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Cronache

Processo Grillo Jr: in aula il video dello stupro alla studentessa, la vittima esce

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Un drappo nero l’ha tenuta lontana dagli sguardi degli avvocati, ma non è bastato. La studentessa italo-norvegese, presunta vittima di una violenza di gruppo contestata a Ciro Grillo e a tre suoi amici genovesi, Francesco Corsiglia, Vittorio Lauria e Edoardo Capitta, e principale accusatrice dei 4, è crollata e ha preferito non vedere in aula il video che la ritrae con loro la notte dello stupro che lei stessa denunciò ai carabinieri di Milano nell’estate del 2019, al rientro dalla sua vacanza a Porto Cervo. Un filmato di pochi secondi, girato con il cellulare dai ragazzi nella villetta della famiglia Grillo, che l’avvocato Alessandro Vaccaro, difensore di Lauria, ha chiesto e ottenuto che si proietasse in aula.

Una visione necessaria, a suo dire, per porre domande e fare contestazioni alla studentessa, all’epoca 19enne, su quanto da lei raccontato in precedenza. A partire dal fatto che, secondo la sua deposizione avallata dall’accusa, fosse incapace di reagire. “Ho visto tutto nero, il mio corpo non mi rispondeva, ho avuto un mancamento e sono svenuta”, sono le risposte che anche oggi la giovane 23enne ha ripetuto davanti alle obiezioni dei legali degli imputati. I video, tutti di breve durata, in realtà sono tre, tutti agli atti del processo che si svolge a porte chiuse. Tuttavia il presidente del collegio, Marco Contu, ha deciso di farne vedere uno solo, vista la situazione estremanente delicata e il fatto che quei filmati sono stati già visionati dai giudici. Quella di oggi è stata un’altra udienza sofferta per la principale accusatrice dei quattro.

La sua avvocata, Giulia Bongiorno, ha fatto presente più volte al Tribunale la fragilità della sua assistita. E ieri, formalmente, ha presentato un’istanza per tutelarla il più possibile dallo stress emotivo che vive in aula, sottolineando che finora ha risposto a circa 1.400 domande per un totale di 22 ore di udienza, 17 se si contano le pause, e che la sua situazione psicologica è peggiorata. Alla fine è stata trovata una mediazione tra le parti: la ragazza è stata protetta durante l’audizione con un drappo nero, ma il contro esame dei difensori non è stato filtrato dal presidente del collegio: la giovane ha quindi risposto direttamente alle domande dei legali degli imputati. Rifiutandosi però di guardare le immagini sulla presunta violenza e uscendo dall’aula. Un segno evidente della sua emotività nel ricordare le parti più sensibili di questa vicenda.

“La scelta di farla uscire dall’aula arriva per un rispetto e una sensibilità nei confronti di questa ragazza, comunque e in ogni caso – ha spiegato l’avvocato Vaccaro al termine dell’udienza – Non vi era la necessità della sua presenza, la mia domanda era su una determinata situazione, mi ha risposto e il video doveva essere semplicemente la contro prova alla sua risposta”. “Non abbiamo trovato una vittima assolutamente provata – ha sottolineato il legale – c’è stato solo un momento di commozione quando gli ho fatto alcune contestazioni rispetto alle sue parole che chiaramente l’hanno colpita. La giornata è andata abbastanza liscia. Il mio bilancio è assolutamente positivo”. Si torna in aula domani mattina alle 10 per l’ultima delle sei udienze incentrate sul racconto e il contro esame della presunta vittima.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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