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Cronache

Rapporto Istat, solo il 32% delle scuole italiane sono accessibili ai disabili

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Un motivo per avere vergogna di essere italiani? Ce lo offre l’Istat. Soltanto il 32% delle scuole italiane risulta accessibile per gli alunni disabili, ancora più difficile la situazione nel Sud, dove soltanto il 26% degli edifici scolastici è a norma, mentre la situazione è migliore al Nord dove i valori raggiungono il 40% superando la media nazionale. A dirlo è il rapporto Istat “L’inclusione scolastica: accessibilità, qualità dell’offerta e caratteristiche degli alunni con sostegno” relativo all’anno scolastico 2017/2018. Nel report vengono definite “accessibili dal punto di vista fisico-strutturale” solo le scuole che possiedono tutte le caratteristiche a norma: ascensori, bagni, porte, scale e che dispongono di rampe esterne e/o servoscala. Per la prima volta nell’indagine sono incluse anche la scuola dell’infanzia e la scuola secondaria di secondo grado. Si tratta complessivamente di 56.690 scuole, frequentate da 272.167 alunni con sostegno che rappresentano il 3,1% del totale degli iscritti. Il quadro peggiora notevolmente se si considera la presenza di barriere senso-percettive: la percentuale di scuole accessibili scende al 18%, anche in questo caso la quota piu’ bassa si registra nelle regioni del Mezzogiorno (13%). In questa analisi vengono considerate “scuole accessibili dal punto di vista senso-percettivo”, soltanto quelle che dichiarano di possedere almeno un facilitatore sensoriale: o i segnali acustici per non vedenti, o le segnalazioni visive per sordi, o le mappe a rilievo o i percorsi tattili. Emergono anche altri problemi: 1 scuola su 4 risulta carente di postazioni informatiche adatte agli alunni con sostegno. Gli insegnanti di sostegno, secondo i dati del Miur, sono circa 156 mila, con un rapporto di 1,5 alunni per insegnante ed emerge una maggiore dotazione di insegnanti per il sostegno nelle regioni del Mezzogiorno: 1,3 alunni per insegnante.

Altro dato è che la graduatoria degli insegnanti di sostegno non e’ sufficiente a soddisfare la domanda ed il 36% dei docenti viene selezionato dalle cosiddette “liste curriculari” cioe’ dagli insegnanti destinati all’intera classe e quindi non specializzati. Gli alunni con sostegno che frequentano le scuole primarie e secondarie di primo grado sono poco più di 165 mila (3,7% degli alunni iscritti: 213 maschi ogni 100 femmine). Il problema più frequente è la disabilità intellettiva che riguarda il 46% degli alunni con sostegno; seguono i disturbi dello sviluppo e quelli del linguaggio (rispettivamente 25% e 20%). Molti gli alunni che hanno piu’ di un problema di salute (48%). Gli alunni fruiscono in media di 14 ore settimanali di sostegno: il numero di ore è maggiore nelle scuole del Mezzogiorno – mediamente 3 ore in più – rispetto a quelle rilevate nelle scuole del Nord. La continuità del rapporto tra docente per il sostegno e alunno non risulta ancora garantita: il 41% degli alunni ha cambiato insegnante rispetto all’anno precedente, mentre il 12% lo ha cambiato nel corso dell’anno scolastico.

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Bimbi in ginocchio in moschea, bufera in Veneto

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La foto lascia poco spazio all’interpretazione: mostra un gruppo di bambini di un asilo (parrocchiale) inginocchiati sui tappeti di una moschea, mentre pregano con l’Imam, rivolti verso la Mecca. Un’iniziativa di dialogo interreligioso, a favore “della pace”, era l’intenzione. Che però ha scatenato forti polemiche in Veneto; per giunta bipartisan. A dare il via alla bufera politica è stato il capogruppo della Lega in Regione, Alberto Villanova: “Immagini che fanno gelare i sangue nelle vene”. E non è andata giù più leggero l’europarlamentare leghista Anna Maria Cisint: “Qui non si parla di educazione, ma di fondamentalismo bello e buono, con un Imam che non ha perso l’occasione di ‘catechizzare’ i giovani alunni”, afferma.

La visita dei bambini alla moschea del centro islamico di Susegana (Treviso) è avvenuta a fine aprile. Le maestre dell’asilo parrocchiale Santa Maria delle Vittorie, di Ponte della Priula, hanno pensato ad una iniziativa per “la pace”, per pregare tutti insieme, al di là del credo religioso, per la fine delle guerre che stanno infiammando il pianeta. Anche il Pd trevigiano, tuttavia, si è mostrato cauto nel valutare un’iniziativa che, al di là delle buone intenzioni, ha coinvolto dei bambini. Pur sottolineando l’importanza del dialogo interreligioso, il segretario Dem Giovanni Zorzi ha espresso più di una perplessità: “Personalmente – dice – avrei scelto forme più laiche per rivolgere alla fine il doveroso messaggio di pace, proprio nel rispetto delle sensibilità di tutti i bambini e le persone presenti”.

La Diocesi di Vittorio Veneto ed il Comune per ora hanno preferito non commentare. Su incarico del ministero dell’istruzione, l’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto ha avviato “gli opportuni accertamenti” per verificare in particolare “se siano state rispettate le norme sulla parità scolastica”. L’ufficio regionale ha ricordato peraltro che si è davanti davanti ad una scuola non statale, iscritta alla Federazione Italiana Scuole Materne, nonostante anche per questa istituzione “come per tutte le scuole statali e paritarie” valgano le regole dell’autonomia, ne discende la necessità di dotarsi “di un proprio progetto educativo, specifico, autonomo e condiviso con le famiglie”.

