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Cronache

Processo Ruby ter, per i giudici “i verbali delle ragazze sono inutilizzabili”

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A sorpresa, in un’udienza che sulla carta doveva servire solo per ascoltare l’ultimo teste dell’accusa e stilare il calendario dell’esame degli imputati, e’ arrivata un’ordinanza che, accogliendo un’eccezione della difesa di Silvio Berlusconi, potrebbe aver azzoppato gran parte delle accuse nel processo Ruby ter. I giudici della settima penale hanno infatti dichiarato la “inutilizzabilita’ delle dichiarazioni testimoniali rese” nei dibattimenti Ruby e Ruby bis da diciotto ‘ex olgettine’ imputate nel Ruby ter, tra cui la stessa Karima El Mahroug, spazzando via quasi tutte le deposizioni delle giovani, tranne quelle di Iris Berardi e per una parte anche quelle di Barbara Guerra. Una decisione con cui, come e’ stato riferito, salteranno le imputazioni di falsa testimonianza (prossime comunque alla prescrizione) a carico delle ragazze, che portarono nelle aule la versione delle “cene eleganti” al posto del “bunga-bunga” di Arcore e che per questo sarebbero state stipendiate dall’ex premier. Potrebbe reggere ancora, forse, stando a letture comunque complesse del provvedimento, il reato di corruzione in atti giudiziari per cui Berlusconi e’ imputato assieme alle ex ospiti di Villa San Martino, ma anche ad altre persone, come l’ex fidanzato di Ruby, Luca Risso (29 in totale). Pur sparendo di fatto dal giudizio nel processo quei verbali, infatti, l’aggiunto Siciliano e il pm Gaglio punteranno a dimostrare, anche se con piu’ difficolta’ probatorie, che le giovani, le quali dal novembre 2011 erano pubblici ufficiali perche’ chiamate come testimoni nei dibattimenti, stavano ricevendo soldi o altre regalie per fare gli interessi del leader di FI nei processi. Al di la’ delle dichiarazioni rese poi in aula. Ad ogni modo, nell’ordinanza della settima penale presieduta da Marco Tremolada (stesso giudice che con un altro collegio assolse i 15 imputati del caso Eni-Nigeria) si fa notare che i pm (del caso se ne occupava Ilda Boccassini) gia’ 9 anni fa avrebbero dovuto iscrivere le ragazze nel registro degli indagati per corruzione in atti giudiziari e sentirle nei processi a carico del Cavaliere e di Mora, Fede e Minetti con tutte le garanzie previste. Quantomeno “dalla primavera 2012” – scrive il Tribunale nell’ordinanza che richiama pure una decisione della Cassazione sul caso Mills – la Procura “aveva elementi indizianti le elargizioni di Berlusconi in favore delle ragazze” indicate come testimoni, mentre in realta’ erano gia’ “sottoposte ad indagini”. Erano “persone sostanzialmente ‘indagate'” e andavano ascoltate come testi assistite da avvocati e con la facolta’ di non rispondere. Per questo “le relative testimonianze” sono “affette da inutilizzabilita’ assoluta per violazione delle garanzie di legge” poste “a presidio del divieto di autoincriminazione”. I giudici fanno notare, ad esempio, che nel Ruby bis ad alcune ragazze vennero fatte “domande sulla convocazione ad Arcore”, che avvenne dopo “la perquisizione” del 14 gennaio 2011, “precedute o seguite da domande” sul denaro corrisposto dall’ex premier. Versamenti che “costituivano patrimonio conoscitivo della pubblica accusa gia’ prima delle deposizioni”, anche perche’ era stato pure gia’ aperto e archiviato un fascicolo a carico di Guerra e Berardi (da qui la differenza delle loro posizioni). “Questa ordinanza e’ importantissima – ha commentato il legale di Berlusconi, l’avvocato Federico Cecconi – perche’ di fatto si dice che queste dichiarazioni sono inutilizzabili per un vizio patologico”. Una decisione che arriva dopo l’assoluzione nel filone del Ruby ter a Siena. Nel frattempo, tre imputate, Polanco, Guerra e Sorcinelli, avevano gia’ dato la loro disponibilita’ a parlare in aula tra il 17 e il 24 novembre. Nuove valutazioni da parte dei legali, tuttavia, sono in corso alla luce del provvedimento che cambia il quadro. Mentre Cecconi in mattinata aveva riferito ai cronisti che il Cavaliere sta valutando la possibilita’ di rendere “dichiarazioni spontanee”.

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Cronache

Sophie Codegoni: «Ho denunciato il mio ex compagno, ma sto vivendo un inferno»

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Sophie Codegoni, 23 anni, influencer da oltre un milione di follower e volto noto del Grande Fratello Vip, racconta per la prima volta con dolore e coraggio il suo calvario. Una storia di violenza psicologica, controllo ossessivo e minacce che l’ha portata a denunciare l’ex compagno Alessandro Basciano, oggi indagato per stalking aggravato.

Un amore nato sotto i riflettori, finito nel terrore

«Tante volte ho pensato: ma chi me l’ha fatto fare di denunciare? È tostissimo. So di aver fatto la cosa giusta, ma sto vivendo un inferno», dice Sophie tra le lacrime. La relazione con Basciano era nata nel 2021 all’interno della casa del GF Vip. Lei aveva 19 anni, lui 31. Dopo il reality, la convivenza a Roma e la nascita della figlia Celine Blue sembravano coronare una storia d’amore. Ma dietro la facciata, si nascondeva un incubo.

La denuncia e il dispositivo anti-stalker

«A dicembre 2023 ho ricevuto l’orologio anti-stalker dai carabinieri. Basta un tasto e arrivano le pattuglie», racconta. Prima, Sophie aveva persino assunto una guardia del corpo per tutelarsi. Ma il vero spartiacque è arrivato con la decisione di tornare dalla sua famiglia, dopo aver scoperto numerosi tradimenti.

