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Pokrovsk sotto assedio: il Donbass rischia il collasso

La città di Pokrovsk, nodo strategico del Donbass, è ormai circondata dalle truppe russe. Kiev valuta una difficile ritirata per evitare la strage.

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Pokrovsk sotto assedio: il Donbass rischia il collasso

La città strategica nel mirino russo. Kiev valuta se ritirare le truppe o resistere fino alla fine

A Pokrovsk, cuore strategico del Donbass, la situazione è ormai al limite della catastrofe. I commenti che filtrano dal fronte ucraino sono unanimi: l’accerchiamento russo si sta chiudendo. A parlare è anche chi è ancora sul campo, come Jana Skhidna, una delle volontarie impegnate nell’evacuazione dei civili: «La situazione sta passando da critica a catastrofica».

La scelta di Kiev: resistere o ritirarsi

Il comando militare ucraino è di fronte a un bivio: resistere sacrificando le due brigate intrappolate tra le macerie della città, oppure ordinare una ritirata su larga scala. Una decisione che peserà enormemente sull’intera difesa del Donetsk, ancora in parte in mano ucraina. Ma il morale delle truppe è in caduta libera, logorato dalle perdite, dalla mancanza di rinforzi e da un comando centrale in continua evoluzione.

«Siamo oggettivamente indeboliti, stanchi, abbiamo sofferto perdite importanti e i russi ricevono sostegni da Corea del Nord e Cina» ha scritto il soldato ucraino Olexandr Solonko, segnalando un crescente timore per la tenuta del fronte.

Pokrovsk, assediata e isolata

Raggiungere Pokrovsk è ormai un’impresa: l’unica via di accesso è sotto il fuoco continuo di droni armati, guidati con cavi che eludono i sistemi di disturbo. Gli ucraini hanno trasformato la strada in un tunnel di reti per difendersi, ma i veicoli bruciati ai lati del percorso raccontano una realtà drammatica.

La città, che prima della guerra contava oltre 60mila abitanti, è oggi ridotta a poche migliaia di civili che vivono nei sotterranei. Portare via i soldati ucraini da questo “sentiero della morte” potrebbe causare una strage.

Il ruolo centrale di Pokrovsk

Fino al 2022 Pokrovsk era una retrovia sicura, punto di rifornimento e riposo per le truppe. Dall’estate 2024, però, è iniziata la stretta russa, culminata in un assedio pesantissimo, con oltre tremila bombe plananti sganciate da maggio. Ogni tentativo russo di sfondare frontalmente è stato respinto, ma i generali di Mosca hanno cambiato strategia: avanzare ai fianchi, villaggio dopo villaggio, isolando lentamente la città.

Il Donbass sotto pressione

Il quadro generale è altrettanto preoccupante. La Russia ha lanciato diversivi a nord su Sumy, costringendo l’Ucraina a mobilitare le ultime riserve. Al tempo stesso ha riacceso l’offensiva verso Zaporizhzhia, logorando le difese ucraine su più fronti. Il Donbass rimane l’obiettivo prioritario di Mosca, e proprio lì Kiev continua a perdere terreno.

Gli analisti prevedono una nuova ondata offensiva russa da metà agosto, con un ritorno massiccio di carri armati per una possibile spallata finale. Il fronte resta incerto: la Russia potrebbe puntare a Dnipro, oppure tentare un’offensiva diretta verso Kiev.

Pokrovsk, dunque, rischia di diventare il simbolo del punto di rottura ucraino, un fronte che, se crollasse, potrebbe aprire scenari drammatici per l’intera resistenza.

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Trump travolto da oltre 330 cause legali: la Corte suprema apre, i media reagiscono

L’amministrazione Trump affronta più di 330 cause legali. Tra i temi: migranti, media, agenzie federali. La Corte suprema sblocca licenziamenti e accesso a dati

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La presidenza di Donald Trump, nel suo secondo mandato, è circondata da un vero e proprio assedio giudiziario: sono oltre 330 le cause attualmente in corso contro l’amministrazione, molte delle quali avviate in tribunali federali e statali. Mentre alcune iniziative sono state bloccate o limitate dalle Corti inferiori, la Corte suprema ha già emesso verdetti chiave che segnano un cambio di passo netto rispetto al primo mandato.

Corte suprema: via libera a Trump su licenziamenti e dati sensibili

I giudici supremi hanno autorizzato l’esecutivo a procedere con licenziamenti di massa nelle agenzie federali, rafforzando il potere del presidente nella riorganizzazione della macchina statale. Hanno inoltre concesso a Doge, l’agenzia per l’efficienza amministrativa, l’accesso ai dati sensibili sulla previdenza sociale di milioni di cittadini americani.