La visita in moschea avrebbe avuto infatti il consenso dei genitori, e sui profili social della scuola è stata definita “un’esperienza davvero emozionante”; durante la quale l’imam ha spiegato la religione musulmana e su quali cardini si basa. “Il rispetto tra religioni è giusto e va insegnato – aggiunge in proposito Alberto Villanova – ma non certo facendo inginocchiare i nostri bambini all’interno di un luogo di culto che non è il loro. Lasciamo fuori i bambini da propaganda e ideologia”. Fratelli d’Italia, con l’assessore alla Cultura del Comune di Ponte della Priula, Francesca Caruso, ha chiesto che “venga fatta piena luce sull’accaduto: affrontare il tema religioso e il dialogo tra le religioni – ha osservato – è cosa ben diversa dal partecipare al rito della preghiera”.

Non ha dubbi invece sulla liceità dell’iniziativa delle maestre la capogruppo di Avs alla Camera Luana Zanella: “Polemiche grette. Scambiare una gita culturale in moschea intrapresa nella piena autonomia da un istituto scolastico paritario per ‘indottrinamento’ è segno di una povertà di pensiero molto grave. Non c’è nulla in questo episodio che possa essere contestato”.

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Oltre 100 intossicati alla marcia del primo maggio a Valdagno: sospette due fontane non collegate all’acquedotto

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Salgono a oltre 100 le persone rimaste intossicate dopo aver partecipato a una marcia podistica tenutasi lo scorso primo maggio a Valdagno. Nessuno dei pazienti risulta in condizioni gravi, ma l’improvviso e massiccio afflusso al pronto soccorso dell’ospedale cittadino ha fatto scattare immediatamente l’allarme tra le autorità sanitarie locali.

Dalle prime verifiche condotte dal Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’Ulss 8 Berica, è emerso un elemento comune tra i partecipanti: tutti si erano abbeverati in alcune fontane private, non collegate all’acquedotto pubblico. Sospettate di essere all’origine dell’intossicazione sono due fontane: quella dei Masteghini (o fontana del Cengio) e quella della Fanana.

Vietato l’uso di due fonti: ordinanza del sindaco

In via precauzionale, il sindaco di Valdagno ha firmato un’ordinanza che vieta l’utilizzo dell’acqua delle due fontanein questione, in attesa dei risultati delle analisi. L’origine della possibile contaminazione potrebbe essere riconducibile alle piogge intense delle scorse settimane, che avrebbero compromesso la qualità delle acque sorgive non protette.

Nel frattempo, campioni d’acqua sono stati prelevati e inviati ai laboratori per essere analizzati. I risultati sono attesi nei prossimi giorni e chiariranno se vi sia presenza di agenti patogeni o sostanze contaminanti.

L’Ulss 8 invita la popolazione a non utilizzare acqua proveniente da fonti non controllate, specialmente durante eventi pubblici. Le persone che dovessero manifestare sintomi gastrointestinali sono invitate a rivolgersi immediatamente al proprio medico o al pronto soccorso.

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Settala, orrore in casa: uccide la moglie a coltellate, la figlia di 10 anni chiama i soccorsi: papà ha ucciso mamma

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“L’ho ammazzata, l’ho ammazzata”. Con queste parole, ubriaco e in stato confusionale, un uomo di 50 anni ha confessato ai carabinieri l’omicidio della moglie, accoltellata nella loro abitazione di Settala, alle porte di Milano. A lanciare l’allarme è stata la figlia di 10 anni, che ha telefonato al 118 intorno alle 23, dicendo: “Papà ha ucciso la mamma”. Una chiamata disperata che ha permesso ai soccorritori e alle forze dell’ordine di intervenire rapidamente.

Una tragedia avvenuta in camera da letto

Secondo una prima ricostruzione, la donna – 43 anni, di origine marocchina – sarebbe stata uccisa nel tardo pomeriggio, alcune ore prima della chiamata, mentre si stava preparando per andare a dormire. Indossava il pigiama e si trovava in camera da letto, dove il suo corpo è stato ritrovato senza vita, vicino a un materasso poggiato sul pavimento. L’uomo l’avrebbe colpita con una dozzina di coltellate. Il coltello è stato rinvenuto nell’abitazione, che è ora sotto sequestro.

L’uomo era ubriaco e già noto per comportamenti molesti

Quando è stato bloccato dai militari, il 50enne era in evidente stato di ebbrezza. Alcune testimonianze raccolte dai carabinieri, tra cui quella di una vicina, parlano di un uomo spesso molesto e incline all’alcol. Sul posto è intervenuto anche il pm di turno a Milano, Antonio Pansa, che nelle prossime ore chiederà al gip la convalida dell’arresto per omicidio aggravato.

La figlia sarà affidata a uno zio materno

Al centro di questa tragedia resta la piccola di 10 anni, testimone diretta dell’orrore. La bambina verrà ascoltata nelle prossime ore in un’audizione protetta, assistita da uno psicologo, come previsto dalle procedure della magistratura minorile. Sarà affidata a uno zio materno, già attivatosi per accoglierla.

Un delitto che scuote la comunità di Settala e rilancia con forza la necessità di intervenire con strumenti efficaci per la prevenzione della violenza domestica, a tutela delle donne e dei minori coinvolti.

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