Collegati con noi

Esteri

Prof decapitato, la 13enne che l’accusava mentì

Pubblicato

del

Fu una bugia: la studentessa che accuso’ Samuel Paty di averla fatta uscire dalla classe, in quanto musulmana, prima di mostrare le caricature di Charlie Hebdo, menti’. Disse al padre quella bugia – all’origine della decapitazione dell’insegnante ad opera di un terrorista di origine cecena – perche’ non voleva confessargli che lei in classe non ci aveva neppure messo piede, come molte altre volte. Non voleva deluderlo: soffriva terribilmente la sorella gemella, che a scuola era sempre presente e andava molto meglio di lei. La ragazzina, che ha 13 anni e frequenta la terza media, ha confessato tutto davanti agli inquirenti – riporta Le Parisienne – quando, oltre un mese dopo l’assassinio dell’insegnante, fu fermata per falsa denuncia e lungamente interrogata dal giudice dell’antiterrorismo. A lui confesso’ che in classe non c’era mai andata alla scuola di Conflans-Sainte-Honorine, nella banlieue di Parigi. “Non ero presente il giorno delle caricature” ha ammesso ricordando bene quel 6 ottobre, quando Samuel Paty propose ai suoi allievi la lezione ‘Situazione di dilemma: essere o non essere Charlie’. Dieci giorni dopo, in seguito alle proteste del padre della ragazzina, alle pressioni degli ambienti islamisti, Paty, 47 anni, fu decapitato all’uscita dalla scuola. Nella versione inventata dalla ragazzina, Paty avrebbe chiesto agli studenti di alzare la mano a chi era di confessione musulmana cosi’ da poter mostrare le vignette del profeta Maometto nudo pubblicate da Charlie Hebdo. La studentessa menti’ ai poliziotti subito dopo l’assassinio: “Mi disse che disturbavo in classe e mi di invito’ a uscire”. Una bufera centrata su una montatura di affermazioni false e incentrata sulla presunta islamofobia nella scuola, esplose e dilago’ sui social network ad opera del padre della ragazzina, Brahim Chnina, 48 anni, affiancato e sostenuto dal militante islamista schedato come radicalizzato, Abdelhakim Sefrioui. Dopo pochi giorni, si scateno’ la jihad di Abdoullakh Anzorov, 18 anni, ceceno radicale che abitava nel quartiere e che cercava il pretesto giusto per passare all’azione. Tutto falso: la ragazzina in classe non c’era mai andata, come spesso le era accaduto, e Paty non costrinse nessun suo allievo musulmano ad uscire dalla classe. Propose, al contrario, se qualcuno fosse troppo turbato dalle immagini di chiudere gli occhi. “Ho mentito su una cosa…”, furono queste le prime parole della ragazzina agli inquirenti, che insistevano nel cercare la verita’. E poi: “Se non avessi raccontato quelle cose a mio padre, tutto questo non sarebbe successo”. Il padre – sotto inchiesta per complicita’ in omicidio – si e’ “rammaricato” della piega presa dagli eventi in seguito alla sua campagna sui social, basata su falsita’. L’avvocato della ragazzina rigetta su di lui la colpa per la reazione “spropositata”, rifiutando di lasciare alla minore, che dopo un periodo di lezioni a distanza ora ha cambiato scuola, tutta la responsabilita’ dell’assassinio di Samuel Paty.

Advertisement

Esteri

Airyn, figlia di Robert De Niro fa outing: sono trans

Pubblicato

del

Airyn De Niro fa outing: a 29 anni la figlia di Robert De Niro e della ex compagna Toukie Smith ha confessato alla rivista Them di aver cominciato il processo da cui emergerà come donna transgender. Airyn si è definita una “late bloomer”, una persona cioè che ha scoperto tardi un aspetto di sé importante come l’identità di genere. “Credo che una parte importante della mia transizione sia stata l’influenza delle donne nere su di me”, ha detto Airyn, la cui mamma, che è stata al fianco di De Niro dal 1988 al 1996, è afro-americana. “Credo che entrare in questa nuova identità, e al tempo stesso sentirmi più orgogliosa del mio essere nera, mi faccia sentire in qualche modo più vicina a loro”. Airyn ha raccontato di aver espresso un’identità femminile attraverso abiti, acconciature e comportamenti dalla scuola media, ma di aver iniziato la terapia ormonale solo nel novembre 2024.

