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Esteri

Putin all’attacco: l’Europa si suicida sull’energia

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Comunicazioni interrotte, Mosca e Kiev non si parlano. Almeno ufficialmente, almeno per ora. Uno stallo confermato da entrambe le capitali in guerra. Mentre Vladimir Putin, in diretta tv, e’ tornato a puntare il dito contro l’Occidente e contro le sanzioni, descrivendole come un tragico boomerang: “Si stanno suicidando”, ha detto parlando ai responsabili delle imprese petrolifere russe. Una sorta di “suicidio energetico”, ha ammonito il leader del Cremlino, con danni irreparabili nel medio e lungo termine per l’economia europea, soprattutto se a Bruxelles si arrivera’ davvero a decidere l’embargo sul petrolio e il gas russi. “Danno la colpa alla Russia per l’inflazione energetica, dicono che e’ tutta colpa della Russia, ma stanno solo cercando di coprire i loro errori”, ha tuonato il presidente che, davanti alle telecamere, mostra il solito piglio, la solita determinazione. Nonostante continuino a rincorrersi le voci sul suo precario stato di salute, sulle pesanti cure a cui sarebbe sottoposto e persino e su un presunto intervento chirurgico per estirpare un tumore. Con tanto di videomessaggi preregistrati e sosia pronti a sostituirlo per non farne notare l’assenza. Mentre un ex colonnello delle forze di Mosca ha raccontato come lo zar guidi direttamente le operazioni sul campo “come fosse un colonnello”. Operazioni che pero’, avrebbe aggiunto, si starebbero rivelando “un fallimento”. Cosi’ dopo 85 giorni di conflitto regna sovrana l’incertezza, e la luce in fondo al tunnel appare ancora spenta. “I negoziati non stanno proseguendo, in nessuna forma”, le parole del viceministro degli Esteri russo Andrei Rudenko, che addossa tutta la responsabilita’ sulle spalle dell’Ucraina accusandola di essersi ritirata unilateralmente dal tavolo. “E lo spostamento del processo negoziale ucraino da Kiev a Washington e Londra non portera’ frutti”, ha avvertito ancora Rudenko, come a voler sottolineare la distanza abissale che per adesso divide la Russia da Stati Uniti e Regno Unito. Di “processo negoziale sospeso” parla anche Mikhailo Podoliak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha confermato come dopo l’incontro di Istanbul a fine marzo le delegazioni dei due Paesi “non hanno piu’ raggiunto alcun progresso”. Del resto Kiev ha ribadito la sua linea: “Nessuna trattativa se prima Mosca non ritira le sue truppe dai territori occupati dall’inizio dell’aggressione”, il 24 febbraio scorso. Zelensky lo ha ripetuto nei suoi colloqui telefonici con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron. Eppure negli ultimi giorni qualche spiraglio di dialogo c’e’ stato, lasciando intuire come, al di la’ delle dichiarazioni ufficiali, la diplomazia dietro le quinte continui a fare il suo corso. L’ultimo segnale in questa direzione e’ stata l’intesa per far uscire i feriti e parte dei soldati ucraini dall’acciaieria di Azovstal. Uno schema da cui Mosca e Kiev potrebbero partire per arrivare ad altri risultati, gettando le basi per una vera e propria ripresa delle trattative. E poi c’e’ quella telefonata della settimana scorsa tra il numero uno del Pentagono Lloyd Austin e il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu, che fa sperare nella riapertura di un canale di comunicazione costante tra Washington e Mosca in attesa di un eventuale contatto anche tra Casa Bianca e Cremlino. Quest’ultimo al momento improbabile, visto il reciproco scambio di accuse e di invettive. Soprattutto per quelle parole di Joe Biden che Vladimir Putin non ha mai digerito, dopo essere stato descritto dal presidente americano come un dittatore, un criminale di guerra, un macellaio. In attesa di eventuali sviluppi futuri, i toni restano aspri. “L’Occidente sta conducendo una guerra ibrida contro la Russia in cui l’Ucraina e’ solo materiale di consumo nelle sue mani, a nessuno importa davvero di Kiev”, ha affermato Lavrov, mentre per il segretario del Consiglio di Sicurezza del Cremlino Nikolaj Patrushev “l’Occidente vuole creare le condizioni per instaurare in Russia un regime sotto il suo controllo, come ha fatto in Ucraina e in altri Paesi”.

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Esteri

La squadra di Merz, il paladino di Kiev agli Esteri

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L’era Merkel è lontana e anche la politica, per molti troppo prudente, di Olaf Scholz è alle spalle. Friedrich Merz ufficializza la squadra dei futuri ministri conservatori e punta, per tirare la Germania fuori dalla crisi, su nomi nuovi: due top manager per l’economia e la digitalizzazione del Paese, un mastino bavarese agli Interni per la svolta sull’immigrazione, e un esperto di Difesa versato in diplomazia, fautore del massimo sostegno a Kiev, al ministero degli Esteri. Con queste scelte il cancelliere in pectore, che dovrebbe essere eletto al Bundestag il 6 maggio, si è detto pronto ad affrontare le sfide dei prossimi anni e le molte incognite che assillano un’Europa “minacciata” e incerta del futuro.

“Il supporto all’Ucraina è necessario per preservare la pace e la libertà in Germania”, ha scandito prendendo la parola al piccolo congresso di partito dei democristiani, che hanno approvato a Berlino il contratto di coalizione firmato coi socialdemocratici di Lars Klingbeil. “Consideriamo il nostro aiuto all’Ucraina come uno sforzo congiunto di europei e americani dalla parte dell’Ucraina. Non siamo parte in causa in questa guerra e non vogliamo diventarlo, ma non siamo neanche terzi estranei o mediatori tra i fronti. Non ci devono essere dubbi sulla nostra posizione: senza se e senza ma, dalla parte di questo paese attaccato”, ha incalzato ribadendo il rifiuto di una pace imposta. Merz ha anche ribadito di non volere alcuna guerra commerciale con gli Usa, e di esser pronto a spendersi “con ogni forza per un mercato aperto”. Sul fronte migranti, ha assicurato la svolta, che dovrà strappare la Germania alla seduzione dell’ultradestra: “Dal giorno numero uno proteggeremo al meglio le nostre frontiere, con respingimenti massicci”.