Alcune decisioni, però, restano provvisorie. Ad esempio, la sentenza di fine giugno sullo ius soli – pur senza pronunciarsi sulla costituzionalità della proposta di Trump – ha limitato il potere dei giudici federali di bloccare a livello nazionale le decisioni dell’esecutivo. Il verdetto sarà applicabile solo dopo 30 giorni, durante i quali il contenzioso potrà proseguire. Intanto è già partita una class action.

Immigrazione, Harvard e leggi d’emergenza: i punti più caldi

Rimangono per ora bloccate le intenzioni del presidente di bandire lo ius soli per alcune categorie di migranti, di punire studi legali e l’Università di Harvard, e di utilizzare leggi di guerra per deportare migranti aggirando i tribunali. Le decisioni finali su questi fronti potrebbero arrivare nei prossimi mesi e saranno determinanti per valutare l’impatto della nuova amministrazione.

In parallelo, Trump ha avviato 11 azioni legali contro norme statali o municipali, in particolare su temi legati all’autonomia locale e alla regolazione ambientale, sanitaria e fiscale.

Media nel mirino: sei cause contro giornali, tv e case editrici

Trump ha aperto anche un nuovo fronte contro l’informazione. La più recente è la causa contro Rupert Murdoch, il Wall Street Journal e due suoi giornalisti per la pubblicazione di un articolo legato al caso Epstein, su cui Trump vuole silenzio assoluto. Ma l’elenco è lungo:

  • Des Moines Register, accusato di aver pubblicato un sondaggio “falsato” prima del voto in Iowa

  • ABC News e Paramount, che hanno patteggiato versando 15 e 16 milioni di dollari rispettivamente

  • Simon & Schuster, per le interviste audio a Bob Woodward (caso archiviato)

  • CNN, per aver usato l’espressione “grande bugia” sulle elezioni 2020 (archiviato)

Inoltre, Associated Press ha fatto causa a Trump per l’accesso negato allo Studio Ovale, ma il presidente ha vinto in appello, almeno per ora. NPR e PBS sono invece sotto minaccia di tagli totali ai fondi federali.

Il quadro complesso che inciderà sul mandato

Molti dei procedimenti sono ancora in fase interlocutoria, ma l’impatto potenziale è enorme: dalla gestione delle migrazioni alla libertà di stampa, dalle riforme strutturali alla trasparenza istituzionale. L’esito di questi contenziosi potrebbe plasmare l’intero corso del secondo mandato di Trump, e ridefinire i rapporti tra potere politico e sistema giudiziario negli Stati Uniti.

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Ghislaine Maxwell vuole testimoniare sulla lista Epstein. Trump smentisce, ma la Casa Bianca trema

Ghislaine Maxwell scrive in carcere e sogna la grazia. Vuole testimoniare sulla lista dei clienti di Epstein. Trump nega tutto, ma il caso rischia di esplodere.

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Da tre anni dietro le sbarre in una prigione della Florida, Ghislaine Maxwell non si arrende. Fa yoga, Pilates, jogging, gestisce la biblioteca del carcere, insegna finanza alle altre detenute. Ma soprattutto scrive, ogni giorno, lunghi diari personali, e parla quotidianamente con i suoi avvocati, convinta di non scontare interamente i 20 anni di condanna per complicità nel traffico sessuale di minori gestito da Jeffrey Epstein, suo ex compagno.

Il sogno di una grazia da Trump

Per mesi ha sperato in un gesto da Donald Trump, convinta che il suo ritorno alla Casa Bianca avrebbe riaperto per lei la porta della libertà. Una speranza alimentata da antiche amicizie comuni, dalla militanza in ambienti elitari, e da un passato condiviso in Florida. Ma due settimane fa, Trump ha negato tutto: nessuna lista dei clienti di Epstein, nessun legame, nessuna grazia in arrivo.

La decisione ha spaccato il fronte MAGA: parte della base accusa ora l’ex presidente di agire come il famigerato “deep state” che per anni ha attaccato. E lo scontro si è fatto più aspro quando il Wall Street Journal ha pubblicato una lettera del 2003 di Trump a Epstein, contenente disegni espliciti. Trump ha cercato invano di bloccarne la pubblicazione, poi ha denunciato Murdoch per 10 miliardi di dollari. Ma la lettera compare anche in un libro di auguri indirizzati a Epstein da vari personaggi noti.

Maxwell pronta a parlare: un rischio per molti

La Maxwell, descritta come determinata e lucida, si è dichiarata disponibile a testimoniare davanti al Congressosulla famosa “lista dei clienti” di Epstein, che per Trump “non esiste”. Il fratello Ian teme per la sua sicurezza, vista la fine sospetta di Epstein nella prigione metropolitana di New York nel 2019.