Da lì, minacce continue: «Ovunque andassi, lui lo sapeva. Mi scriveva: “Put***, ti tolgo la bambina”». E quando tentava di allontanarsi, le rispondeva con messaggi in cui minacciava il suicidio. Fino all’episodio culminante: «Ha aggredito i miei amici, ha spaccato la loro macchina, poi mi ha chiamata dicendo che avrebbe ammazzato anche me». È stato allora che Sophie ha sporto una seconda denuncia.

Le misure del giudice: divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico

Il 30 aprile 2025 la Corte di Cassazione ha confermato il divieto per Basciano di avvicinarsi a meno di 500 metri da Sophie e dalla figlia, e gli ha imposto il braccialetto elettronico. L’inchiesta è ancora in fase preliminare, ma le prove raccolte — comprese tre anni di chat fornite da Sophie — hanno mostrato, secondo la Procura, un quadro «più infernale di quanto sembrava».

La solitudine dopo la denuncia

Nonostante le misure di protezione, Sophie si dice distrutta: «Mi sento svuotata, piango sempre. Devo mostrarmi forte per mia figlia e per il mio lavoro, ma ogni parola è una ferita». Dopo la scarcerazione di Basciano nel novembre scorso, Sophie ha sentito su di sé lo sguardo del sospetto: «È stato durissimo. Ma ora ho trovato la forza di parlare».

Un messaggio alle donne

«Non ero più io, non sono più io», confessa. Il percorso è ancora lungo, ma Sophie Codegoni — con il sostegno dell’avvocata Jessica Bertolina — ha deciso di non rimanere in silenzio. Una testimonianza potente, che contribuisce a rompere il muro dell’indifferenza e dell’incredulità intorno alla violenza domestica.

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Cronache

Archiviata l’inchiesta sull’aggressione a Iovino: cadono le accuse contro Fedez

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Il gip ha archiviato l’indagine sull’aggressione al personal trainer Cristiano Iovino, avvenuta nell’aprile 2024, scagionando definitivamente il rapper Fedez. Lo ha reso noto la Procura di Milano, che ha chiesto l’archiviazione per assenza di prove a sostegno dell’ipotesi di una rissa.

Nessuna prova, niente rissa

Secondo quanto stabilito dal giudice, non esistono elementi sufficienti a sostenere l’accusa, e la vicenda non può essere qualificata come una rissa, né tantomeno attribuita con certezza a responsabilità personali del cantante.

Il personal trainer Cristiano Iovino non aveva presentato querela e aveva accettato una transazione economica da 10 mila euro, chiudendo così la vicenda in sede civile.

La reazione della difesa

Soddisfatti gli avvocati di Fedez, Gabriele Minniti e Andrea Pietro-lucci, che in una nota dichiarano: «Viene finalmente esclusa ogni responsabilità del nostro assistito. È la miglior risposta al pesante processo mediatico a cui è stato sottoposto da un anno».

Con questa decisione si chiude ufficialmente un capitolo controverso che ha coinvolto il nome dell’artista per mesi, oggetto di speculazioni e attenzione mediatica, senza che vi fosse mai stata una denuncia da parte della persona coinvolta.

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Cronache

Se non rispetti l’ordinanza del giudice, paghi ogni giorno: a Verona scatta la linea dura nelle cause di separazione

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Una svolta significativa nei casi di separazione e affidamento dei figli arriva da Verona, dove la sezione Famiglia del Tribunale civile ha cominciato ad applicare una misura finora poco utilizzata, prevista dalla riforma Cartabia: sanzioni pecuniarie giornaliere, anche d’ufficio, per i genitori inadempienti.

La novità introdotta dalla riforma Cartabia

La norma, contenuta nell’articolo 473-bis.39 del Codice di procedura civile, permette al giudice di disporre, anche senza richiesta della parte lesa, una somma da versare per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione di un provvedimento che riguarda il benessere dei figli, sia sul piano economico che relazionale. È uno strumento pensato per garantire l’effettività delle decisioni giudiziarie in materia familiare, contrastando inadempienze gravi.

Due i casi applicati a Verona

Nel primo caso, un padre che si rifiutava di pagare i 300 euro mensili stabiliti per il mantenimento dei figli, sostenendo di avere già sostenuto altre spese, è stato condannato a pagare 100 euro per ogni giorno di ulteriore inadempienza. La minaccia ha funzionato: dopo cinque giorni, e quindi dopo una multa complessiva di 500 euro, l’uomo ha versato quanto dovuto.

Nel secondo caso, ancora più delicato, una madre che tiene il figlio all’estero impedendo gli incontri con il padre è stata condannata a pagare 200 euro al giorno finché non rispetterà l’ordinanza di far collocare il minore anche presso il padre. A nulla sono valse finora una condanna a 3.000 euro di risarcimento e una sentenza del tribunale stranieroche le intima di rimpatriare il figlio: la donna, pur rientrando saltuariamente in Italia, continua a ignorare l’ordinanza del settembre 2024.

Un cambio di passo nei tribunali

Queste misure — spiega il giudice Massimo Vaccari, estensore di una delle ordinanze — servono a tutelare i minori e a far rispettare l’autorità giudiziaria. Non si tratta di strumenti nuovi in assoluto: già esistevano, ma erano applicabili solo su richiesta delle parti. Con la riforma, invece, il giudice può intervenire direttamente quando ravvisa danni o pregiudizi per i figli.

Il messaggio ai genitori separati è chiaro: disattendere le decisioni del giudice costa caro, giorno dopo giorno. E ora il sistema giudiziario sembra pronto a far valere davvero queste regole.

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