Per realizzare questi piani, Merz ha scelto Johann Wadephul, 62 anni, come ministro degli Esteri. L’uomo della Cdu che in passato ha spinto per un sostegno pieno a Kiev, contestando le remore di Scholz e spingendo ad esempio per la consegna dei Taurus, che il Kanzler uscente ha sempre negato a Zelensky. Ex riservista dell’esercito, giurista e poi deputato dal 2009, è un fidatissimo di Merz, e viene ritenuto un grosso esperto di difesa: avrebbe potuto essere anche ministro del settore che andrà invece all’SPD e resterà a Boris Pistorius. Agli Interni sarà nominato il noto volto della Csu bavarese Alexander Dobrindt, “il nostro uomo di punta a Berlino per la questione centrale della svolta sui migranti”, nelle parole di Markus Soeder che ha presentato i tre ministri in quota del suo partito.

La stampa tedesca ha accolto con interesse anche le nomine della brandeburghese Katherina Reiche, 51 anni, all’Economia – top manager del settore energetico, e proveniente dall’est – e quella di Karsten Wildberger, 55 anni, ceo di Mediamarkt e Saturn, colossi dell’elettronica, designato alla Digitalizzazione all’Ammodernamento dello Stato. All’Istruzione andrà Karen Prien, dello Schleswig-Holstein, prima ebrea a ricoprire un incarico da ministra, secondo quanto ha scritto Stern. In squadra ci sono poi Patrick Schnieder ai Trasporti, Nina Warken alla Salute, Thorsten Frei come ministro per la Cancelleria e l’editore conservatore Wolfram Weimer come ministro di Stato alla Cultura. Mentre è stato ancora Soeder a ostentare la scelta del suo partito per la ministra alla Ricerca e all’Aerospazio, Dorothea Baer, e il ministero dell’Alimentazione Agricoltura e Patria: “Dopo un vegano verde arriva un macellaio nero”. Basta col tofu, ha ironizzato il populista bavarese. Il governo di Merz sarà completo soltanto quando i socialdemocratici ufficializzeranno i loro nomi, il 5 maggio. Il partito di Klingbeil attende il referendum della base, che dovrà pronunciarsi sul patto con Merz: il risultato è atteso il 30 aprile. E solo se sarà positivo Merz sarà eletto cancelliere al Bundestag, il 6 maggio. Ma all’Eliseo non hanno dubbi: è stata già annunciata una sua visita a Parigi il 7.

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Blackout in Spagna e Portogallo: indagini in corso, ipotesi anche di un cyberattacco

Spagna e Portogallo colpiti da un blackout elettrico: disagi nei trasporti e nelle comunicazioni. Il governo indaga, possibile anche un cyberattacco.

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Poco dopo le 12 di oggi, migliaia di cittadini in tutta la Spagna continentale e in Portogallo sono stati colpiti da un improvviso blackout elettrico. Come riportato dal quotidiano “El País”, il governo spagnolo ha attivato diversi team tecnici di vari ministeri per indagare sulle cause dell’interruzione, anche se al momento non esiste ancora una spiegazione ufficiale.

Secondo quanto riferito da Red Eléctrica, l’azienda pubblica responsabile della gestione del sistema elettrico nazionale, si sta lavorando intensamente per ripristinare la fornitura di energia. Anche l’Istituto nazionale di cybersicurezza è coinvolto nelle analisi, valutando la possibilità che il blackout possa essere stato causato da un attacco informatico, sebbene non ci siano ancora conferme in tal senso.

Reti di comunicazione e trasporti in tilt

Il blackout ha avuto ripercussioni su diversi settori strategici: sono stati colpiti reti di comunicazione, aeroporti e linee ferroviarie ad alta velocità in Spagna e Portogallo. Problemi sono stati segnalati anche nella gestione del traffico stradale, con numerosi semafori fuori servizio, oltre che in centri commerciali e strutture pubbliche.

La ministra spagnola della Transizione ecologica, Sara Aagesen, ha fatto visita al centro di controllo di Red Eléctrica per seguire da vicino le operazioni di ripristino. L’azienda ha attivato un piano di emergenza che prevede il graduale ritorno alla normalità, iniziando dal nord e dal sud della penisola iberica.

Coinvolta anche la Francia meridionale

Le interruzioni non hanno riguardato esclusivamente la Spagna e il Portogallo: alcune aree del sud della Francia, interconnesse con la rete elettrica spagnola, hanno subito disagi simili. Le autorità francesi stanno monitorando attentamente la situazione in coordinamento con le controparti spagnole.

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Wsj, Putin sta espandendo basi e truppe ai confini Nato

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A circa 160 chilometri dal confine con la Finlandia, nella città russa di Petrozavodsk, gli ingegneri militari russi stanno espandendo le basi militari dove il Cremlino prevede di creare un nuovo quartier generale dell’esercito per supervisionare decine di migliaia di soldati nei prossimi anni. E’ quanto scrive il Wall Street Journal. I soldati, molti dei quali ora in prima linea in Ucraina, dovrebbero costituire la spina dorsale dell’esercito russo in chiave anti-Nato. Il Cremlino sta ampliando il reclutamento militare, rafforzando la produzione di armi e potenziando le linee ferroviarie nelle zone di confine.

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