Il Ministero della Giustizia, intanto, ha confermato la causa davanti alla Corte Suprema, dopo che Maxwell ha fatto ricorso sostenendo di essere protetta dal patteggiamento firmato da Epstein nel 2008 in Florida. Patteggiamento che gli consentì di cavarsela con 18 mesi (di cui scontati solo 12) nonostante decine di accuse gravi.

La rimozione di Maurene Comey e la tensione alla Casa Bianca

La scorsa settimana è arrivata un’altra scossa: Pam Bondi, ministra della Giustizia, ha rimosso nottetempo Maurene Comey, la procuratrice che aveva indagato su Maxwell ed Epstein. Una mossa che ha fatto pensare a un imminente perdono, smentito però da fonti presidenziali. La pressione dell’opinione pubblica e delle vittime degli abusi sessuali ha convinto la Casa Bianca a negare qualsiasi ipotesi di grazia: «Non ci sono mai stati discorsi su un perdono e non ce ne saranno», ha dichiarato un portavoce in forma anonima.

Un passato che non smette di tornare

Il caso continua a pesare su Trump, già criticato per aver nominato Alex Acosta, il giudice che graziò Epstein nel 2008, a ministro del Lavoro. E nonostante la rottura formale con Epstein nel 2004, i contatti tra i due erano frequenti durante gli anni in cui si consumavano gli abusi. Ora che Maxwell minaccia di rompere il silenzio, la Casa Bianca teme che un rivolo di informazioni diventi un fiume.

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Kiev, dalla Russia massiccio attacco con droni e missili

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La Russia ha lanciato nella notte un attacco aereo combinato su larga scala contro l’Ucraina. Lo riportano i media locali. Sui cieli ucraini sono volati droni d’attacco e missili provenienti da diverse basi. Si sono udite esplosioni in diverse regioni. A Kiev una persona è stata uccisa e un’altra ferita. Secondo il capo della Kmva Timur Tkachenko, l’Aeronautica Militare delle Forze Armate Ucraine, droni russi sono stati segnalati nelle regioni di Kharkiv, Chernihiv, Kiev, Sumy, Dnipropetrovsk, Poltava, Zaporizhzhia e Kherson.

Lo stato di allerta nella capitale era stato dichiarato già intorno alle 23, mezzanotte in Italia, ha detto Tkachenko ai giornali. Quaranta minuti dopo è stata attivata la difesa aerea e 20 minuti dopo l’Aeronautica Militare ha segnalato il decollo di diversi bombardieri strategici Tu-95 dall’aeroporto di Olenya, nella regione di Murmansk, in Russia. Da allora gli allarmi si sono susseguiti a breve distanza mentre i droni si dirigevano verso Boryspil, Hlevakha, Vasylkiv, Brovary, Kyiv, Zolotonosha, Balakleya, Chornobay, Monastyryshche. Alle 2.18 ora locale, la Russia ha lanciato missili da crociera Kalibr dal Mar Nero verso la capitale. A seguito dell’attacco, il tetto di un edificio non residenziale nel quartiere Darnytskyi di Kiev ha preso fuoco. A Kharkiv sono stati segnalati almeno 11 edifici danneggiati nel distretto di Kyivskyi, ma al momento non si hanno notizie di vittime.

Alle 3:00, la Russia ha lanciato missili aerobalistici ipersonici Kh-47M2 Kinzhal da MiG-31K. L’Aeronautica Militare ha segnalato bersagli ad alta velocità diretti a Kiev e Rivne/Dubno. Un gruppo di missili da crociera provenienti dal Mar Nero si è poi spostato dalla regione di Odessa verso la regione di Vinnytsia, dove l’attacco dei droni continua. L’Aeronautica Militare ha lanciato l’allarme per i ripetuti decolli dei caccia MiG-31K. Alle 3:50, missili lanciati da aerei strategici sono entrati nello spazio aereo ucraino e si sono mossi attraverso la regione di Kharkiv verso Poltava. Poi, attraverso la regione di Černihiv, verso la regione di Kiev. Alle 4.18 l’Aeronautica Militare ha lanciato l’allarme per la presenza di missili diretti verso Kiev. Alle 4.20 si è udita nella capitale una serie di potenti esplosioni. Alle 4.23, l’aeronautica militare è stata avvisata della presenza di missili balistici diretti a Kiev. Alle 5 ora locale è stata dichiarata la morte di una persona e il ferimento di un’altra nella capitale ucraina, scrive Ukrainska Pravda.

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