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Politica

Pnrr, 27 target per giugno ma alcuni slitteranno

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Per completare i 27 obiettivi Pnrr del primo semestre 2023 e sbloccare la quarta rata da 16 miliardi (al netto del pre-finanziamento) non ci sarà la consueta corsa a ostacoli, perché il governo punta a rimuoverli tutti in partenza. O almeno ci prova, attraverso un fitto negoziato con la Commissione europea che va avanti già da parecchie settimane. Il terreno è fertile: Bruxelles a dicembre ha già approvato le modifiche al piano del Lussemburgo, e sta valutando quelle richieste dalla Germania. I paletti, però, non mancano: i cambiamenti dovranno essere limitati ai singoli progetti – quindi no a modifiche che valgono per più voci – e non dovranno stravolgere le riforme.

Il governo parte dal presupposto che una parte del Pnrr non è più attuale, per diverse ragioni: innanzitutto è stato scritto prima della guerra in Ucraina e della conseguente rincorsa dei prezzi dei materiali e dell’energia, e poi alcuni progetti non sono più allettanti. E’ il caso di quelli sull’idrogeno verde, il combustibile su cui Bruxelles puntava due anni fa, ritenendolo alla base della prossima rivoluzione dei trasporti. In realtà la rivoluzione dovrà attendere, anche a causa della spinta che sta avendo l’elettrico.

Per questo si punta a cambiare il cronoprogramma, che attualmente entro marzo prevede l’aggiudicazione degli appalti per lo sviluppo di 40 stazioni per il rifornimento di idrogeno per auto e camion lungo la rete stradale. Appalti su cui gli operatori non hanno manifestato alcun entusiasmo. Nemmeno la rete ferroviaria è pronta a fare il salto: in teoria, entro marzo bisognerebbe assegnare le risorse per costruire nove stazioni per rifornire treni a idrogeno lungo sei linee ferroviarie, un progetto che non ha riscosso l’interesse di Ferrovie dello Stato (Fs) e che potrebbe interessare altri ma i tempi sono comunque troppo stretti per rispettare il target. Un altro capitolo su cui il governo sarebbe intenzionato a chiedere uno slittamento dei tempi è il nuovo codice degli appalti, approvato dal Cdm a fine dicembre, centrando uno degli obiettivi del 2022.

Il Pnrr prevede che entri in vigore entro fine marzo, ma il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini, qualche settimana fa, aveva parlato di un possibile slittamento a fine anno da negoziare con la Commissione europea. Se da un lato, infatti, il nuovo codice è pensato per semplificare gli appalti snellendo la burocrazia, dall’altra l’entrata in vigore di nuove regole potrebbe inizialmente rallentare il processo di aggiudicazione, con ricadute soprattutto per le opere del Pnrr. Sono proprio queste ultime a preoccupare il governo, che intende accelerare in ogni modo visti i ritardi sulla spesa dei fondi: il governo Draghi prevedeva ad inizio 2022 di spendere 40 miliardi, e invece il bilancio attuale si ferma a meno della metà.

“Per realizzare opere del valore di 100 milioni di euro il tempo medio è di 16 anni”, mentre “il Pnrr prevede cinque anni per realizzare quelle previste nel piano e un anno è già passato”, avverte il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, convinto che occorra “rivedere il nostro modo di operare” visto che, come aveva ricordato la premier Giorgia Meloni nella conferenza di fine anno, restano solo 3 anni per spendere oltre 100 miliardi di euro di investimenti in opere pubbliche.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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Ministro Giuli: scudetto al Napoli? Rallegra il cuore di un romano e un romanista come me

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“Napoli non è in odore di scudetto, ma è in profumo di scudetto. Io sono romano e romanista, ma innamorato di Napoli. Sappiamo bene che in passato ci sono stati terribili episodi che hanno riguardato le tifoserie della Roma e del Napoli. Oggi sentire Napoli in profumo di scudetto è una cosa che rallegra il cuore di un romano e di un romanista”. Così il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, sulla corsa scudetto, a margine della sua visita al cantiere dell’Albergo dei poveri a Napoli.

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