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Cronache

Pifferi, verifiche su altre psicologhe. Scontro pm-legali

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La presunta “rete criminale” che avrebbe favorito Alessia Pifferi al fine di farle ottenere la perizia psichiatrica si allarga anche ad altre psicologhe. Dopo le prime due professioniste del carcere finite al centro di un secondo filone di indagine insieme all’avvocato difensore Alessia Pontenani per falso e favoreggiamento, l’ipotesi è che siano coinvolte anche altre persone. Ne ha parlato in aula lo stesso pm Francesco De Tommasi, intervenendo oggi nel processo a carico della 38enne accusata dell’omicidio volontario della figlia Diana di soli 18 mesi, morta di stenti nel luglio del 2022 a Milano, dopo essere stata lasciata a casa da sola per 6 giorni.

Nell’udienza dedicata alla discussione della perizia depositata la scorsa settimana dallo psichiatra Elvezio Pirfo, che ha evidenziato la capacità di Pifferi di intendere e volere, il pm è tornato sul tema della “nota relazione” redatta dalle psicologhe del carcere la scorsa primavera, sulla quale, a quanto emerso, avrebbero messo le mani anche altre due professioniste. Oltre a quelle indagate, ce ne sarebbe una terza che ha partecipato alla somministrazione del test di Weis senza però firmare il documento che accertava il grave deficit cognitivo, e una quarta esterna al San Vittore che avrebbe invece revisionato la relazione apportando modifiche e correzioni. Opponendosi alla richiesta della difesa di un rinvio, poi accolta dalla Corte di Assise di Milano, il pubblico ministero ha preannunciato che fornirà “nero su bianco la prova che l’imputata, nei colloqui con il perito, ha reso delle dichiarazioni precostituite e imbeccate da altri”.

Il presunto abuso sessuale subito quando era minorenne, di cui ha parlato con lo psichiatra Pirfo, “è assolutamente falso” e “questo racconto è frutto di un suggerimento preciso che è stato dato all’imputata”. All’arrivo davanti alla Corte questa mattina, nella prima udienza dopo l’apertura dell’inchiesta parallela, c’è stato il gelo tra il pm e l’avvocato Alessia Pontenani. Nemmeno un cenno di saluto tra accusa e difesa nell’aula gremita di giornalisti, troupe televisive e curiosi. In occasione del processo, i penalisti di Milano hanno indetto uno sciopero al quale ha aderito anche l’Ordine degli avvocati, per protestare contro i metodi della nuova indagine a carico del difensore di Pifferi. Nella maxi aula d’Assise d’appello si è svolto un momento di confronto al quale hanno preso parte anche una decina di pm tra cui Leonardo Lesti, presidente Anm, il presidente del Tribunale Fabio Roia, il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Ondei e la presidente della Sorveglianza Giovanna Di Rosa. Invitato, ha scelto di non partecipare il procuratore Marcello Viola. Gli avvocati milanesi, in sostanza, ritengono che la nuova inchiesta aperta a processo in corso, con tanto di perquisizioni, abbia violato il diritto di difesa e il principio del giusto processo e sia stata una “ingerenza” da parte del pm nel dibattimento. La Camera penale di Milano insiste nel chiedere “una presa di posizione chiara sui fatti” da parte dei vertici della Procura milanese e auspica “un intervento al fine di verificare eventuali violazioni, anche di carattere disciplinare”. Viola intanto sta completando la relazione richiesta dalla la procuratrice generale Francesca Nanni, che anche ha compiti di controllo e vigilanza sull’attività degli uffici requirenti e può trasmettere atti alla Procura generale della Cassazione per eventuali profili disciplinari. Il controesame dello psichiatra Pirfo, che esclude “l’esistenza di disturbi deliranti, schizofrenia o disturbi di tipo maniacale” così come non risultato “deficit cognitivi” o “disabilità intellettiva”, si terrà il prossimo 15 marzo. Tra maggio e giugno sarà prevista poi la discussione e la sentenza.

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Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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