uscita a fronte di 35 anni di contributi a 61 anni (si può ridurre di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due anni). A questa va aggiunta la finestra mobile.

* QUOTA 41. È il cavallo di battaglia della Lega, che ha avanzato ora la possibilità di andare in pensione anticipata indipendentemente dall’età ricalcolando l’intero assegno con il sistema contributivo. Pur essendo finanziariamente sostenibile nel lungo termine non lo sarebbe nel breve, perché le pensioni andrebbero pagate subito. Ma la discussione si potrebbe aprire se arrivassero indicazioni sullo scarso interesse da parte dei pensionandi (le adesioni a quota 103 con il ricalcolo contributivo appaiono molto basse ma i primi nuovi pensionati stanno uscendo ad agosto dato che è stata allungata la finestra mobile). Per i pensionandi con il sistema misto la perdita sarebbe di circa il 15% dell’assegno.

* INCENTIVI A CHI RESTA. E’ tra i temi sul tappeto. Lo scopo sarebbe quello di premiare chi allunga la sua permanenza nel mondo di lavoro con una riedizione del cosiddetto ‘bonus Maroni’ destinato a coloro che decidono di continuare a lavorare e di smettere una volta maturato il diritto al trattamento di pensione ordinaria (67 anni anagrafici e almeno 20 anni di contributi versati), senza dunque aderire a Quota 103 pur avendone i requisiti.

* TFR NEI FONDI PENSIONE. Dalla Lega è arrivata la proposta di versare obbligatoriamente una parte del Tfr nei fondi pensione per aumentare l’assegno futuro. Dovrebbe però essere previsto il cumulo dei contributi versati nella previdenza obbligatoria e nella complementare per l’uscita anticipata di tre anni rispetto all’età di vecchiaia per chi è nel sistema contributivo.

* RIVALUTAZIONE RISPETTO ALL’INFLAZIONE. L’inflazione acquisita per il 2024 è al momento all’1%, in deciso ribasso rispetto agli anni precedenti. Potrebbero esserci ulteriori strette sugli assegni alti ma porterebbero risparmi limitati.

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Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Economia

Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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