“Una parte di me teme che possa ancora vedermi come la persona che ero prima della transizione”, ha detto parlando delle preoccupazioni per come la famiglia prenderà la transizione. Modelli di riferimento, come ha spiegato alla rivista che nel titolo “loro” ha adottato il pronome di chi non si identifica con maschile o femminile, sono state figure come Laverne Cox, Michaela Jaé Rodriguez e Jools Lebron. Airyn, che ha un fratello gemello di nome Julian, ha parlato anche della sua vita come una dei sette figli del leggendario attore hollywoodiano. “C’è una differenza tra essere visibili ed essere visti”, ha dichiarato: “Io sono stata visibile. Ma non credo di essere mai stata veramente vista”. La transizione di Airyn, che ora spera di poter intraprendere una carriera come consulente per la salute mentale, era stata anticipata in marzo dal Daily Mail che, dopo averla fotografata a New York, l’aveva definita “il figlio nepo baby di Robert De Niro”. Niente di più lontano dalla realta’, secondo Airyn: “Non sono cresciuta avendo una piccola parte nei film di papà o andando a riunioni d’affari o alle prime cinematografiche. Mio padre teneva molto al fatto che ciascuno di noi trovasse la propria strada. Vorrei che il mio successo arrivasse per merito mio”.

Continua a leggere

Esteri

‘Trump a Zelensky a S.Pietro, solo Usa riconosceranno la Crimea’

Pubblicato

del

Nel faccia a faccia in Vaticano il giorno dei funerali di Papa Francesco Volodymyr Zelensky avrebbe ribadito che non riconoscerà la Crimea come russa e Trump avrebbe chiarito che non glielo chiederà perché il piano è il riconoscimento della Crimea come russa da parte degli Usa, non dell’Ucraina. Lo riporta Axios che ricostruisce l’incontro. Zelensky avrebbe anche detto a Trump di non aver paura di fare concessioni per porre fine alla guerra, ma di aver bisogno di garanzie di sicurezza sufficientemente forti per farlo. Il leader ucraino avrebbe ribadito che Putin non si sarebbe mosso a meno che Trump non avesse fatto più pressione.

Una fonte avrebbe riferito che Trump ha risposto che avrebbe potuto dover cambiare il suo approccio nei confronti di Putin, come ha poi affermato nel suo post su Truth Social. Zelensky ha anche spinto a tornare alla sua proposta iniziale di un cessate il fuoco incondizionato come punto di partenza per i colloqui di pace, accettata dall’Ucraina ma respinta dalla Russia. Trump sembrava essere d’accordo. La Casa Bianca non ha confermato né smentito. Un portavoce di Zelensky ha rifiutato di commentare i contenuti dell’incontro.

Continua a leggere

Esteri

Maradona, nuove rivelazioni dal processo: «Luque vietò l’ingresso ai medici chiamati dalle figlie»

Il chirurgo che seguì Diego negli ultimi giorni avrebbe impedito le valutazioni cliniche dopo l’intervento alla testa.

Pubblicato

del

Durante il processo per la morte di Diego Armando Maradona, il dottor Fernando Villarejo, capo del reparto di terapia intensiva della clinica Olivos, ha rilasciato dichiarazioni importanti e potenzialmente decisive. Secondo il medico, Leopoldo Luque, il neurochirurgo a capo del team che seguì Maradona negli ultimi giorni, avrebbe impedito l’accessoad altri specialisti che volevano visitare l’ex campione dopo l’intervento alla testa del 3 novembre 2020.

Medici bloccati all’ingresso: «Chiamati dalle figlie»

Villarejo ha precisato che i medici esclusi erano stati convocati dalle figlie di Maradona, tra cui il dottor Mario Schitere una psichiatra. Il loro compito era valutare la possibilità di un trasferimento del paziente in una struttura di riabilitazione, data la complessità della sua condizione clinica.

«Luque ha vietato l’ingresso ai medici che dovevano valutare Maradona», ha dichiarato Villarejo in aula, definendo il divieto «strano e intempestivo».

Cartella clinica: «Pluripatologie di difficile controllo»

Nonostante il divieto, il dottor Villarejo è riuscito comunque a consultare la cartella clinica di Maradona, dalla quale ha tratto conclusioni preoccupanti: il paziente era ancora in condizioni critiche, affetto da patologie complesse e difficili da gestire.

«Era un paziente molto complesso», ha spiegato, «e necessitava di un monitoraggio costante e di interventi mirati, che forse non gli sono stati garantiti».

Un processo che riaccende i riflettori sulla gestione medica

Le parole di Villarejo si inseriscono in un processo delicato, che mira a chiarire eventuali responsabilità e negligenzenella gestione sanitaria del più grande calciatore argentino. Il comportamento di Luque e le decisioni prese nei giorni successivi all’intervento chirurgico saranno al centro dell’analisi dei giudici.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto